Lo capisce anche un minorato

Intercettazioni, aggiornamenti. Ora il Governo si è inventato una «udienza filtro» che a un certo punto delle indagini e ben prima del processo (se mai ce ne sarà uno) riunisca pm & avvocati & giudice per decidere quali intercettazioni possano essere pubblicate e quali debbano sparire. E’ l’emendamento Caliendo e il criterio è quello ultra-discrezionale della «rilevanza», chimera soggettiva che tanto ricorda, per esempio, «l’extrema ratio» che in origine doveva giustificare una custodia cautelare (il carcere preventivo) e che poi è divenuta una regola.
Ora: lo capisce anche un minorato che la nuova norma serve soltanto a essere elusa,  esattamente come capita adesso, anzi peggio, perché ufficializza la più perfetta discrezionalità. Da immaginarsi il mercato delle vacche: pm e avvocati che trattano sui verbali, io ti faccio pubblicare quello, tu questo, con una parte che però rimane esclusa, in fondo alla filiera: i giornalisti. Proprio loro. Diverranno solo i fruitori finali di pacchetti di carte e intercettazioni preconfezionate, velinone ufficiali e premature che si sommino all’altra genialata: il fatto, cioè, che le intercettazioni e le carte contenute negli ordini d’arresto si potranno pubblicare sempre e comunque, basta che qualcuno te le passi come accade regolarmente adesso. Il nuovo emendamento stabilisce «il divieto di trascrizione delle parti di conversazioni che riguardano fatti, circostanze o persone estranee alle indagini», ma anche questa era una regola anche prima: perché mai un pm doveva trascrivere conversazioni che riguardassero persone estranee alle indagini?
All’estero, in pratica, pubblicare intercettazioni è vietato, o, se non lo è, non vengono pubblicate mai: parliamo per esempio di Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Spagna; in Italia per contro è sempre stato vietato – articoli 114 e 329 e 684 del Codice – ma si è sempre pubblicato tutto: male che andasse pagando una multa di 130 euro con oblazione. Ma ora il nuovo emendamento-capolavoro ha sistemato tutto: sarà tutto regolare, la fatidica legge-bavaglio autorizzerà i comportamenti che voleva sanzionare. Il governo Berlusconi è amico della stampa. Grazie, Silvio.
Oltre ogni immaginazione. Si parla di «rilevanza», ed è chiaro che il tema per cui si litiga ha sempre riguardato intercettazioni di persone più o meno note, i cosiddetti colletti bianchi: sono loro a finire sui giornali, è quindi naturale che il problema della privacy, che pure riguarda tutti i cittadini, si ponga a partire da loro. Ebbene. ora questa «rilevanza» – che bene o male era gestita da magistrati e avvocati e giornalisti – sarà gestita da magistrati e basta, grandi gendarmi del potere politico e della temperatura sociale. In punto di diritto, un’ecatombe: il Codice di procedura penale del 1989 sanciva che le indagini sono segrete mentre il processo è pubblico, dunque il segreto investigativo aveva un senso e andava ripristinato ex novo come del resto nella passata legislatura cercò di fare, ricordiamo, il già abortito Decreto Mastella – votato alla Camera da maggioranza e opposizione – che fu contestato solamente, allora, dalla sinistra cosiddetta forcaiola e protesa a una sorta di controllo sociale esercitato dal grande orecchio delle procure. Oggi, invece, tra i vincitori, oltre a politici inginocchiati davanti alle toghe stile Giulia Bongiorno, ci sono anche la gran massa dei giornalisti ipocriti – anche di centrodestra, doppiogiochisti e paraculi – cui importava soltanto che continuasse a cadere questa manna giornalistica unica al mondo, quella cronaca giudiziaria all’italiana che bene o male serve a far impennare le vendite, ogni tanto. Purché sia chiaro e stra-chiaro: «L’obbligo del segreto per le intercettazioni cade ogni qualvolta ne sia stata valutata la rilevanza», come è scritto nell’emendamento, significa soltanto questo: l’obbligo del segreto per le intercettazioni cade ogni qualvolta ci pare a noi. Fine.
Cioè: se il processo mediatico era una sciagurata anticipazione del processo vero e proprio – quello cui nessuno bada, quello che sparisce dai giornali, come gli innocenti o i condannati veri – ora il processo mediatico è ufficializzato e il rito accusatorio, tanto per cambiare, ne esce distrutto. La rutilante batteria degli scandali giudiziari uno dopo l’altro dopo l’altro e dopo l’altro – Bari, Perugia, Trani, Potenza, Catanzaro, Firenze, Roma, Milano, Napoli, Palermo, Caltanissetta – proseguirà a tenere viva la fiamma del perenne linciaggio che tutto banalizza, anestetizza, uniforma. Tutti colpevoli, nessun colpevole. O forse nessun colpevole, tutti colpevoli. La magistratura, intanto, «fa solo il proprio dovere», e tiene in scacco un Paese.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera