La suocera di Fini

Ehi Gianfranco, diciamo a te, e ti tocca pure di ascoltarci, perché vedi, noi siamo quelli che in buona parte potevano pure darti ragione, siamo quelli che potevano anche riconoscere che i problemi da te sollevati erano comunque fondati, anzi, che lo sono; noi siamo quelli che ancora ce la meniamo col partito populista e con la legalità e coi temi etici e che insomma riconosciamo che sì, Italo dice bene, non è mica tanto civile questo trattamento-Boffo che i giornali della destra (anche Libero, certo) ti stanno scaricando addosso in quest’estate mediocre. Siamo noi, Gianfranco: quelli che tutto sommato dell’appartamento a Montecarlo non ce ne frega niente, ma ecco, della suocera sì, perdio, perché è lei che ci ha ucciso, è lei – più del cognato spacconcello – ad averci afflitto e fatto venir voglia soltanto di un bel bagno al mare, a questo punto. E a noi, che ti difendiamo da mesi, adesso ci lascerai tranquillamente sfogare: quindi siediti e ascolta.

Hai 58 anni, diosanto, sei un leader, sei la terza carica dello Stato, parli di governare il Paese, di modernizzarlo, di fare partiti, hai fatto traghettamenti e percorsi mica da ridere, sei pure ex fascista, in teoria uno di polso, uno senza fronzoli e che portava il bracciale da borgataro: e però adesso sei lì, in vacanza con la suocera, sei lì, appiccicato a un’immagine di parentame invadente che affolla la tua station-wagon, l’immagine di un presidente della Camera incapace di prendere a calci nel culo un ragazzetto supponente con la Porsche metallizzata e il gilet Fay, l’immagine di un maritino curvo e soggiogato da una famiglia che da 15 anni mette a rendita le prebende dei fidanzati di Elisabetta, aurea come i suoi capelli tinti: una che non aveva neppure – di suo – le schedine dell’Enalotto.

Aspetta a replicare, Gianfranco, non parlarci di verità: non vuoi capire che non è quella a contare, non sono le indagini o le rogatorie o l’understatement, non è la realtà: è la sua rappresentazione mediatica, è il teatro che abbiamo e che forse ci meritiamo. Ed è un proscenio che ha le sue regole, col pubblico che perdona e applaude ogni familismo perché perdona e applaude se stesso: ma non è mai disposto – mai – a scendere sotto un proprio e indecente livello. È un Paese in cui persino Ugo Fantozzi comanda a casa propria e maltratta la sua Pina, un Paese in cui l’italiano medio, oggigiorno, sembra contare più di te: ed è colui che non ti perdonerà.
E dire che tu non sei Fantozzi, non sei l’italiano medio, non sei neanche un Gaucci che incontra la ragazzina e allora ne ricompensa l’intero albero genealogico. Sei un leader di 58 anni che ripetiamo, è il presidente della Camera: e però adesso sembra quasi che ti inabissi nel Tirreno per sfuggire ai piccoli mastellismi cui hai ceduto, le pressioni sui dirigenti Rai cui ti sei abbassato, e l’appartamento, e la società della suocera, e le società off-shore, soprattutto l’arroganza di un cognatino che andava appeso al muro, altro che «disappunto». Andava preso e smontato, dando fuoco alle istruzioni.

Ora che succederà? Ci riparlerai di laicità e legalità, ora che il Paese attende soprattutto spiegazioni sulla suocera? Tutto può essere, in questo Paese cattolico in cui s’avanzano prove tecniche di calvinismo. Uno che è difeso da Repubblica però ha il destino che avrà. La stampa sta facendo la sua parte, la loro campagna ha sfondato. La tua compagna, pure.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera