Una giornata di stato di emergenza in Giappone

Tokyo, 8 aprile

Da stamattina, come annunciato da Abe e Koike, Tokyo e le altre grandi aree urbane del Giappone sono in stato di emergenza. Non ci saranno provvedimenti o ordini contro i cittadini che vogliono uscire. L’idea è che la popolazione si limiti spinta dal senso di responsabilità, dalla paura di infettarsi e infettare il prossimo.

Non so se funzionerà, sinceramente. Molti uffici non sono attrezzati per il telelavoro, agli impiegati tocca ancora prendere il treno e sperare. Certo, oggi all’asilo c’era una frazione dei bambini che di solito lo frequentano, chi può li tiene a casa per alleggerire il lavoro dei maestri e contribuire alla riduzione dei contatti. L’incremento di casi degli ultimi giorni forse nasconde un numero enorme di contagiati non testati e probabilmente è troppo tardi, o forse una città enorme come Tokyo non è in grado di limitare il contagio, visto che non può avvalersi di leggi predisposte per limitare la libertà dei singoli. Intanto però la capacità di alcuni ospedali è già arrivata a situazioni critiche. È possibile tamponare i danni economici e quelli sanitari contemporaneamente? Per adesso non lo sa nessuno.

Insomma siamo arrivati a una non-quarantena attraverso passaggi sfumati, richieste graduali, senza strappi violenti. Sembra quasi che da ieri a oggi non sia cambiato niente; qui nessuno è ottimista, ma il livello di paura è tenuto sotto controllo in qualche modo. I leader che fanno gli annunci citano i dati, fanno parlare gli specialisti e spiegano le politiche adottate di volta in volta. Tra la popolazione c’è chi si fida, chi critica o odia i politici, li sfotte, fa caricature o meme su twitter. Ho notato che sono praticamente assenti discorsi sentimentali o elogi dell’eroismo. Penso che non avrebbero fortuna, qui.

Ieri una domanda di un giornalista alla fine della conferenza stampa di Abe è stata “se lei risultasse infetto, quali sarebbero le azioni che intraprenderebbe?” Molto laicamente la risposta è stata: telelavoro  prima e, in caso di aggravamento, passaggio dei poteri al vice premier.

Poco fa sono andato a Shinjuku per fare la spesa, e il quartiere che normalmente è un formicaio sembrava una città con tutti gli abitanti assenti per ferie. I pochi negozi ancora aperti sono deserti e i passanti hanno uno sguardo impaurito e frettoloso. Cominciano a mancarmi le mostre e i musei: aiuterebbero molto a placare quel sottile sottofondo di disagio costante. Non sarà breve né facile.

Flavio Parisi

Flavio Parisi @pesceriso vive in Giappone dal 2004, insegna italiano all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, e l'opera lirica in una università giapponese. Il suo blog personale è Pesceriso.