La superiorità del Kindle

Il mondo è troppo bello per restarsene a casa. È una delle cose che mi ripeto quando sono stanco e non ho voglia di ripartire per un nuovo viaggio. Ed è anche una dei pensieri che più mi definiscono. In realtà, non voglio dire che non mi piaccia stare a casa o che non sia bello: è che il mondo è davvero troppo bello per non visitarne il più possibile, finché posso.

Questa oscillazione tra il dentro e il fuori, tra la casa e il viaggio, si riflette anche nel mio uso della tecnologia. Non ho un computer potente ma un portatile leggero, adoro viaggiare con meno oggetti possibile, se posso usare un solo caricabatterie per tutto, preferisco. Amo i libri, ne abbiamo la casa piena, ma poi mi porto dietro il Kindle. Che è, per l’appunto, proprio quello di cui voglio parlare adesso.

Non avrei mai creduto che un giorno mi sarei messo a leggere su una tavoletta elettronica. Da trent’anni andava avanti l’annosa lotta tra fautori del libro elettronico e chi invece sostiene che la carta sia insostituibile, che l’oggetto libro sia unico, che non ci siano alternative possibili. Adesso però la barriera è crollata, il mito del libro elettronico è diventato realtà grazie non solo ai primi apparecchi ma anche alle piattaforme per la distribuzione e vendita dei libri e si può cominciare a capire se ne vale davvero la pena. Si può sperimentare. E io adoro sperimentare le nuove tecnologie.

Per essere onesti, ho iniziato a usare un lettore di libri in formato digitale nel 2000, quando ho comprato il Palm V (ve lo ricordate? Leggenda per molti…) e ho cominciato a scaricare libri in formato “Prc” dalla biblioteca digitale gratuita del progetto Gutenberg. Tutta roba in inglese. Ho letto alcune cose e ho pensato – come in realtà molti pensavano – che la strada del libro digitale fosse una scemenza, che non si poteva fare se non con parecchia fatica e probabilmente una buona stampante. Poi, tre anni fa, mi sono fatto coraggio e ho preso l’Opus della francese Bookeen, cominciando a leggere libri in formato digitale come se fosse la prima volta. L’Opus è dotato di schermo E-Ink a inchiostro digitale, che ho scoperto essere lo standard più o meno assoluto per questo tipo di apparecchi. E ho scoperto che fa un mondo di differenza.

Non so perché, ma è scoppiato l’amore tra me e questo piccolo apparecchio e, contemporaneamente ma indipendentemente, è esploso anche il mercato dei libri digitali. Dimostrazione del fatto che più che uno scopritore di tendenze, sono un canarino da miniera. Ma comunque.

Il mercato del libro digitale è partito prima negli Usa e poi, piano piano, nel resto del mondo. Visto che per lavoro scrivo non solo articoli ma anche libri, conosco un po’ di persone che lavorano in questo settore e vi garantisco che è in atto un cambiamento impressionante. C’è gente che perde il lavoro, altri che si licenziano, altri ancora che fondano case editrici digitali, società di servizi, centri di consulenza. Altri che non ci capiscono niente. Si muovono parecchie cose, la crisi si sovrappone all’opportunità, contano fattori casuali come la pensione di vecchi direttori generali contrari al libro elettronico in tutte le sue forme.

Ci sarà l’occasione per tornare a parlarne, state tranquilli. Intanto, sul versante della lettura, ho visto sempre più persone “convertisti” ai reader digitali: Kindle, altri reader basati su E-Ink, persino iPad. Insomma, è successo qualcosa per cui adesso il libro elettronico è diventato plausibile (perlomeno nella metropolitana di Milano durante l’ora dei pendolari).

Personalmente, dopo l’Opus, straordinaria macchinetta, ho continuato il mio percorso (anche perché l’Opus se l’è preso la mia dolce metà) e per un po’ di tempo ho testato per lavoro la terza generazione di Kindle della Amazon. Poi ho iniziato a leggiucchiare libri sul mio iPad grazie a iBookStore e alla applicazione di Amazon (ho letto lì la biografia di Steve Jobs, per dire). E poi, qualche settimana fa non appena è uscito, ho acchiappato il Kindle “base”, quello che viene venduto a 99 euro in Italia.

Con il Kindle “base” è nata rapidamente quella che non esiterei a definire una storia d’amore. Sono entusiasta. Non avevo e non ho grandi aspettative da un reader di ebook dal punto di vista tecnologico o delle funzionalità: deve essere solo molto semplice. Per me infatti il reader deve essere comodo, stare in tasca, farmi leggere i libri in formato appropriato (non i Pdf, non mi interessano) e avere batterie che durano abbastanza da farmi dimenticare di doverlo caricare. E basta. Il Kindle (così come l’Opus) è perfetto. Non volevo fronzoli, e lui non ne ha neanche uno.

Nel frattempo ho provato altri tre o quattro lettori. Compreso un paio “touch”, cioè capaci di utilizzare la superficie dello schermo per girare pagina e per scrivere con una tastiera virtuale. E altri con tastiera fisica, anche se di dimensioni fortemente ridotte. Sono giunto alla conclusione che sono tutti apparecchi molto belli ma francamente inutili: non prendo appunti sul reader, non ho bisogno di toccarlo sullo schermo per girare le pagine (la pellicola touch rende lo schermo più opaco, quindi meno leggibile, e le batterie durano parecchio meno) e comunque preferisco un apparecchio il più sottile e leggero possibile. L’obiettivo è farlo entrare nella tasca della giacca o, magari, in quella dietro dei jeans. Con il nuovo Kindle si riesce.

La mia fortuna è che viaggio parecchio per lavoro, con colpi da dieci ore di aereo alla volta, e che leggo l’inglese. Ho passato da tempo la fase dei film in aereo (me ne sono visti alcune centinaia, negli anni passati, ma sono resi paccottiglia dalla scarsità dello schermo e dalla bassa qualità dell’audio) e adesso ho voglia di leggere, proprio come faccio nel letto di casa prima di dormire. Quindi, leggo: alterno senza grandi patemi i saggi e i romanzi in italiano a quelli in inglese. Anche perché, fino a che non hanno aperto iBookStore e poi Kindle Store dalle nostre parti, era praticamente l’unico modo di leggere dei romanzi su ereader, a meno di non voler andare a cercare i “libri piratati”, cioè copiati (come gli Mp3 della musica, vi ricordate?) che si scaricano più o meno con le stesse caratteristiche con le quali si scaricava la musica. Poi, arriva il negozio “legale” e, se il prezzo e la qualità sono eque, la pirateria scende. Ancora non ci siamo per i libri (prezzi relativamente troppo alti) ma siamo almeno sulla buona strada.

La mia storia con il nuovo Kindle è semplice. È arrivato per posta, dentro una scatola marrone di cartone, un involucro super-minimalista con solo un cavetto Micro-Usb/Usb, un singolo foglio di istruzioni e l’oggetto del desiderio, avvolto nella pellicola protettiva come un prosciutto. L’apparecchio è WiFi, ci si collega con la rete di casa e si registra sul proprio account, di modo che diventi il nostro lettore ufficiale e possa scaricare i libri direttamente. Il funzionamento è semplice, ci sono quattro pulsanti laterali, quattro alla base con una croce per il cursore e un tasto di accensione. Nella mia esperienza la batteria dura parecchi giorni: più di un paio di settimane. Amazon dice un mese, ma non ho fatto test particolarmente approfonditi per verificare: due settimane bastano e avanzano, anche perché si ricarica un un’oretta.

Utilizzo Calibre come software di gestione per tenere organizzata i documenti e i libri che carico su Kindle: provengono da Gutenberg e Manuzio, ma si trovano anche molti altri libri autoprodotti e distribuiti gratuitamente in rete. Più ci sono quelli che compro su Kindle store.

Non mi piace stare a girare le schermate del Kindle e quindi mi sono organizzato un po’ di cartelle. Sono sette, per la precisione (a cui si aggiungono “I miei ritagli” dove vanno i segnalibri, e quella degli “Elementi archiviati” nel cloud di Amazon). Le mie sette cartelle sono: una di servizio (“Altro”) per nascondere alla vista dizionari e documenti di servizio; quattro per le divisioni di genere (“Romanzi”, “Saggi”, “SciFi”, “Salgari” – categoria a sé stante visto che si trovano molti suoi romanzi fuori copyright e ben formattati) e due cartelle estremamente utili che consiglio vivamente: “In lettura” e “Letti”, che popolo con i libri che sto leggendo sul momento e dove vanno poi a finire quelli che ho finito di leggere. Infatti, le cartelle del Kindle sono più delle playlist stile iTunes che non delle cartelle da computer. Perché possono essere popolate più volte con uno stesso documento: cioè lo stesso libro (mettiamo La rivincita di Yanez) per me sta contemporaneamente sia nella cartella “Salgari” che in quella “In lettura”. Quando lo finisco, lo tolgo da entrambe e lo metto solo in quella “Letti”. Potrei anche cancellarlo, ma preferisco tenere traccia di quel che leggo. Tanto la memoria del Kindle non si riempie. Anzi.

Il Kindle 4G base “tiene” 1.400 libri nei suoi 2 Gigabyte di memoria. Sono un quantitativo mostruoso che può bastare per una vita (in realtà si riduce rapidamente se lo riempite di Pdf con delle immagini, ma basta evitare per non avere problemi). Grazie ad Anobii ho tenuto il conto di quanti libri leggo in un anno e difficilmente supero di molto la cinquantina. In questo momento sul mio Kindle ce ne sono 98 e altri 16 sono ancora archiviati nello spazio del mio account di Amazon. Ce n’è per leggere più di due anni, direi. Dubito insomma che lo spazio sia un problema: casomai il vero problema è il non trovare il formato digitale il libro che voglio leggere.

Perché quando si fa l’abitudine al Kindle, si comincia a voler leggere sempre di più. Secondo Amazon, tre volte di più. Il perché è semplice: l’atto dell’acquisto diventa molto facile (“one-click”…), in rete comunque c’è un sacco di materiale che si può scaricare e inserire nel Kindle, tra un po’ arriveranno anche i giornali e le riviste. Insomma, di contenuti ce n’è a bizzeffe. È tutta roba che vale la pena? Direi proprio di no. Si trovano tempo di leggere un sacco di roba vecchia, parecchia roba nuova, moltissima roba che una volta non avremmo mai letto.

Io non ho un particolare gusto per l’oggetto libro: tendo a comprare libri in edizione tascabile per spendere meno e per non dovermi riempire la casa di mattoni con la copertina rigida. Il Kindle per me è anche l’occasione per non dover andare all’Ikea a comprare una nuova Besta dove parcheggiare qualche metro lineare di tascabili in più. Con grande gioia della dolce metà, che da una vita legge prendendo a prestito dalle biblioteche comunali (beata lei).

Ho cominciato anche a personalizzare il mio Kindle: all’aeroporto di Heathrow, due settimane fa, mentre stavo andando a San Francisco con la British Airways, ho comprato il suo unico accessorio necessario: la cover di protezione. Sì, perché l’oggetto “nudo” è talmente sottile ed esposto che uno ha paura di graffiarne lo schermo o addirittura di romperlo se lo schiaccia in borsa. Invece, la cover di pelle fatta da Amazon (costa uno sproposito: 30 euro, un terzo dell’apparecchio!) sembra renderlo strutturalmente più robusto e comunque tiene lo schermo al riparo dagli oggetti “pericolosi” che girano in tasca o in borsa. Dopodiché, mi sono messo “scomodo” sul seggiolino in economy della British e nelle nove ore e mezzo successive mi sono fatto fuori due romanzi.

Ecco, la mia storia pre-natalizia con il Kindle è questa. L’apparecchio è valido. Consente di fare bene le cose importanti ed è davvero semplice da usare. Sostituirà il libro? Non subito, non a casa mia. Continuo ad accumularne, entrando nelle librerie con quello che è stato definito “lo sguardo di un ossessionato” e che i commessi adorano perché foriero di lauti incassi.

Grazie a Kindle leggo sicuramente di più perché posso portarmi dietro più libri sia quando viaggio sia quando mi sposto in città, e quindi si moltiplicano le occasioni di lettura. Per un uomo, che non ha sempre con sé una borsa come le donne, è anche più importante che il Kindle sia tascabile poiché consente davvero di tenerlo sempre con sé.

Consiglio a tutti di comprare Kindle? Per quanto io mi ci trovi bene, no. Perché non credo che tutti vogliano tuffarsi in una cosa del genere. Perché se si leggono pochi libri all’anno, è inutile stare a perdere tempo con un gadget elettronico con la scusa che fa leggere di più. Meglio comprarsi qualche buon libro, magari su una bella bancarella dell’usato (così si spende pure poco) e imparare il piacere della lettura. Per l’ebook c’è sempre tempo.

Antonio Dini

Giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Scrive di tecnologia e ama volare, se deve anche in economica. Ha un blog dal 2002: Il Posto di Antonio