Una piccola cosa incredibile

Più o meno un mese fa mi è successa una piccola cosa incredibile. Scrivo piccola perché nessuno si è fatto male: ma è effettivamente incredibile, e nonostante io sia del tutto innocente e non creda di dovermi rimproverare nulla – fra poco potrete farvi la vostra idea – potrebbe finire per costarmi una barca di soldi. E di tempo. E di pensieri. E di rotture di scatole. Racconto questa storia principalmente per metterla in ordine nella mia testa un’ennesima volta, ma anche perché magari può essere utile a qualcuno, dovesse mai trovarsi in una situazione simile. È difficile che accada: dovreste essere piuttosto sfortunati. Ma a me è accaduto. Dunque.

Lo scorso 21 dicembre sono andato a Catania per partecipare a una conferenza organizzata dall’università e passare qualche giorno con la mia famiglia in occasione delle feste. Qualche giorno prima avevo prenotato il noleggio di un’auto da usare in quei giorni attraverso la compagnia internazionale Alamo, i cui noleggi in Italia sono gestiti da un’azienda che si chiama Locauto. Il 21 dicembre all’aeroporto di Catania ho ritirato quindi l’auto che avevo prenotato, una Lancia Y ibrida. Aggiungo qui un dettaglio che tornerà utile più avanti: il contratto di noleggio prevedeva anche la garanzia assicurativa in caso di furto, con una franchigia di 1.800 euro. Fin qui tutto bene.

Il giorno dopo sono uscito per fare un paio di commissioni e poi cenare fuori. Ho deciso di lasciare la macchina dentro un’autorimessa, uno di quei classici parcheggi in cui arrivi, ricevi un ticket e poi al ritorno paghi in base a quanto tempo hai usufruito del posto auto. Volevo essere prudente: il centro di Catania è piuttosto caotico ed è anche la zona della città con più furti d’auto, pensavo che dentro un’autorimessa l’auto sarebbe stata al sicuro e protetta anche dagli eventuali danneggiamenti che possono capitare quando lasci una macchina per strada, qualcuno che la tampona inavvertitamente mentre parcheggia, uno specchietto che salta, un graffio. Quindi ho parcheggiato la macchina dentro l’Autorimessa Centrale, una delle più note e antiche autorimesse a pagamento del centro della città. Fin qui tutto bene.

Sono entrato nell’autorimessa alle 18.50. Un addetto dell’autorimessa, dopo avermi indicato dove parcheggiare, mi ha chiesto a che ora sarei tornato a riprendere l’auto così da sapere dove sistemarla e mi ha dato uno scontrino riportante la targa dell’auto, un codice a barre e un numero identificativo, dicendomi che avrei dovuto lasciare l’auto aperta e consegnare le chiavi (è una di quelle autorimesse in cui il personale sposta le auto secondo l’ordine di uscita, tipo quelle che si trovano nei dintorni degli aeroporti). Non c’era la classica barra all’ingresso dell’autorimessa, ma lo scontrino veniva comunque stampato automaticamente da un terminale posto nel parcheggio vicino all’ingresso, quando ogni auto varca la soglia. Fin qui tutto bene.


(la foto si ingrandisce con un clic)

La richiesta di consegnare le chiavi mi è sembrata del tutto normale: moltissime autorimesse con personale richiedono la consegna delle chiavi e lo stesso regolamento dell’autorimessa, esposto all’interno dei locali, prevede l’obbligo per i clienti di lasciare le vetture aperte e consegnare le chiavi, per ragioni di sicurezza, in base alle norme antincendio. Al mio ritorno avrei dovuto presentare lo scontrino, gli addetti avrebbero scannerizzato il codice a barre, il sistema avrebbe calcolato quanto pagare, io avrei pagato e avrei ricevuto indietro le chiavi dell’auto e l’auto. Fin qui, penserete, cosa c’è di strano? Niente. La vicenda incredibile comincia adesso.

Sono tornato a recuperare l’auto dopo cena, intorno alle 23.15. Dentro l’autorimessa c’era un solo addetto, una persona diversa da quella che c’era al mio arrivo, che nel frattempo evidentemente aveva finito il suo turno. Ho dato lo scontrino all’addetto, che lo ha passato nello scanner e mi ha detto che l’auto risultava essere già stata ritirata. Davanti alla mia reazione – controlli meglio, non può essere: è la mia auto, ho lo scontrino in mano – l’addetto ha ribadito che l’auto era già stata ritirata: a fronte di ulteriori insistenze mi ha mostrato la schermata del terminale, secondo cui l’auto era uscita alle 22.58 dietro presentazione dello scontrino. La persona che aveva ritirato l’auto aveva persino pagato il parcheggio, 6 euro. Ribadisco che dev’esserci un errore e insisto nel mostrare il mio scontrino: se ho io in mano lo scontrino, com’è possibile che qualcuno abbia ritirato l’auto? Penso che il sistema abbia fatto casino e abbia registrato l’uscita di un’altra auto confondendola con la mia. Cerco l’auto nell’autorimessa ma non la trovo. A quel punto comincio a preoccuparmi.

Sono piuttosto sconcertato, come potete immaginare: torno dall’addetto e insisto nel chiedere spiegazioni. Chiedo a chi abbiano dato la mia auto e come sia stato possibile dal momento che lo scontrino con targa e codice a barre è nelle mie mani. L’addetto non ha spiegazioni, ma dice che l’auto non può essere uscita se non dietro presentazione dello scontrino. A quel punto inizia a rovistare in un cestino accanto al terminale che stampa gli scontrini, il cestino nel quale vengono gettati gli scontrini delle auto ritirate e… ci trova dentro uno scontrino identico al mio. O meglio: quasi identico al mio. C’è la stessa intestazione, c’è la targa dell’auto che ho noleggiato, c’è lo stesso codice a barre, è stato stampato sulla stessa carta.

Il mio scontrino è quello a destra, la copia è quella a sinistra.

Sempre più sbalordito, mentre comincio a immaginare la montagna di rotture di scatole che stanno per arrivare, non desisto. L’addetto dice che il terminale permette di ristampare uno scontrino già emesso e che quindi qualcuno potrebbe aver avuto accesso al terminale, aver ristampato lo scontrino col codice a barre e la targa della mia auto e poi usato la ristampa dello scontrino per ritirare la mia auto. Ma chi, un passante? Un passante che entra nell’autorimessa, si avvicina al terminale senza che nessuno se ne accorga, clicca qui e clicca lì fino a ristampare lo scontrino, intascarlo e poi presentarlo agli addetti – che in tutto questo avrebbero dovuto trovarsi proprio lì, accanto al terminale, senza accorgersi di nulla? Chiedo all’addetto di farmi parlare con il dipendente che era di turno quando ho parcheggiato l’automobile, mi dice che non è possibile. Chiedo all’addetto di farmi parlare con il suo responsabile, mi dice che non è possibile. Chiedo all’addetto di farmi parlare con il titolare dell’autorimessa, mi dice che i titolari sono stati arrestati pochi mesi prima e l’azienda è amministrata dal tribunale. Allarga le braccia.

Chiamo il 112. Racconto che mi è stata rubata una macchina dentro l’autorimessa in cui l’avevo parcheggiata, e dico che alla luce dei fatti temo sia stata rubata da qualcuno o con la complicità di qualcuno della stessa autorimessa. La mia ovviamente è soltanto un’ipotesi: aggiungo che mi trovo ancora lì, nell’autorimessa, e vorrei che mandassero una volante. Mi rispondono che non possono mandare nessuno e l’unica cosa che mi suggeriscono di fare è andare via e poi sporgere denuncia la mattina dopo (quando lo farò, per l’appunto la mattina dopo, i poliziotti che raccoglieranno la denuncia si mostreranno molto sorpresi dal fatto che la sera prima non sia arrivato nessuno: non era un furto d’auto come gli altri, e con la mia insistenza nei confronti dell’addetto dell’autorimessa avrei anche potuto mettermi nei guai). Me ne vado, incredulo e incazzato.

Qui la cosa diventa ancora più incredibile. 

Il giorno dopo, infatti, vado a sporgere denuncia e poi vado a portare la denuncia nell’agenzia di Locauto che mi aveva noleggiato l’auto, dando conto del furto. Gli addetti di Locauto, anche loro sbalorditi, hanno aperto la pratica, mi hanno detto che sarebbe passata alla “sede centrale di Milano” e mi hanno detto che non potevano autorizzare la consegna dell’auto sostitutiva, perché il caso in cui un’auto viene rubata e il proprietario non è più in possesso delle chiavi viene considerato “incauto affidamento dell’auto”. Come se io avessi dimenticato le chiavi da qualche parte, o le avessi perse, o avessi lasciato la macchina aperta con le chiavi nel quadro, e quindi in sostanza l’auto sia stata rubata per colpa mia. Di conseguenza, mi spiegano piuttosto mortificati, non solo non avrei avuto l’auto sostitutiva, ma Locauto mi avrebbe ritenuto responsabile in solido dell’intero valore dell’automobile.

Ovviamente il mio comportamento è stato tutt’altro che incauto, anzi: per un surplus di cautela ho preferito parcheggiare l’auto dentro un’autorimessa invece che per strada, proprio per eliminare il rischio di furti e danni. Non c’è niente che io abbia fatto di sbagliato o di imprudente, ed erano il regolamento dell’autorimessa e la legge a stabilire che avrei dovuto consegnare le chiavi al momento di parcheggiare l’auto. Immaginavo quindi che – una volta appresi i fatti – Locauto mi avrebbe addebitato la sola franchigia da pagare in caso di furto, cioè 1.800 euro: comunque una gran rottura di scatole, ma una rottura di scatole che a quel punto avevo purtroppo messo in conto.

Invece dopo qualche giorno Locauto, anziché chiedermi il rimborso della sola franchigia di 1.800 euro prevista nelle condizioni di contratto, mi ha chiesto di pagare l’intero valore dell’auto, cioè 12.389,27 euro: come se nel contratto di noleggio non fosse stata prevista alcuna garanzia assicurativa in caso di furto, nonostante i fatti siano andati come ho raccontato qui e come ho raccontato nella denuncia, nonostante al momento del furto l’auto fosse indubbiamente sotto la responsabilità legale dell’autorimessa, nonostante il mio comportamento sia stato esattamente il contrario di “incauto”. 

Ovviamente mi sono rivolto a un avvocato, ma per il momento Locauto insiste: vuole da me tutti quei soldi e minaccia di portarmi in tribunale. E certo, posso difendermi in tribunale e fare causa a mia volta, a Locauto e all’autorimessa: è quello che intendo fare. Sono certo di non avere colpe. Ma quanti anni ci vorranno prima di avere ragione? Conoscendo i tempi della giustizia italiana, parecchi. Anche considerando solo le spese legali, l’intera vicenda rischia insomma di costarmi persino di più di quei 12.389,27 euro che non intendo pagare, e sono soldi che potrei tranquillamente non recuperare. Il tutto per essere stato prudente.

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Francesco Costa

Vicedirettore del Post, conduttore del podcast "Morning". Autore dal 2015 del progetto "Da Costa a Costa", una newsletter e un podcast sulla politica americana, ha pubblicato con Mondadori i libri "Questa è l’America" (2020), "Una storia americana" (2021) e "California" (2022).