NoVax per un quarto d’ora

Lo confesso: per quindici minuti sono stato antivaccinista. È successo l’altro giorno, alla notizia che Astrazeneca era stato ritirato. I titoli dei giornali e le agenzie hanno dato la sequenza nel giro di pochissimo tempo: la Germania sospende il vaccino, anche la Francia sospende il vaccino, l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) ordina la sospensione. E, devo confessarlo, sono rimasto confuso e spaventato. Confuso perché la Germania prende spesso buone decisioni ed è bene, molto spesso, seguire attentamente quello che fanno i tedeschi. Del resto i francesi fanno così. Quindi ho subito pensato che il problema ci fosse e fosse concreto. Impaurito perché avevo ricevuto tre giorni prima la mia dose di Astrazeneca ed ero appena uscito dai classici sintomi post-iniezione: febbre, tremori al braccio, brividi, spossatezza.

Ma quindi che cosa mi hanno iniettato? Non era sicuro ‘sto vaccino? Il colpo di grazia psicologico me l’ha data la notizia che l’Aifa aveva sospeso il vaccino. Ma l’Aifa non è un organo tecnico? Quindi il problema è politico (un eccesso di prudenza della Merkel al crescere di timori irrazionali e quindi un errore grave di valutazione politica dei tedeschi al quali ci siamo tutti accodati), oppure il problema è proprio tecnico e il vaccino non va bene?

A quel punto ho ragionato per un quarto d’ora come un anti-vaccinista. Ho pensato: mi sono esposto, da solo, da persona sana, come un coglione, a farmi iniettare una sostanza sulla cui sicurezza mi sono fidato dello stato e delle istituzioni italiane, europee, mondiali. Solo che se adesso schiatto, schiatto io.

Del resto, non si erano fidati dello stato quelli che si erano infettati in quel famoso ospedale di marzo scorso e poi sono morti di Covid? Non ci siamo fidati dello stato e delle istituzioni mediche quando ci hanno detto che la mascherina non serviva a niente? E quelli che sono andati in Russia con le scarpe di cartone (sì, lo so, non c’entra, ma in quei quarti d’ora c’entra…)? E quelli che sono in galera innocenti?

Qui è in gioco il sistema delle credenze, della fiducia, perché è evidente che quando io mi affido a un’istituzione, lo faccio con la ragionevole certezza che l’istituzione tenga insieme il meglio possibile di conoscenze e tutele; ma questa ragionevole certezza è ovviamente intrisa di fiducia, non è un teorema matematico, e dunque è intrisa di credenza e richiede sempre una certa dose di affidamento (anche solo statistico) alla cieca. Il rischio è allora quello del cortocircuito delle credenze e delle fiducie. Se non mi fido non mi vaccino. Ma se non mi vaccino posso ammalarmi e morire. Ma io, nel caso specifico, mi sono vaccinato, e ora l’Aifa mi dice che è meglio sospendere il vaccino per capire se mi può venire una trombosi.

Poi ho cominciato a leggere commenti su giornali e social che, in modo anche sprezzante, dicevano più o meno: ci sono più morti di Covid che morti di vaccino, quindi il rapporto tra costi e benefici è a favore del vaccino. Da antivaccinista – che sono stato in quei quindici minuti – obietto però che non è la stessa cosa ammalarsi ed esporsi volontariamente da sani a qualcosa che ti può uccidere. E il rapporto costi / benefici non può essere liquidato con una statistica, non può essere un argomento, almeno non nel regime di asfissiante infodemia che viviamo da anni e dal quale non riusciamo a liberarci. E che quell’affermazione sia fatta da tanti bravi “illuministi”, pragmatici filosofi da talk che non hanno mai uno scarto di originalità, non fa altro che aumentare il disappunto.

Nei quindici minuti in cui ho ragionato da NoVax ho chiamato varie persone, per farmi spiegare bene che cosa stesse succedendo. Ho scoperto (ignoranza mia nel non saperlo) che l’Aifa di fatto dipende dal governo (a differenza dell’Ema, che infatti non ha chiesto nessuna sospensione e la cui decisione stiamo aspettando, fidandoci) e che quindi la sua decisione è di fatto politica. È poi risultato chiaro che tutta la filiera delle decisioni è stata un effetto domino di scelte politiche. Qualcuno in queste ore evoca anche il tema geopolitico industriale (Astrazeneca è inglese e svedese, Pfizer è americana ma ha fatto il vaccino con Biontech, che è tedesca, J&J è americana), interpretando l’azione tedesca come un eccesso forse interessato di sfiducia, diciamo così, per Astrazeneca. O forse davvero una preoccupazione mal gestita. Speriamo non altro.

Poi, certo, ho pensato ai NoVax, quelli veri. Ho pensato alle volte che mi è capitato, negli anni scorsi, di assistere a loro comizi. C’ho pensato con il maggior favore possibile, ma ho dovuto ribadire la più totale illogicità del loro modo di vedere le cose. Mi è tornato alla mente il loro linguaggio, spesso sostenuto da elementi religiosi espliciti, con complotti del diavolo, con maledizioni ai figli di chi vaccina – tutte cose sentite con le mie orecchie – e con le stramberie di discorsi vaneggianti, con le loro chat piene di sciocchezze, di “si dice”, di “pare che”, di “non ve lo diranno mai”. La posizione dei NoVax è inconsistente e ridicola, non ha alcuna struttura logica ed è irragionevole, può sedurre per cinque minuti, ma solo se si è pigri e davvero senza nessun punto di riferimento.

Il quarto d’ora è passato. Però in qualche modo, devo dire, li ho capiti, nella loro rabbia, nella loro diffidenza, nel loro richiamarsi ai “mio figlio è sano e non lo vaccino”, così come capisco quelli che dicono “per vivere non viviamo più”. Li capisco e mi interessano come si capisce e si è interessati alla letteratura, alle serie tv, ma solo fino lì. Non possiamo farci male da soli con teorie di complotto e scemenze varie.

Ed è come se in quel quarto d’ora mi fossi vaccinato ulteriormente anche ai quei sentimenti di dubbio totale, che questo pasticcio può avere ingenerato in molti. Del resto un vaccino è proprio questo, è assumere una certa dose del male per superare il male, incorporarlo per diventarne immuni.

La sospensione del vaccino Astrazeneca è però un disastro assoluto e avrà delle conseguenze. Lo è perché, nel migliore dei casi, può aver incrinato la fiducia di milioni di persone, perché ha creato apprensione, dubbio, lo è perché sollecita il sistema delle istituzioni. Quando l’Ema darà il suo responso, che si spera essere il più chiaro possibile, si comincerà da zero con dei problemi in più, perché qualcuno ha sbagliato, bisogna ammetterlo.

Mi aspetto che Draghi, se non addirittura il Presidente della Repubblica, vogliano prendere la parola, chiarire quel che è successo e dare una sterzata alla comunicazione sul vaccino. Prima ci vacciniamo, prima ne usciamo.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.