Quelli di sinistra che votano a destra

Al Microfono Aperto di Radio Popolare di sabato scorso una signora ha cercato, senza riuscirci, di fare uno shampoo al conduttore Michele Migone (non ci riesce mai nessuno, a dir la verità, e io lo ascolto proprio per questo). L’anonima si è definita un’elettrice della Lega dal 4 marzo, ma ci ha tenuto subito a sottolineare che è sempre stata di sinistra, addirittura comunista e quindi, forte di questa sua provenienza, è partita con uno spiegone sulle posizioni leghiste. Lo shampoo non le è riuscito, ma io mi sono illuminata: la proprietà transitiva!

La cosiddetta superiorità morale della sinistra – che non ho mai sopportato – non sta agganciata soltanto alle strutture partitiche ma anche ai suoi elettori, che infatti se la portano appresso, declinandola nella versione “Voto a destra, ma sono di sinistra”, per continuare ad applicarla ai vecchi compagni di strada, mica ai nuovi. Un po’ come chi è ossessionato dallo scoprire con chi esce la sua ex fidanzata, senza preoccuparsi di conoscere meglio quella che frequenta lui adesso.

Da questo atteggiamento discendono corollari: si auto assolvono per la loro svolta e condannano chi è rimasto a sinistra o, peggio, nel Partito Democratico. E il campionario è variegato: ci sono quelli che hanno votato Lega o M5S “per dare un segnale”, quelli che “il M5S è più a sinistra della sinistra”, quelli che “anche Salvini da giovane era un comunista padano”, gli intellettuali e gli artisti che hanno votato M5S “perché la sinistra non fa più la sinistra”. I più forti sono quelli che sono usciti dal PD, non hanno votato PD e chiedono un’analisi della sconfitta, ma se incominciaste a partire dalla vostra non sarebbe male.

Senza più le ideologie, però, come direbbe Guzzanti, cari compagni della mozione “Voto a destra, ma sono di sinistra”, la vostra mozione non esiste. L’essere di sinistra non è una condizione che si riceve con l’imposizione del “Capitale” di Marx e che nessuno può più scrollarti di dosso. Se voti a sinistra, sei di sinistra, se voti altro, sei altro. Sei quel che voti, non quello che votavi, se proprio ci tieni a definirti a seconda del voto che dai.
Se invece continuate a sentirvi di sinistra, se considerate temporanea e provvisoria la vostra condizione di elettori di destra, allora a breve avrete un’occasione per scatenarvi: il congresso del Partito Democratico. Non ci sono più scuse: potete contribuire con le vostre idee, fare massa critica per arricchire e influenzare il dibattito, entrare nel pd e fertilizzarlo con le vostre proposte. È una provocazione, ma hai visto mai…

Emanuela Marchiafava

Media Analyst e consulente per le imprese, già assessore della Provincia di Pavia, si occupa di turismo, politica e diritti.