Una scelta vera purtroppo non c’è

Non ho cambiato idea sul M5S, checché ne pensino personaggi politici che su Twitter sembrano purtroppo aver perso il senno. Su come quel partito è nato e si è sviluppato negli anni, sui messaggi – tono e contenuti – che ha diffuso in rete, sull’insipienza del suo gruppo dirigente, sul suo fine ultimo che resta quello di soppiantare la democrazia rappresentativa e trasformarla in quella enorme truffa che chiamano democrazia diretta, sull’incredibile conflitto di interessi che quelli che odiavano Berlusconi e le sue televisioni permettono invece bellamente alla Casaleggio Associati e al suo database. E, aggiungo, su tutte le cose che il M5S ha fatto in questi mesi di governo insieme alla Lega. Cose oscene.

Ho sempre pensato che mai avrei votato un governo con il M5S, e quello è e resta il mio punto di partenza: senza-di-me.

Dopodiché. Dopodiché il politico pro-tempore si trova sempre a dover portare sulle spalle le conseguenze delle proprie scelte. Non solo affermare i propri principi ma anche condividere la responsabilità di quello che dalle sue scelte direttamente deriva e consegue.

Marzo 2018, si aprono le urne. Il M5S è oltre il 32 per cento e prende una montagna di parlamentari: primo gruppo alla Camera e al Senato. Alcuni pensano che la cosa migliore sia quella di mettere a disposizione i voti del PD, di un PD rintronato dalla sconfitta, suonato come un pugile al tappeto, e di formare un governo con i grillini trionfanti per evitare che in Italia si formi un governo populista con la Lega.

Agosto 2019. La Lega è salita dal 17% delle elezioni di un anno e mezzo prima al 34%, si prevede che possa facilmente arrivare al 38% e con o senza i suoi alleati di destra, arrivare oltre il 50% dei seggi in Parlamento in elezioni anticipate che Salvini ha già imposto a un M5S stavolta suonato lui stesso come un pugile, afasico, confuso, che ha dimezzato i suoi voti nel giro di pochi mesi ed è nei sondaggi abbondantemente dietro al Partito Democratico.

La differenza tra i due scenari è, mi pare, molto netta, ma la decisione non meno difficile di un tempo.

La scelta è tra preservare la propria coerenza (e dico anche la mia personale) e consentire a Salvini di fare filotto e di trasformare in pochi mesi Roma in una nuova Budapest (elezione del presidente della Repubblica e nomine dei giudici costituzionali modificherebbero nel tempo anche l’assetto delle garanzie e dei diritti nel paese) oppure bere l’amarissimo calice e vedere come impedire al nuovo uomo forte di mettere le mani sull’Italia.

Dico la verità. La mia prima scelta era quella di dire a Salvini: hai voluto la bicicletta? Ora pedala. Fatti la legge di bilancio se riesci, trova i soldi, fai girare questo paese, forma un governo in cui qualcuno lavori anche per te – che al Viminale non ti hanno visto praticamente mai – e che Dio poi ce la mandi buona.

Il vantaggio di questa soluzione era quello di risolvere l’innamoramento di tanti italiani per Salvini alla radice. Andare alle cause del problema. Dimostrare la sua totale inabilità a governare un paese del G7 e sperare di trovare ancora un paese vivo da rimettere in piedi, una volta che gli italiani si fossero svegliati da questa fase di follia collettiva.

C’è però un problema: non sappiamo se l’Italia potrebbe sopravvivere a un governo Salvini-Borghi-Bagnai e l’opzione di vedere di nascosto l’effetto che fa (come cantava il poeta) è quella che non offre alcuna strada di ritorno.

Oggettivamente insomma la mia coerenza sarebbe salva, e io mi sentirei infinitamente più a mio agio di quanto non mi senta oggi, ma non so se questo possa bastare per correre il rischio di vedere l’Italia fuori dall’Euro e messa finanziariamente in ginocchio. Con leggi illiberali in vigore. Col razzismo istituzionalizzato. Il sistema delle alleanze occidentali smantellato. La Rai trasformata definitivamente in una specie di Istituto Luce 2.0.

Davvero dunque non so come e cosa si possa fare con un governo con tra partiti sideralmente lontani come lo è il mio PD dal M5S e penso infatti che la soluzione preferibile non sia quella di un’alleanza politica ma quella di un governo istituzionale con dentro quante più forze parlamentari possibili che mettano insieme il paese in sicurezza in questa fase difficilissima. Ma di questo si occuperà, con la consueta responsabilità e saggezza, il Presidente Mattarella.

Quello che conta ora è togliere Salvini dal Viminale, indebolire la sua propaganda televisiva e online e impedirgli di fare ancora danni, anche peggiori di quelli che ha già fatto.
È un po’ come agire in stato di necessità, bere o affogare.
Una scelta vera in realtà purtroppo non c’è.

Oggi o si esegue obbedienti il pieno di Salvini: crisi, elezioni e “datemi i pieni poteri”, o gli si scombinano i piani che già pensava cotti e mangiati. Vedremo cosa, ma la notizia è che per ora non si fa quello che ha deciso lui per tutti.

Anche per capire se il consenso che ha gonfiato utilizzando impropriamente gli strumenti che gli erano affidati in quanto uomo di governo rimane ancora così vivo.

Anche per spiegargli che in una democrazia parlamentare “i pieni poteri” non esistono. In uno Stato di diritto è tutto un peso e un contrappeso: ci sono giudici che fanno il loro mestiere indipendentemente da lui, e così assemblee elettive, giornalisti, enti sovranazionali, una società civile che non gli appartiene e che non può per il momento vestire da Figlia della Lupa.

Anche per chiarire una volta e per sempre che ci sono diritti individuali che preesistono allo Stato e che sono intangibili anche da parte del politico più popolare e dalle sue squadracce di picchiatori online. Come la sacralità del reo, per fare un esempio scelto assolutamente a caso.

Di questa novità va dato atto a Matteo Renzi, ancora una volta il più lucido e il più determinato di tutti, l’unico a capire che davanti al pericolo imminente tutti gli schemi dovevano saltare, anche a costo di smentirsi e di apparire contraddittori, e che l’unico punto di riferimento era e non poteva che essere l’interesse del Paese.

Non sappiamo come finirà, ma una cosa è chiara.
La nostra democrazia è ancora viva e il Parlamento è ancora sovrano.
Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni – per come si sono sgonfiati i muscoli del capitano nessuno può escludere piroette, capriole e giravolte – ma almeno sembra esserci una piccola luce che, ostinata, brilla in fondo al tunnel.

Ivan Scalfarotto

Deputato di Italia Viva e sottosegretario agli Esteri. È stato sottosegretario alle riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento e successivamente al commercio internazionale. Ha fondato Parks, associazione tra imprese per il Diversity Management.