Quer pasticciaccio brutto de Carpatair

Ecco YR-ATS quando era giovane, americano e ancora si chiamava N533AT. (Copyright foto Wade DeNero)

In cui si parla di aerei in leasing, troppo vento e incidenti per fortuna non mortali. Ma anche di strascichi con polemiche sindacali e politiche, dei giorni della merla di Alitalia, un po’ di verde d’Irlanda e soprattutto della storia di un povero ATR-72 che non volerà più.

Finisce che si parla di aerei solo quando c’è qualche problema. È una vecchia questione: quando stai in un quotidiano (o in un sito) ti chiamano solo per farti raccontare i retroscena dell’ultimo “disastro” o mancato tale. Magari qualche storia di uccelli che volano sopra la pista, forse qualche fallimento, o qualche improvvisa chiusura. Peraltro le compagnie aree falliscono ma poi raramente muoiono, al limite vengono acquisite. Sono degli strani animali dalle mille vite, specie di Idra le cui teste continuano a rispuntare con forme e colori nuovi.

Tant’è. La notizia questa volta è che sabato sera a Roma Fiumicino un aereo ha fatto un lungo fuoripista, fortunatamente senza morti: si contano 16 feriti di cui due ricoverati in codice rosso ma a quel che si capisce dalle cronache che trovo in rete non in pericolo di vita. La co-pilota, che ha subito a quanto pare danni alla colonna vertebrale, e un passeggero che si è rotto un femore. Il contraccolpo dell’improvvisa decelerazione di un fuoripista, dove l’aereo spancia e rallenta in modo molto più brusco che non durante il normale atterraggio anche ad eliche invertite e freni tirati, può provocare danni molto gravi a tanti, ma questa volta pare che sia andato complessivamente bene ai 46 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio.

Qui la cronaca, a cui si aggiungono alcuni elementi. A me ne interessa uno: l’aereo, con livrea Alitalia e registrazione YR-ATS è un ATR 72-212A, turboelica evoluzione del modello ATR-42 del consorzio italo-francese ATR (oggi Eads per la parte francese e Alenia del gruppo Finmeccanica per l’Italia). L’aereo è in realtà di Carpatair, la più grossa compagnia regionale dell’Europa dell’Est, con sede in Romania, che gestisce alcuni voli in leasing su Roma per conto di Alitalia. Pare che la sera prima lo stesso velivolo abbia rischiato un allarme collisione a causa di una incomprensione dei piloti con la torre di controllo: da notare che tutte le comunicazioni con la torre di controllo in tutto il mondo avvengono sempre e rigidamente in inglese, anche se piloti e controllori sono della stessa nazionalità. Sembra poi, con le foto del Corriere, che nella notte Alitalia abbia provveduto solertemente a cancellare il suo logo dalla carlinga dell’aereo.

Alitalia, complice la campagna elettorale e la scadenza del vincolo per la vendita dei soci italiani della nuova compagnia aerea nostrana, è di nuovo nell’occhio del ciclone. Il “wet leasing” (aereo più equipaggio forniti da altra compagnia) è una pratica comune anche se non l’avevo mai visto con la pittura della livrea del cliente sul velivolo: soluzione costosa (alcune centinaia di migliaia di euro) e inutile se si tratta di un prestito per pochi mesi. Ma è davvero così? Certo, val la pena far sembrare più italiani gli aerei di Carpatair oltretutto su tratta interna, però…

Vediamo l’aereo. Perché l’ATR 72 è un (rumoroso) gioiellino aeronautico. Li fanno in parte a Pomigliano d’Arco e in parte a Bordeaux, e li finiscono di assemblare a Tolosa. Si tratta di uno dei progetti più fortunati di questa classe: gli ATR sono essenziali, molto affidabili ed efficienti, in costante evoluzione anche perché di grande successo nel mondo: il 60% degli ordini mondiali in sospeso per aerei regionali turboelica fino a 90 passeggeri sono di ATR. Siamo genitori quasi per caso di uno dei velivoli più diffusi nel suo settore e sicuramente in continua crescita. Dal 1981, anno di nascita del programma ATR, sono stati ordinati 1.254 aerei (437 ATR-42 e 817 ATR-72). Il 2012 è stato un anno di record. Fatturato a 1,44 miliardi di dollari, consegne per 64 velivoli, più 18% rispetto all’anno prima, e ordini per altri 115 velivoli (74 da consegnare e 41 opzioni). Nel settore dei regionali fino a 90 posti ATR domina, insomma. Sul progetto, niente da eccepire.

Questa è la versione -500 dell'ATR-72 ma rimane sostanzialmente analoga nelle forme alla -210. Una bestia non particolarmente aggraziata ma sicuramente robusta.

Il modello coinvolto nell’incidente è ancora più interessante. Si tratta di un ATR 72-212A con numero di fusoliera 533 (il numero progressivo di produzione di questa variante) e con registrazione YR-ATS. YR è il codice per la Romania. Però l’aereo, dopo i test effettuati a Tolosa con matricola provvisoria F-WWLO, è stato registrato la prima volta il 21 novembre del 1997 dall’americana Simmons Airlines con numero N533AT. È passato nel maggio 1998 ad American Eagle mantenendo la stessa matricola, nel 2002 alla divisione executive della compagnia americana (sempre stessa matricola) e poi il 21 dicembre 2012 a Carpatair con reimmatricolazione, come tradizionalmente avviene quando un aereo cambia nazionalità.

Qui c’è la cosa strana: Carpatair non ha mai usato l’aereo per i fatti suoi, ma l’ha comprato e dipinto subito con i colori Alitalia, perché lo stesso giorno che è stato registrato dalla compagnia romena è anche il giorno di inizio del “wet leasing” con Alitalia. Sembra insomma più una forma di ingegneria finanziaria per non far fare l’acquisto direttamente ad Alitalia, ma differirlo tramite Carpatair, che non un “prestito” a pagamento magari per aiutare in un periodo ad esempio di pieno stagionale. Perché hanno fatto così? Per risparmiare, of course. I sindacati però contestano questo metodo che metterebbe all’esterno del perimetro aziendale la gestione di rotte, con fornitori esterni, impedendo di recuperare dipendenti cassintegrati. La pratica di Alitalia con il contratto di servizio con Carpatair è sicuramente legale, ma anche piuttosto forzata da un punto di vista industriale e strategico. O almeno poco elegante, con tutti quei cassintegrati.

Da notare che la nuova Alitalia ha una politica tutta sua con gli aeroplani che fa volare oggi. Prima, com’è prassi in tutto il mondo, erano registrati in Italia, cioè nello stato della compagnia, e in parte di proprietà e in parte in leasing, come sempre accade. La registrazione italiana è una “I” maiuscola, a cui seguono quattro lettere, da I-AAAA a I-ZZZZ. Oggi la stragrande maggioranza dei velivoli in possesso di Alitalia (gli A320 e gli altri) sono però con matricola irlandese “EI”, perché sono presi in leasing da grandi fornitori del settore con sede in Irlanda per motivi anche fiscali (anche l’Irlanda segue uno schema di immatricolazione basato su lettere: da EI-AAA a EI-ZZZ). Non solo: secondo alcuni la matricola “EI” è stata richiesta dai fornitori degli aerei per sottrarre i velivoli al rischio di sequestro in caso di crisi di Alitalia: il fornitore del leasing se li riprende subito (com’è successo con Malév, ad esempio) perché beni registrati in altro paese e quindi non sotto la giurisdizione del giudice fallimentare italiano, che si pensa dovrebbe avviare una rogatoria internazionale per poterli bloccare a terra a copertura di possibili debiti dell’azienda. Un bel ferry flight notturno e se ne riparla molti anni dopo, insomma…

Il nostro sfortunato ATR-72 invece è quasi sicuramente “andato”, o come si dice in gergo “write-off”. I danni alla fusoliera (naso, carrello, motore destro) sono tali che il costo di una riparazione sarebbe molto probabilmente superiore all’acquisto di un nuovo velivolo, e comunque non più economico a fronte del possibile utilizzo futuro di questo, che ha ancora una quindicina d’anni massimo prima di essere definitivamente ritirato. Invece adesso verrò parcheggiato in qualche piazzale secondario di Fiumicino e, se si riescono a mettere d’accordo, verrà smantellato per riciclarne i metalli e qualche componente secondaria, che comunque (tranquillizzatevi) deve essere certificata da zero di nuovo prima di tornare in funzione in un aereo.

Antonio Dini

Giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Scrive di tecnologia e ama volare, se deve anche in economica. Ha un blog dal 2002: Il Posto di Antonio