Una nazione sotto CCTV



La Gran Bretagna è all’avanguardia nei sistemi video di controllo degli spazi pubblici. Le CCTV scrutano ogni angolo del Paese: i cittadini sono avvisati da un semplice cartello che chiunque può leggere non solo di fronte alle banche o nelle stazioni della metropolitana ma anche su Oxford Street e in centinaia di altri luoghi pubblici. Il numero di CCTV in Inghilterra non è noto, non esiste alcun registro obbligatorio al riguardo, alcune ricerche suggeriscono che le telecamere potrebbero essere circa 1,85 milioni. Secondo alcuni studi l’effetto deterrente delle telecamere sui crimini è comunque modesto: in tutto il 2008 a Londra solo un caso è stato risolto attraverso le CCTV. (fonte: wikipedia).

A Croydon, per esempio, nel sobborgo a sud di Londra nella quale sono scoppiati violenti scontri qualche giorno fa, il sindaco conservatore ne aveva fatte installare 500.

Il concetto di privacy dei sudditi della regina è ormai talmente stiracchiato che assomiglia in maniera impressionante a quello di Mark Zuckerberg: Mr Facebook lo fa per soldi, i gendarmi inglesi per superiori ragioni di ordine pubblico.

Così in UK può accadere che la polizia metropolitana di Londra pubblichi su Flickr le foto di cittadini presunti autori dei saccheggi dei giorni scorsi, nella speranza che altri cittadini li identifichino e li segnalino alle autorità. Pescano con le bombe a mano i poliziotti inglesi: dovete solo sperare di non capitare da quelle parti con la vostra barchetta.

In un clima del genere David Cameron può tranquillamente affermare in Parlamento che il Governo sta attrezzandosi per bloccare i social network in particolari situazioni di emergenza.

Cameron non è un vecchio conservatore col riporto, la pipa in bocca e gli stivali da caccia alla volpe nell’armadio: è un giovane politico brillante, che ha usato la rete Internet ampiamente nel suo percorso di avvicinamento alla poltrona di capo del governo. Per questo la frase detta ieri non è la cretinata di un tecnofobo del secolo scorso, ma è la frase ben più grave di un uomo del nostro tempo.

E lo è per due ragioni, una banale e una meno. Quella banale è che semplicemente non si può: inutile annunciare riunioni con l’industria e con la Polizia per discutere il da farsi. Limitare così drasticamente le prerogative comunicative dei cittadini di un paese tecnologicamente evoluto come la Gran Bretagna semplicemente non è possibile. A meno di non decidere di oscurare completamente l’intero sistema connettivo del Paese. La seconda ragione, quella più grave e seria è che l’idea di Cameron è una idea semplicemente indecorosa, indegna di un grande paese democratico, imbarazzante anche nella sua fumosa applicazione temporanea. Nemmeno il Patriot Act statunitense, scritto nell’immediatezza dell’11 settembre ha mai immaginato restrizioni simili della libertà dei cittadini, neanche nei confronti delle vituperate libertà digitali.

Dopo gli spazi pubblici ora secondo Cameron è il turno di quelli privati, se le telecamere agli angoli delle strade non servono a molto (i teppisti si celano il viso col cappuccio e non a caso il primo ministro ha annunciato provvedimenti anche contro simili mascheramenti) il governo provvederà a spegnere i social network (e poi ovviamente occorrerà zittire la mail, le pagine web, IRC, gli SMS) impedendo ai delinquenti di comunicare. A loro e a qualche milione di altre persone a caso.

Alla fine non se ne farà niente, troppo grande è il divario fra la compressione dei diritti e le esigenze di polizia, troppo ampia la distanza fra la lesione dello stato di diritto (ma anche banalmente della catena economica basata sui sistemi di comunicazione) ed il potenziale dissuasivo nei confronti di delinquenti e teppisti minorenni. L’unica cosa che resterà alla fine di tutto questo sarà la rappresentazione di un leader affascinato dal pugno di ferro, travolto dall’ansia di (ulteriore) controllo in un paese già controllatissimo. “A nation under CCTV” come recita il graffito di Banksy diventato ormai attrazione turistica a Newman Street a Londra.

(foto di ogglog su Flickr)

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020