Una piccola idea (per cominciare)

Proviamo a farci venire delle idee. Non è facile, non conosciamo nulla, non ci è mai successa una cosa del genere.
Quando hai davanti qualcosa che non conosci, non sai mai come fare. Di solito hai due opzioni: non fare niente e nasconderti sotto al tappeto, o andare per tentativi.
La prima è sempre una pessima idea, la seconda significa pensare, provare, sbagliare, riprovarci. Finché non si trova una quadra.
Questa cosa durerà ancora a lungo, sicuramente molti mesi, per cui piano piano dobbiamo imparare a conviverci,
E qualche idea buona per renderla vivibile dobbiamo farcela venire.
Io ci provo, per quello che conosco, e dal mio piccolissimo.

La dico: proviamo piano piano a “convertire” una parte del settore della ristorazione in una catena di distribuzione alimentare capillare.
Mi spiego.

Molte persone stanno in casa, e molte persone (gli anziani) ci staranno probabilmente ancora a lungo. Andare a fare la spesa è necessario e ineliminabile ma non è, soprattutto per gli anziani, una cosa sicura. È un unico luogo, in cui inevitabilmente entrano centinaia e migliaia di persone al giorno. In ogni supermercato passano (statisticamente) decine di contagiati.
E un unico luogo in cui finiscono tutti non è una buona idea per ridurre il contagio.
Probabilmente i lavoratori del settore (immaginate i cassieri) sono in contatto continuo con tantissime persone, e sono sovraesposti. E sono anche un elemento (non controllato) di contagio: sono vicini continuamente a migliaia di persone.
Quindi la cosa ragionevole sarebbe ridurre il più possibile il numero di persone che entra nei supermercati, e magari addirittura dissuadere gli over 60 da entrarci.
(in Cina, parentesi, lo stato ti consegna la spesa a casa, col cavolo che entri in un supermercato e tocchi le banane e il pane).
La spesa a domicilio è in overbooking in tutta Italia, per cui evidentemente i supermercati non riescono a soddisfare da soli quella domanda. È evidentemente impossibile riuscire a soddisfare una domanda di consegna a domicilio per decine di milioni di persone, solo da parte del settore dei supermercati.

Nel frattempo la seconda catena alimentare del paese (la ristorazione) è chiusa (giustamente). Milioni di persone a casa a non fare niente, stipendi che saltano, eccetera eccetera.
E invece potrebbe essere un’enorme risorsa da affiancare agli alimentari.

Per la ristorazione non è difficile convertirsi in un servizio di spesa a domicilio. O di spesa “take away” sacchetto pronto. È un settore “fratello”, si rifornisce dagli stessi fornitori, usa le stesse materie prime, ha magazzini, frigoriferi, stoccaggio, e ha un personale forse anche più qualificato.
Tempo una settimana, e un qualunque ristorante sarebbe in grado di organizzarsi per consegnare la spesa in tutto il suo quartiere. Moltiplichi per milioni di ristoranti, e riesci a soddisfare la domanda di milioni di persone.

Si risolverebbero così due problemi:
Uno: rifornire di cibo la popolazione italiana, riducendo i contatti e quindi i contagi. Rafforzando la catena di approvvigionamenti oggi in difficoltà.
Due: rimettere in moto almeno in parte uno dei settori produttivi del paese (posti di lavoro e stipendi). In un momento in cui salvare i posti di lavoro è una priorità seconda solo al salvare le vite umane.

Abbozzo anche alcune idee fattive che potrebbero essere le linee guida:

Imporre il tampone a tutti gli operatori (è assurdo che oggi non sia fatto agli addetti dei supermercati).
Imporre di fornire non solo i propri prodotti (il poke, il sushi, la pizza, ecc) ma anche i beni primari (pane, frutta, verdura, carne, eccetera). Ogni attività deve contemplare un servizio di pubblica utilità.
Consentire, con una deroga temporanea ai contratti di lavoro, che i dipendenti (baristi, cuochi, sale..) possano effettuare le consegne a domicilio.
Studiare un credito d’imposta che copra in parte le spese di consegna (altrimenti non sarebbe conveniente per i cittadini).
Consentire l’utilizzo dei servizi di delivery (glovo, deliveroo) solo oltre i 2km, entro i 2 km le aziende utilizzano il loro personale, che così rientra dalla cassa integrazione.
Effettuare controlli igienico sanitari settimanali a tutti gli esercenti.
Imporre ai servizi di delivery di mettere a disposizione le loro app (ovviamente pagandoli) per fare ordini anche a chi non utilizza i loro rider.

Affiancare a un settore (gli alimentari) un secondo settore (la ristorazione) aumenta la potenza e la capillarità della catena alimentare, e consentirebbe un servizio di consegna più efficiente su tutto il territorio nazionale, anche nei piccoli paesini e nelle province. Ridurrebbe di molto i contatti, evitando che tutti debbano entrare in un unico luogo (i market). E probabilmente sarebbe di grande aiuto per molti cittadini in difficoltà.

È un’idea piccola, forse ingenua. Forse impraticabile. Forse giusta. Chissà.
Di sicuro non è il momento di star fermi. Con il corpo magari sì, ma con la testa dobbiamo immaginare e progettare cose.
Senza nessuna paura di sbagliare.
Se ognuno di noi propone delle idee, nel suo piccolo, nel suo grande, nel suo settore, e nelle cose che conosce, qualcosa di buono salterà fuori.
Riusciremo a convivere con questa cosa, e sarà tutto un po’ meno buio, e un po’ più vivibile.

Roberto Marone

È nato a Napoli nel lontanissimo 1983. Ha fatto il progettista e il giornalista. Ha fondato e dirige oTTo.