Le Marie Curie dell’Unione Europea

Da questa settimana, e fino a settembre, sono di nuovo aperti i bandi europei per i postdoc Marie Skłodowska Curie dell’Unione Europea.

Chi fa ricerca in Europa – in tutti i settori – sa a cosa mi riferisco: si tratta di uno dei programmi di finanziamento più amati dai ricercatori europei, soprattutto nella fase di consolidamento del loro percorso, cioè quando si hanno buone idee e una buona capacità di strutturarle, ma non si ha ancora una carriera consolidata e dunque tutto può diventare più difficile.

Questo programma dell’Unione Europea è un programma di mobilità, cioè finanzia per due anni il singolo ricercatore (con ottimo stipendio rispetto agli standard e con un fondo aggiuntivo per le spese connesse alla ricerca, dall’organizzazione di convegni ai viaggi di lavoro, a materiali vari) che basa il proprio progetto in un’istituzione di un paese europeo diverso da quello in cui ha significativamente lavorato negli ultimi tre anni. Per intenderci, chi ha lavorato per più di un certo numero di mesi in Italia negli ultimi tre anni, dovrà basare il proprio progetto in un altro paese europeo.

Questo naturalmente implica un lavoro di presa di contatti, di una ricerca del luogo scientificamente più adeguato e della costruzione di un progetto che tenga conto degli interessi scientifici di chi ospita (è necessario accordarsi con un professore, che avrà la funzione di supervisore in caso di attribuzione del postdoc). E il progetto sarà giudicato dall’Unione Europea in base al suo valore complessivo, alla sua credibilità, al profilo del ricercatore, in relazione all’età, e alla coerenza del luogo scelto. Non capita sempre di essere liberi da cordate, condizionamenti, opinioni di baroni.

Dietro queste azioni di finanziamento c’è una grande idea di scambio, di rafforzamento dello spazio comune della ricerca, di integrazione nella diversità e anche di ampliamento di opportunità di lavoro nell’area europea. Posso anzi dire, come ex postdoc Marie Curie, che se non avessi avuto l’opportunità di entrare in Francia, anni fa, con questo progetto, difficilmente sarei poi diventato, a distanza di anni, professore in quel paese, perché è sempre difficile avere l’occasione di comprendere un sistema di ricerca e di istituzioni diverso dal proprio.

Uno dei punti interessanti è proprio questo: il programma è costruito anche per far capire altri sistemi di ricerca (e, a seconda delle discipline, anche metodi di lavoro, scuole locali, idee e orientamenti), perché le differenze nazionali sono a volte forti, ma permette anche di ampliare la rete delle proprie conoscenze, dei contatti tra centri di ricerca, tra dipartimenti, tra singoli ricercatori.

Alcune università italiane se ne sono accorte e stanno investendo su questi progetti. Ca’ Foscari a Venezia, per esempio, è da qualche anno l’università italiana che accoglie più postdoc Marie Curie dall’estero (noi a Strasburgo ci difendiamo piuttosto bene).

Spero che nessuno si offenda se dico che si tratta di un successo dell’Unione Europea – che in vent’anni, con questo sistema, ha finanziato e fatto muovere circa centomila ricercatori -, il successo di un’idea semplice, sebbene molto complessa nella sua realizzazione, concepita da quell’Europa che va nella direzione giusta. Non è l’unica buona idea, anche se di questa, come di altre azioni concrete, utili, e anche con un alto valore simbolico, sembra che non si abbia mai tempo di parlare. Eppure sarebbe proprio su questo piano che la discussione sull’Europa potrebbe arricchirsi in modo concreto, fornendo all’opinione di tutti elementi più concreti di riflessione.

In ogni caso, se siete ricercatori, sappiate che la procedura è molto complicata e il progetto non è solo di ricerca, ma anche di training, di diffusione dei risultati e di tanti altri elementi di complessità; ma se siete ricercatori con delle idee e con un po’ di voglia di misurarsi con contesti nuovi (la stessa scrittura di un progetto di questo tipo lo è), secondo me vale la pena di prendere in considerazione questa possibilità.

Per esempio, se vi occupate di filosofia, potreste pensare a Strasburgo. Mi rendo conto: da qui in poi il post è piuttosto, come dire, orientato. Ma davvero, se vi occupate di alcuni settori che a noi quest’anno interessano particolarmente, noi stiamo proprio valutando a partire da questa settimana (e lo faremo ancora per un paio di mesi) i progetti che ci sentiamo di poter appoggiare. Le informazioni più importanti, comprese le aree filosofiche che ci interessano quest’anno, si trovano in questa pagina del nostro sito.

Prima di contattarci va però studiata la Guide for Applicants MSCA-IF del nuovo bando e vanno seguite bene le istruzioni che diamo nella pagina. Non risponderemo a email approssimative, a persone che non si sono date la pena di comprendere il dispositivo della competizione, non daremo informazioni che trovate da soli (perché non siamo tutor), anche se so che è difficile districarsi. Soprattutto valutate bene l’impegno richiesto, che non è poco. Ma ne vale certamente la pena.

Potete naturalmente condividere questa pagina, se pensate che sia utile a qualcuno, o diffondere il video qui sotto. Sì, sì, lo so, ognuno ha l’inglese che si merita e l’aspetto che l’insonnia da presenza di infanti gli aggrava, ma ricordo che anni fa fu proprio la segnalazione del bando Marie Curie, che non conoscevo, fatta da un amico, a permettermi di partecipare a questo progetto e a continuare a fare ricerca, spostandomi dall’Italia – via Germania – verso la Francia. Chissà che oggi un video su una bacheca possa aprire un pezzo di strada a qualcuno.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.