La mia vita senza Apple

Una guida emotiva dopo la morte di Steve Jobs.

La pigrizia è una brutta bestia, quella mentale soprattutto, quella che ci fa rimanere seduti sopra alle nostre convinzioni.
Io mi ricordo quando ero giovane e curioso, con i primi computer, le prime reti, le bbs, i modem meccanici, la continua scoperta di qualcosa di nuovo e la sensazione dell’infinito, nella ricerca che portava a un vero universo in espansione.

Rispetto ad allora navighiamo davvero su navi spaziali, anzi, le teniamo nelle nostre tasche e le chiamiamo telefoni.

Ricordo il mio primo Mac, comprato mentre tutti mi dicevano che sarebbe stato un Sistema destinato a morire, e ricordo l’eccitazione nel vedere la presentazione del primo iPhone.
Anzi, prima ancora ricordo il Newton, che non telefonava, ma è stato l’antenato delle navi spaziali miniaturizzate che abbiamo tutti in mano, oggi.

Apple ha guidato l’innovazione dell’informatica personale con genio e coraggio, due qualità che le hanno sempre dato un vantaggio su tutta la concorrenza, impegnata a fare marketing più che innovazione, a rincorrere la visione che Jobs aveva dato alla sua azienda.

Però qualche anno fa Jobs se ne è andato, poco dopo io ho ceduto la mia società, che vendeva Apple dal 1998, e oggi ho comprato un telefono con Android.

Chi mi conosce bene starà pensando a uno scherzo, oppure a una provocazione, invece ricomincerò a scrivere con regolarità su queste pagine proprio per raccontare il mio passaggio a un sistema operativo non Apple.

Per ora metto nel cassetto il mio iPhone 5 e tiro fuori dalla scatola un telefono con Kit Kat. La vita, anche quella digitale, a volte, è sorprendente, si sa.

Fabrizio Re Garbagnati

Fabrizio, in un’altra vita, vendeva computer con la mela morsicata, aveva la barba bionda e una faccia molto seria. Adesso la barba è un po’ più bianca ma sorride molto di più, ascolta e racconta storie, qualche volta lo fa con le parole, altre volte con le sue fotografie.