Due velocità

Tokyo, 15 aprile 

Questa città ha – almeno – due personalità: una diurna in cui la gente si saluta con gli inchini, frequenta spazi condivisi con sconosciuti senza entrarci in contatto e tiene le dovute distanze da tutti, tranne che sul treno all’ora di punta. Poi c’è la sera, i posti in cui si va a bere, lì i comportamenti sono diversi. È quasi impossibile non parlare con i vicini di bancone, si finisce a chiacchierare, si urla, spesso ci si dichiara amicizia eterna per una serata, si beve insieme e può capitare di tornare a casa portati a spalle da qualcuno leggermente più sobrio.

Penso che i provvedimenti presi recentemente vogliano limitare queste situazioni che fanno la felicità di qualsiasi virus. Quindi adesso ristoranti e osterie devono chiudere alle 20 (qui si cena molto presto), non si può andare a ballare non ci sono concerti e si conclude la serata senza poter socializzare troppo. In Giappone c’è un altro tipo di locale che facilita il passaggio dei virus: gli hostess/host club sono posti in cui la merce che si vende è precisamente l’assenza di distanza sociale. Interi isolati nei quartieri di Ginza e Shinjuku si basano su questo tipo di attività commerciale: bere a stretto contatto di ragazze o ragazzi che lavorano lì.

Intanto l’uso dei trasporti pubblici è calato su molte linee dell’80%, un po’ grazie allo smart working da casa e un po’ perché in giro non c’è niente da fare. Quasi nessuno mangia fuori, e questo ha sovraccaricato di lavoro i supermercati che fanno fatica a mantenere pieni gli scaffali normalmente pantagruelici. Immagino un’impennata di cuochi domestici e mi chiedo se questo periodo cambierà le abitudini dei tokyesi, di solito amanti della cena fuori casa. Si affezioneranno ai pasti casalinghi o, non potendone più, ci sarà una rivincita di chi non vorrà mai più cucinare in vita sua?

Dalla la settimana scorsa ho visitato due volte le zone di Shibuya e Omotesando, di solito brulicanti di gente. Erano vuote come non immaginavo che potessero mai diventare. A intervalli regolari dagli schermi giganteschi la governatrice Koike mandava appelli a stare a casa o perlomeno mantenere le distanze. Il suono rimbombava dagli altoparlanti e rimbalzava sulle superfici di tutti i palazzi di Shibuya. Mi ha fatto pensare a quando si fanno le prove in una sala da concerto vuota, prima che entri il pubblico, e c’è troppo riverbero ma si sa che poi i corpi umani lo assorbiranno.

Shibuya era così, una prova generale o un concerto con pochissimi biglietti staccati. Ci sono tornato ieri ma l’effetto sorprendente della novità era svanito e sono tornato a casa con un vago senso di angoscia. Almeno per strada adesso c’è pochissimo traffico e si corre con la bici come su una pista. 

Flavio Parisi

Flavio Parisi @pesceriso vive in Giappone dal 2004, insegna italiano all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, e l'opera lirica in una università giapponese. Il suo blog personale è Pesceriso.