Disunità nazionale

È piuttosto triste doversi interrogare su certe sollecitazioni che vengono dalla politica, su certi dibattiti incompleti e quindi non comprensibili, soprattutto in un periodo come questo, in cui ci tutti siamo impegnati nell’immaginare una prospettiva per il nostro futuro immediato. Tuttavia è ormai da un pezzo che una buona parte delle energie dei commentatori è assorbita dalle sollecitazioni sul destino di questo governo, tema lecito, ma mal concepito.

Un problema in realtà c’è. È chiaro infatti che questo governo non era nato per condurre una nave attraverso una tempesta furibonda. Era nato perché una barchetta non si allontanasse troppo dal porto. Era nato, in particolare ma non solo, su iniziativa di Renzi che cercava un contesto per fondare il proprio partito personale, il quale in pochi mesi avrebbe dovuto consolidarsi, prendere il 10% nei sondaggi; a quel punto il governo sarebbe caduto immediatamente e si sarebbe andati alle elezioni.

Al disegno avevano aderito i 5 Stelle per disperazione e il Pd, che si era disposto a un governo di legislatura nel tentativo di costituire un campo di centro-sinistra, il meno debole possibile, e compresi i 5 stelle, per far fronte all’apparentemente inevitabile vittoria della destra salviniana. Il governo fu fatto e la barchetta cominciò a navigare nei pressi del porto, come da mandato.

Poi è accaduto l’imprevedibile e si è diffusa una pericolosa pandemia. Il governo che aveva come principale assillo non alzare l’Iva si trova in un mondo in cui l’Iva praticamente rischia di non esserci neanche.

Peraltro – e anche questo è chiaro – noi non siamo ancora dentro la tempesta furibonda, la stiamo solo intravvedendo, ma si sta avvicinando. La vera tempesta scoppierà con la fase 3 e comunque a ottobre, quando bisognerà fare la finanziaria più difficile e disperata della storia della repubblica.

L’ipotesi di un cambio di governo, all’avvicinarsi della tempesta, è quindi un’ipotesi che ha una sua concretezza e anche una sua teorica ragionevolezza, perché si entra in un mondo completamente nuovo che alla formazione del governo non era prevedibile. Il modo taumaturgico in cui se ne parla è però ridicolo e sconfortante (anche se conosciamo il ridicolo e lo sconforto che la politica italiana produce senza sosta).

Soprattutto è sconfortante quando si parla di governo di unità nazionale come panacea e senza minimamente prevederne la natura o abbozzarne le caratteristiche eventuali. Perché? Per tanti motivi.

Uno di questi motivi è che il governo della fase 3 dovrà essere fortemente europeista. L’Europa con la BCE ci compra il debito, ci dà accesso al MES e ci dà accesso al fondo per la ricostruzione. (Un tema collegato è chi beneficerà di quei fondi ingentissimi. Come si faranno gli investimenti? Che cosa sarà da considerare strategico? Tante voglie e interessi sono già in movimento e nessun governo è esente da pressioni).

Sarà quindi soprattutto con l’Europa e con i paesi dell’UE che dovremo cercare soluzioni.

È dunque evidente che il governo di unità nazionale non potrà includere forze radicalmente antieuropeiste. Non avrebbe senso. Mettiamo Borghi all’economia o in qualsiasi altro ruolo importante? Chiediamo a Salvini di trattare con la Bce?
Quindi le forze non europeiste non potranno fare parte di un governo di unità nazionale e quelle forze urleranno proprio al fatto che il governo non sarà di unità nazionale.

Se invece saranno incluse quelle forse non sarà un vero governo di unità, ma un governo eterogeneo di lotta politica interna quotidiana, cioè il contrario di quello che si dice di voler ottenere.
L’altra alternativa sarebbe un altro governo con le stesse forze attuali, e magari con Forza Italia, ma con dentro tutti i big, a garanzia della concordia, perché altrimenti sarebbe un governo esattamente come questo. E voi ve l’immaginate l’armonia di un governo con Renzi ministro degli esteri, Brunetta all’economia, Zingaretti agli interni, Crimi alla difesa e con il Letta di turno minacciato ogni ora della sua vita?

Si dice allora “chiamiamo Draghi”. Benissimo. Immaginiamoci quindi al vertice di ciascuno di questa ipotesi Draghi. Vorrebbe dire mandare Draghi allo sbaraglio e perdere per sempre questa opportunità.

Immaginiamo allora un governo solo tecnico con Draghi al vertice. Ecco, il giorno dopo tutti i partiti che lo appoggiano comincerebbero a dire che farebbero le cose diversamente, per non assumersi elettoralmente nessuna responsabilità dei sacrifici e per prepararsi alle elezioni e scaricarlo dicendo di non averlo mai appoggiato.
Quindi il governo Conte è il più adeguato, l’unico possibile e ci lascia tranquilli? No, per nulla. Ma dire che Conte non è Churchill – cosa chiara anche se forse Conte crede il contrario – è una verità che serve solo per qualche meme divertente, ma non è un argomento politico.

La verità è che la tempesta è vicinissima e noi la stiamo affrontando con una barca che non doveva uscire dal porto. L’obiettivo è cercare di attraversare la tempesta il più possibile sani e salvi e il più velocemente che si possa.

Chi oggi non cerca soluzioni, ma pretesti (vale anche per chi ha responsabilità nel governo, a partire da Conte), non può essere una soluzione per domani.

Chi oggi sostiene il governo e cerca altri governi non può limitarsi a minacciare questo governo, ma dovrebbe spiegarci che altro governo vuole, con quali forze, quali nomi (sì, ci vogliono i nomi) e soprattutto con che mandato. Se la linea è la stessa di questo governo (perché una linea c’è, per quanto faticosa) o si riduce a un semplice cazzeggio verbale sugli “affetti stabili”, sulla libreria sì e il barbiere no, allora si farebbe meglio a irrobustire questo governo, magari chiedendo di parteciparvi più direttamente assumendosi delle responsabilità (perché no?).

E chi sta all’opposizione e giustamente critica il governo dovrebbe spiegare quale sarebbe la linea alternativa, concretamente, per affrontare la tempesta con un altro governo, per esempio un governo delle destre, che in fondo è teoricamente possibile in questa legislatura. Magari chiarendo anche come bisognerebbe guardare alla Cina e alla Russia, anzichè all’Europa. E decidere, per esempio nel caso della Lega, se qualcosa è andato storto in Lombardia e se non sia il Veneto l’esempio di miglior governo e perchè.

Tutto è consentito e tutto è lecito, cambi di linea e di governo. Ma spiegateci cosa e come.
Sappiamo che il peggio deve ancora arrivare e ci pare purtroppo di capire che la politica non avrà nessuno scatto d’orgoglio particolare. Sarà durissima e disorientante. Rischiamo che il nostro paese venga spazzato via. Gli italiani lo stanno capendo e, per quanto fessi siamo un po’ noi tutti, ho l’impressione che non siano interessati solo a politiche del jackpot, alla politica ludopatica, al “chiamiamo uno che risolve”, ma si aspettano lavoro, serietà e spiegazioni (anche spiegazioni dei dubbi!).

Siete in grado di darci chiarezza non su come andranno le cose, ma su che cosa immaginate voi rispetto a questi scenari? Cioè quali sono i vostri scenari? Perché se non ci dite questo vuole dire che tutto è tattica, tutto è “mo’ vediamo”, vuol dire che tutto è buttato lì per interessi che sono i nostri.

Gli italiani, io credo, si aspettano poi una comunicazione più sincera, che non sia il paternalismo di Conte, l’abracadabra sui numeri della regione Lombardia, la retorica pomposa del giovanilismo fuori tempo, l’aggressività di chi bonfonchia mezze frasi da bar (e che coi bar chiusi non ha più niente da dire). Ma è possibile che un parlamento, un governo, le forze politiche di così tanti orientamento non siano in grado di studiare una comunicazione chiara e corretta, che non ne sentano il bisogno neanche in questo frangente?

Gli italiani si meritano sincerità nella diversità, si aspettano scenari differenti ma logici. Sono disposti tutti a dare una mano (e quante risorse umane ci sono nel paese! lo abbiamo visto nella pandemia) e, chi lo sa, magari premieranno chi si dimostra serio (almeno un po’). Non “coerente”, non rappresentativo, non giocoliere, non fuoriclasse, ma semplicemente serio. A destra, a sinistra, al centro.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.