Quello che sappiamo su Ustica (davvero)

Il 22 ottobre 2013 la Terza sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso degli eredi della compagnia aerea Itavia, proprietaria del DC9 I-TIGI che il 27 giugno precipitò nei cieli sopra Ustica causando la morte di 81 persone. Secondo la Cassazione è accertato che ci fu “un depistaggio” delle indagini ed è altrettanto certa che l’aereo venne colpito da un missile, una delle questioni su cui gli esperti sono invece in disaccordo da più di trent’anni.

Il processo è stato iniziato dall’unico erede della compagnia Itavia, il quale sostiene che il fallimento della compagnia aerea fu causato dai massicci depistaggi operati ai più alti livelli del governo e dell’aeronautica militare. Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno dato per assodato che ci furono depistaggi, ma anche che la compagnia era già avviata al fallimento prima del disastro di Ustica. La Cassazione ha ordinato alla Corte d’Appello di rivedere questa sua conclusione.

La stampa italiana ha accolto la sentenza della Cassazione con un certo entusiasmo, sostenendo che finalmente si è fatta luce sul mistero di Ustica e si è ammesso che ci furono depistaggi e che l’aereo venne effettivamente colpito da un missile. In realtà le cose sono molto più complicate di così. Come spesso accade in Italia, tribunali diversi – come se operassero in paesi diversi – sono giunti a conclusioni opposte e la stampa ha scelto di parlare soltanto delle sentenze che sembrano fare più notizia.

I processi di Ustica
La sentenza del 22 ottobre sembra corroborare le tesi di moltissimi tra giornalisti e scrittori, secondo i quali la verità sulla strage di Ustica è piuttosto chiara: l’aereo venne abbattuto da un missile durante una misteriosa battaglia aerea, a sua volta causata da un complotto internazionale. I dubbi riguardano solo chi partecipò a questa battaglia: aerei libici contro aerei americani (oppure aerei francesi, aerei italiani o, addirittura, aerei israeliani).

Negli anni le ricostruzioni, le perizie, le versioni e i super-testimoni che confermavano ora una ora l’altra tesi, si sono moltiplicati. Ne è emerso un quadro confuso, che la stampa in questi giorni non è riuscita a raccontare con precisione. Cominciamo con il fare un po’ d’ordine e cercare di chiarire quali sono le verità accertate dai procedimenti giudiziari che si sono conclusi fino ad ora.

Chiariamo prima di tutto che il processo per strage non ha mai portato a una condanna e nemmeno a una sentenza. Il primo documento prodotto da un giudice (e spesso confuso con una sentenza di primo grado) è quello redatto nel 1999 dal giudice Rosario Priore. Si trattava di una sentenza-ordinanza, un passaggio del procedimento penale che ora non esiste più. In questo documento, Priore scrisse che il DC9 Itavia era stato abbattuto durante una battaglia aerea avvenuta tra alcuni aerei Nato e un aereo da guerra libico.

Mancavano però le prove, come ad esempio i tracciati radar, che potessero dimostrare questi eventi. Priore sostenne che non si doveva procedere per il reato di strage, visto che gli autori erano ignoti, ma che si dovevano processare due generali dell’aeronautica per aver nascosto le prove che avrebbero provato la sua tesi. La sentenza-ordinanza Priore venne demolita nei successivi processi che iniziano nel 2000 per indagare sull’ipotesi di depistaggio e alto tradimento da parte di due alti ufficiali dell’aeronautica. La sentenza definitiva nel processo sui depistaggi assolse tutti gli imputati.

Insieme a questo processo ne nacque anche un secondo, un processo civile nel quale gli eredi della Itavia hanno chiesto i danni allo stato per l’incidente. È questo processo che è arrivato a sentenza nell’ottobre del 2013 e che secondo molti giornalisti ha finalmente confermato i loro sospetti. In realtà ci sono alcune – poche – cose chiare in tutta la faccenda, fatti incontrovertibili che mettono in serio dubbio l’ipotesi della battaglia aerea, dei depistaggi e dei complotti internazionali.

I radar
La questione dei radar è forse uno degli episodi più emblematici dell’intera vicenda di Ustica. Secondo una delle ricostruzioni giornalistiche più diffuse, i tracciati dei radar furono alterati per nascondere la battaglia aerea che portò alla caduta del DC9 Itavia. Questa versione è stata più volte ribadita dal giornalista Andrea Purgatori ed è diventata celebre grazie al film “Il muro di gomma” del 1991.

Si tratta però di una leggenda infondata. La magistratura ha acquisito i tracciati radar di diverse stazioni, tra le quali Ciampino, Marsala, Licola e Poggio Ballone. I tracciati in mano alla magistratura mostrano molto chiaramente la scia del DC9 e poi i detriti dell’aereo che precipitano in mare. Non ci sono segnali di altri aerei a distanza utile per sparare un missile, né tracce di missili intorno al DC9. Solo uno dei radar, uno dei modelli più vecchi, mostra alcune tracce sparse che, secondo la grande maggioranza degli esperti, sono echi fasulli causati dal più vecchio degli impianti radar in funzione quella notte. Tracce che, in ogni caso, non compaiono in nessuno degli altri radar.

Quasi tutti i periti nel corso del processo confermano che i tracciati non sono stati in alcun modo alterati e che non mostrano tracce di una battaglia aerea nei cieli di Ustica il 27 giugno 1980. Luigi di Stefano, uno dei periti della difesa e uno dei più accesi sostenitori della teoria del missile e della battaglia aerea, scrive in una delle sue relazioni:

È possibile che intorno al DC9 si sia svolta una battaglia aerea senza che sui nastri dei radar militari e civili ne sia rimasta traccia? Ovviamente no, a meno di ammettere che i nastri sono dei falsi, che sono stati completamente manipolati. […] Ma i nastri militari sono stati manipolati? La risposta è “no”. Nessuno ha cancellato niente.

Di Stefano sostiene in altri documenti che gli aerei coinvolti possedevano dispositivi all’epoca segreti per mascherarsi ai radar. A parte questo, le conclusioni sono sostanzialmente unanimi: non è vero che le registrazione di quella notte sono state fatte sparire. Esistono, non sono state manipolate e mostrano i cieli di Ustica liberi da qualunque aereo che non fosse il DC9 Itavia.

Altri dubbi
La tesi del missile, che secondo la sezione civile della Cassazione è oramai “consacrata”, non fu condivisa dal giudice Rosario Priore che nella sua sentenza-ordinanza escluse che il DC9 potesse essere stato abbattuto da un missile. Secondo Priore, le cose andarono diversamente. Un MIG libico si era nascosto nella scia del DC9, posizionandosi sotto la pancia dell’aereo.

All’altezza di Ustica, altri due aerei militari (americani, francesi o italiani: ogni super-testimone emerso negli ultimi anni ha la sua personale visione) intercettarono l’aereo libico che, per sfuggire, compì una manovra azzardata generando una turbolenza che a sua volta danneggiò irreparabilmente il DC9, facendolo precipitare. Si tratta di un evento se non impossibile almeno molto improbabile.

Ma la cosa che rende questo scenario non del tutto credibile è che l’aerovia che percorreva il DC9 era una rotta civile, proibita agli aerei militari. Durante il suo volo il DC9 incrociò diversi altri aerei che procedevano in direzione opposta e nessuno di loro segnalò la presenza di un aereo grande e visibile come un MIG, nascosto sotto la pancia del DC9. A questo bisogna aggiungere che a circa dieci minuti di distanza il DC9 era seguito da un aereo della Air Malta che non segnalò nulla di sospetto anche se, con ogni probabilità, avrebbe dovuto vedere le tracce di una battaglia aerea in corso a una distanza relativamente ridotta.

Cosa dicono le sentenze
Ritorniamo alla sentenza della Corte d’assise d’appello di Roma sul processo per i depistaggi, sentenza confermata dalla corte di Cassazione nel 2007. Si tratta di una sentenza altrettanto definitiva di quella pubblicata il 22 ottobre, ma giunge a conclusioni diametralmente opposte e con toni altrettanto netti.

[…] tutti gli aerei militari italiani erano a terra, che i missili di dotazione italiana erano nei loro depositi, che gli aerei militari alleati non si trovavano nella zona del disastro e che nell’ora e nel luogo del disastro non vi erano velivoli di alcun genere. Tale ricostruzione trova conforto anche nel silenzio dell’aereo della Air Malta, che seguiva a breve distanza il velivolo ITAVIA, che è atterrato tranquillamente a Malta e che non ha segnalato alcunché di irregolare lungo la sua rotta: se vi fossero stati altri velivoli certamente li avrebbe visti e comunicati. Tutto il resto è fantapolitica o romanzo che potrebbero anche risultare interessanti se non vi fossero coinvolte ottantuno vittime innocenti.

Nessuno degli articoli che ho recuperato sulla sentenza del 22 ottobre cita la sentenza della Corte d’Appello o nota questa evidente discrepanza tra due sentenze definitive. In realtà, a leggere bene quello che il 22 ottobre ha reso pubblico la Corte di Cassazione, si scopre che anche questa discrepanza non è così grave. I giudici, infatti, hanno specificato che il depistaggio, così come la teoria del missile, sono assodati per quanto riguarda il processo civile e questo per un semplice motivo, come racconta un articolo su Sole 24 ore.

Durante i tre gradi del giudizio civile, il governo, il ministero dei Trasporti e quello della Difesa, hanno portato avanti la tesi secondo cui l’Itavia sarebbe fallita indipendentemente da eventuali depistaggi. Secondo quanto scrive la Corte di Cassazione nella sentenza del 22 ottobre, né il governo né i ministeri si sono mai appellati contro una delle decisioni del giudice civile di primo grado, cioè quella in cui stabiliva che ci furono dei depistaggi e che l’aereo era stato abbattuto dal missile.

Per questo motivo la Cassazione ha stabilito che ci furono depistaggi. Come è scritto nella sentenza: il depistaggio nella sentenza di primo grado “è qualificato dalla Corte d’Appello come non reso oggetto di un impugnazione incidentale” e quindi, ai fini del processo in corso, è un dato oramai “consacrato”, perché nessuno lo ha contestato. In altre parole, in quest’ultima sentenza non c’è nessuna nuova prova che i tracciati radar furono alterati o che l’aereo venne effettivamente abbattuto da un missile.

Cosa accadde davvero?
In ogni caso la verità resta ancora sconosciuta. Ognuna delle ipotesi presentate nel corso degli ultimi 33 anni su cosa abbia causato il disastro del DC9 presenta dei problemi e delle incongruenze a volte insormontabili. L’ipotesi del missile è quasi certamente da escludere (mancano i tracciati radar, non ci sono segni di impatto sulla carlinga dell’aereo), mentre molti periti hanno escluso anche l’ipotesi del cedimento strutturale.

Resta l’ipotesi della bomba a bordo dell’aereo, portata avanti in particolare dal perito d’ufficio Frank Taylor. La sua relazione, che trovate riassunta qui, è lunga 1.280 pagine ed esclude completamente l’ipotesi del missile e della battaglia aerea. Altri periti hanno contestato le sue conclusioni, almeno nella parte in cui si parla di una bomba.

È difficile pensare che 33 anni dopo il disastro si possa arrivare a una parola definitiva su quello che accadde la notte del 27 giugno. La mole di perizie prodotte, spesso in contraddizione tra di loro, è enorme. Alcune ipotesi possono essere escluse senza dubbio, ma questo non ci avvicina molto alla verità. Questo è probabilmente tutto ciò che possiamo dire con certezza su quello che accadde quella notte.

Vorrei ringraziare John Battista che, a quanto sono riuscito a trovare su internet, è l’unico che ha dedicato al disastro una serie di articoli completi, chiari e – per quanto posso valutare – obbiettivi (li potete leggere sul sito Giornalettismo)

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca