La musica è sfinita

Un appello non è stato fatto dal palco di Sanremo. Dal palco dal quale si vende in mondovisione l’immagine della nostra musica popolare, doveva partire una semplice domanda: perché nel nostro paese non si insegna regolarmente la musica?
Un piccolo quesito magari anche a bassa voce, senza neanche aprire discussioni o siparietti abbassa-share. Di questo avrebbe magari dovuto parlare Celentano. Per poi mettersi a cantare e a posto così. Pensate che rivoluzione, parlare di musica a Sanremo.

Una semplice domanda aperta e indirizzata a tutti, a chi dice di amare la musica, a chi la ama veramente, a chi si trova ad amministrare la cosa culturale pubblica, a chi dice che la musica e l’arte in genere non rendono e non servono. Poteva essere la volta buona, magari, vista la stramba bolla politica nella quale navighiamo in questi mesi.
Scusate signori e signore: perché l’Italia è l’unico paese dalla parte occidentale del globo a non avere un corso regolare di musica nelle scuole, dalle elementari all’università?
Sta tutto qua. Questa voragine istituzionale contiene tutto il finto amore che il nostro paese dice di avere per la musica, e da questo vuoto, a cascata, derivano quelle centinaia di violenze che la musica subisce da anni. Musica svilita e sfinita.

In Italia non si ama la musica, si dice di amarla. È diverso. La musica in Italia è come una puttana abusata e sfruttata da tutti, vittima da decenni di piccoli stupri giornalieri che non hanno mai fatto notizia: perché è la musica, in fondo, a non interessare alcuno. La musica è l’Italia: meravigliosa, insostituibile, unica al mondo, piena di tesori. Salvo pensare questo mentre buttiamo la plastica nel vetro e prendiamo l’auto per andare a comprare il pane senza farci fare lo scontrino.

Quotidianamente è come se dimostrassimo al mondo che non ci interessa la musica, ma quello che c’è attorno: aeroporti, ascensori, bar da happy-hour. In ultimo, interessa il Festival di Sanremo non come contenitore di musica, ma come contenitore altro, dove eventuali nuove derive possano scatenare la stampa e far parlare il bar sotto casa. La musica a Sanremo è il motivo dimenticato per il quale si è su quel palco. Come per qualunque altro talent-show. E non importa se conduttore e cantante vincitrice non si ricordano i nomi degli autori. Questa è solo una delle piccolissime violenze di cui non ci si accorge neanche. Educazione alla musica, all’ascolto: mancano i fondamentali in questo paese, è inutile. E non solo per la musica.

Non leggo in termini estetico-musicali Sanremo, perché onestamente siamo oltre lo sfinimento. Il punto da chiarire è la preparazione musicale che ha o non ha un’intera generazione che dice di amare la musica e che aspetta Sanremo o il prossimo talent-show come l’occasione della vita e che spera di poter svolgere in qualche modo la professione di musicista. E soprattutto che preparazione musicale hanno i signori preposti a giudicarli. Chiedo a questi ragazzi: Siete così convinti di affidare a questo sistema il giudizio sul vostro destino musicale?

P.S.
Oggi, in Italia la situazione è la seguente:
– un recente studio ha spiegato che tra chi esce dai conservatori italiani, solo il 4.5 per mille è assorbito dal mercato del lavoro
– gli orchestrali italiani sono gli unici al mondo, causa la recente legge 100, che non possono svolgere attività concertistica e cameristica – anche gratuita – al di fuori delle istituzioni di appartenenza
– ormai si entra ai primi posti in classifica vendendo qualche migliaio di copie
– la SIAE è commissariata da anni e il suo attuale commissario nominato dal precedente governo ha compiuto da poco i novant’anni
– a parte i soliti pochi noti che riempiono gli stadi, la fascia media della musica sta scomparendo giorno dopo giorno, così come stanno scomparendo festival e rassegne per mancanza di fondi statali e sponsor privati

Per fare il musicista in Italia bisogna proprio amarla, la musica.
E anche questo paese.

Cesare Picco

Pianista improvvisatore e compositore