Il “villaggio arcobaleno” di Taiwan è stato ricoperto di vernice per protesta

Il “villaggio arcobaleno” di Taiwan è stato ricoperto di vernice per protesta

Alcuni degli edifici del “villaggio arcobaleno” di Taiwan, un piccolo quartiere di ex alloggi militari conosciuto per i suoi coloratissimi disegni e murales, sono stati ricoperti di vernice per protesta dalla stessa società che gestisce il sito dal 2013, la Rainbow Creative. Nel fine settimana la polizia ha arrestato e in seguito rilasciato 14 persone sospettate di aver imbrattato il villaggio, che si trova nella periferia della città di Taichung ed è un’attrazione turistica piuttosto nota: il presidente della società, Wei Pi-jen, ha detto ai media locali che lui e gli altri lavoratori avevano deciso di coprire i murales in segno di protesta contro la decisione di chiudere l’area per sei mesi per poter procedere con lavori di ristrutturazione.

Il villaggio arcobaleno si trova nella parte occidentale dell’isola di Taiwan, e cominciò ad attirare l’interesse degli abitanti del posto e dei turisti nel 2008, dopo che il veterano Huang Yung-fu aveva iniziato a dipingere i suoi edifici per protestare contro la loro demolizione, come era accaduto a molti altri alloggi simili. Si stima che attualmente sia visitato da un milione di persone all’anno.

La Rainbow Creative ha accusato il governo locale di «violenza amministrativa» per aver imposto all’azienda di lasciare l’area con soli cinque giorni di anticipo; inoltre, ha contestato il fatto che l’amministrazione cittadina avesse deciso unilateralmente di rescindere il contratto per la gestione del sito, sostenendo di avere i diritti sulle opere d’arte. Al momento la procura di Taichung sta indagando sul caso: l’ufficio per gli affari culturali della città ha detto che denuncerà la Rainbow Creative per danni. Huang, che ha continuato a vivere nel villaggio e oggi ha 98 anni, ha detto di essere molto dispiaciuto dell’evento, e ha aggiunto che il lavoro di tutta una vita «è stato distrutto».

Per Beppe Grillo, Di Maio e i parlamentari che lo hanno seguito sono “zombie”

Per Beppe Grillo, Di Maio e i parlamentari che lo hanno seguito sono “zombie”

Il fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo ha pubblicato sui suoi profili social un post che paragona sarcasticamente a morti viventi i parlamentari che hanno seguito Luigi Di Maio fuori dal Movimento. Nelle immagini del post si vede un finto “album di figurine degli zombie”, con in copertina le facce trasfigurate di Di Maio, di Laura Castelli, di Davide Crippa e di Carla Ruocco, tra gli esponenti più noti che sono usciti dal M5S. E poi ci sono le fototessere di tutti gli altri, tra cui Manlio Di Stefano, Vincenzo Spadafora, Lucia Azzolina e Pierpaolo Sileri.

Da quando il M5S ha avviato la crisi politica che ha poi portato alle dimissioni di Mario Draghi, Grillo è intervenuto sempre più spesso nelle vicende interne del partito, mandando messaggi video e pubblicando interventi sul suo blog per indicare la via da seguire. Lo ha fatto per esempio nei giorni in cui si discuteva su un’eventuale deroga al limite dei due mandati, voluta dal presidente del M5S Giuseppe Conte e poi accantonata, mentre ora sta criticando fortemente Di Maio e i suoi, che hanno formato un nuovo partito insieme a Bruno Tabacci, chiamato Impegno Civico.

– Leggi anche: Cosa si sa del nuovo e inaspettato partito di Luigi Di Maio e Bruno Tabacci

Il riferimento del post sugli zombie è a un breve articolo del blog di Grillo, in cui si legge: «Sapevamo fin dall’inizio di dover combattere contro zombie che avrebbero fatto di tutto per sconfiggerci o, ancor peggio, contagiarci. E così è stato: alcuni di noi sono caduti, molti sono stati contagiati». Secondo Grillo, gli “zombie” possono essere vinti perché «siamo qui per combattere, non per restare, e questa nostra diversità è spiazzante per gli zombie. Compiangiamo chi di noi è caduto e non ha resistito al contagio [Di Maio e i parlamentari del suo gruppo]. Ma soprattutto ringraziamo chi di noi ha combattuto e combatte ancora».

Il video del crollo parziale del grosso deposito di cereali nel porto di Beirut

Il video del crollo parziale del grosso deposito di cereali nel porto di Beirut

È crollata parte del grosso deposito di cereali gravemente danneggiato nella violenta esplosione del 4 agosto 2020 al porto di Beirut, la capitale del Libano. Da circa tre settimane nel deposito era in corso un incendio che si pensa fosse stato provocato dalla fermentazione dei cereali con il grande calore estivo, e che i vigili del fuoco non erano riusciti a contenere. Domenica la porzione settentrionale dell’edificio è collassata, provocando la fuoriuscita di una fitta nuvola di fumo che si è estesa a un’area residenziale vicina, senza tuttavia provocare danni o feriti.

L’esplosione dell’agosto del 2020 fu disastrosa: morirono più di 200 persone, altre 7mila furono ferite e moltissimi edifici della città subirono danni.

In questi due anni il deposito di cereali, piuttosto malconcio, era diventato una sorta di simbolo dell’incidente e delle complicate indagini che lo riguardano, ferme da tempo. Lo scorso aprile il governo libanese aveva deciso di demolire l’edificio, ma poi non se n’era fatto niente a causa delle proteste dei familiari delle persone coinvolte nell’esplosione e delle famiglie dei morti, secondo cui nel deposito potrebbero esserci prove utili per le indagini.

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