I complessati

È incredibile come si possa ancora leggere (scrivere) della «sudditanza della destra» o meglio ancora de «l’egemonia culturale della sinistra»: poi si sa, gli articoli sono spesso più interessanti dei titoli, ma quanti ne avremo letti? Quanti milioni ne avranno commissionati, i caporedattori delle cosiddette terze pagine? Il punto è che la sudditanza della destra è molto più marcata dell’egemonia della sinistra: negli ultimi vent’anni ci si è divisi tra l’additare la citata egemonia e il cercar di sdoganare una cultura «catacombale» che nelle catacombe ci stava benissimo. Non si è ancora imparata la lezione introdotta da Repubblica negli anni Ottanta: che la cultura, sui giornali, è una truffa, è intrattenimento travestito, è una scimmia vestita di seta, è velleitarismo veltroniano, è la Carrà riletta da Augias. La destra, ancor oggi, bolla sbrigativamente come «di sinistra» personaggi che di sinistra non sono (perché non sono niente) ma sui quali la sinistra è stata più lesta nel metter cappello, sicché, attratti di là e respinti di qua, alla fine c’è gente che diventa di sinistra perché non saprebbe dove altro andare. La destra vorrebbe un posto al sole: ma si sveglia tardi, va in spiaggia nel pomeriggio, vede che qualcuno ha già piantato l’ombrellone e allora se ne va a casa («comunisti») a farsi lampade nel seminterrato. Anzi, nella catacomba.

(da Libero)

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera