• Amedeo Balbi Blog
  • Questo articolo ha più di tredici anni

Navigare a vela, nello spazio

I film di fantascienza ci hanno abituato a navi spaziali che fanno acrobazie, cambiano direzione a piacere e accelerano in un batter d’occhio. Nella realtà, le cose sono molto più complicate. Anche se l’attrito nello spazio è praticamente inesistente, ogni manovra spaziale richiede l’uso di propellente: e il propellente ingombra e pesa. Le missioni sono progettate in modo da ottimizzare l’uso del combustibile, riducendo al minimo la necessità di manovre.

Ma un paio di idee ancora in fase pionieristica potrebbero cambiare le cose. La missione Dawn, della NASA, usa un meccanismo che sembra fantascientifico già dal nome: la propulsione a ioni. In pratica, invece di sparare nello spazio un gas attraverso una reazione chimica, si sparano particelle cariche usando un campo elettrico. La spinta è meno forte, ma si possono azionare i motori per tempi molto lunghi usando meno propellente. Il risultato è una navicella che può cambiare direzione con continuità durante tutta la missione. Dawn sfrutterà questa capacità per saltellare da un’orbita all’altra, cosa che nessuna missione spaziale ha fatto prima d’ora. Tra qualche anno, visiterà due corpi della fascia di asteroidi (un deposito di detriti planetari che si trova tra Marte e Giove): Cerere (un pianeta nano scoperto dall’italiano Giuseppe Piazzi nell’1801) e Vesta.

Pubblicità

L’altra idea è ancora più avveniristica, e finora non è mai stata sfruttata praticamente. Si tratta della propulsione a vela solare. Che sembra – incredibile – dovrebbe fare esattamente quello che promette il nome: usare la spinta della luce (i fisici la chiamano pressione di radiazione) proveniente dal Sole per sospingere la navicella, che quindi non avrebbe bisogno di altro combustibile. Una volta nello spazio, si apre la vela – gigantesca e sottilissima – e il gioco è fatto. O almeno dovrebbe. In questi giorni sta partendo la prima missione che prova a dimostrare la fattibilità di questa idea: si chiama – guarda un po’ – Ikaros, e l’hanno fatta i giapponesi. Tra non molto sapremo se si può davvero navigare nello spazio.