E questa fodera, che da tanta parte

Al momento di partire per le vacanze al mare mi sono ritrovato dopo molti anni davanti a una questione dimenticata. Bisogna ricoprire i libri? In tempi di dibattiti su ebook e cartaceo, questa faccenda viene da più lontano e si presta quindi alla discussione, familiare però a persone di una certa età. Per i più giovani, spiego: si tratta della pratica di foderare con la carta i libri per proteggerli dall’usura, dalle patacche, dalla sabbia eccetera. Pratica un tempo diffusa, almeno fra le mie larghe conoscenze: i libri costavano cari, e andavano tenuti da conto. Non mi riferisco ai libri di scuola, che sono un capitolo a parte comprendente anche il sotto-tema delle sottolineature.

La foderatura dei libri è consigliata per i libri a cui si tiene molto, che conserveremo e prima o poi rileggeremo. Soprattutto quelli ingombranti, difficili da maneggiare, facili a urti e cadute. Dunque, avendo deciso di portarmi al mare “Vita e destino” di Vasilij Grossman per ricominciarlo da capo e questa volta finirlo, ho pensato che andasse protetto. Finora aveva vissuto in casa, e infatti l’edizione Adelphi del 2008 era in perfette condizioni. Bisognava scegliere con quale carta ricoprirlo.

C’è gente che usa la carta da pacchi, o quella da regali, o addirittura la carta di Firenze, quella che si mette dentro ai cassetti. Sbagliano, secondo me, seppure per eccesso di zelo. Io credo che la carta di giornale sia più adatta, per diversi motivi, ma va scelta con cura. Il peso, intanto: dev’essere di un giornale che usa una carta abbastanza robusta. E poi, questione fondamentale, quale pagina del giornale. È inevitabile, infatti, che vi troverete a rileggere quella pagina ogni volta che prenderete in mano il libro. Succede anche quando stendete un giornale vecchio per terra o sopra un tavolo, per non sporcare: lo rileggerete. Scegliete dunque una pagina interessante. 

A me è capitato un numero del “Foglio dei fogli”, quello che esce il lunedì: carta robusta color Sole24Ore, e uno zibaldone di articoli usciti nella settimana su varie testate. Sulla copertina del mio Grossman campeggia quindi un articolo ripreso da Libero del 16 luglio, a firma di Davide Giacalone. Racconta la storia poco conosciuta di Amadeo Peter Giannini, figlio di emigrati italiani in California nella seconda metà dell’Ottocento. Di origini umili, divenne banchiere e fondò la Bank of Italy e poi la Bank of America. Storia bellissima: per rileggerla ogni volta devo fare acrobazie perché la seconda colonna è finita nel risguardo. Ma ormai la so a memoria. Ci sono poi altre piccole notizie che leggo incomplete qui a là, come per esempio il fatto che Schäuble guadagna 16.694 euro al mese, e che ogni due mesi si incontra con un piccolo gruppo di persone, fra i 40 e i 50 anni, che in passato hanno collaborato con lui. Per dire che le notizie sulla carta da foderare i libri hanno una forza, grazie alla ripetizione, che sul quotidiano originale non hanno. Se adesso al ritorno dalle vacanze per strada uno mi chiede quanto guadagna Schäuble o chi era Amadeo Peter Giannini, io sono pronto. Anche su Grossman, me la cavo.

Fabrizio Ravelli

Fabrizio Ravelli, milanese del 1951, giornalista per molti anni a la Repubblica, non ha mai scritto libri per il momento.