Che ridere, le molestie sessuali!

Durante l’ultima puntata di “Amici” di Maria De Filippi è stato organizzato uno “scherzo” alla cantante Emma Marrone. Un ballerino, d’accordo con gli autori, l’ha molestata toccandola e strusciandosi mentre lei stava lavorando, mentre cioè faceva le prove sul palco.

Il Corriere della Sera ha presentato “la cosa” dicendo che lo scherzo è andato «un po’ oltre la misura» e che lei ha reagito «male». Altri hanno parlato di «un ballerino a luci rosse», di lei che «sbotta» e di una coreografia «fin troppo sensuale». Ci sono altri episodi simili che circolano: uno sulla tv francese, e uno sulla tv portoghese. In tutti i casi, prendendo immediatamente una posizione ben precisa, si usano parole giocose o che hanno a che fare con la sfera erotica per descrivere il fatto, si usano parole negative per descrivere la reazione di lei (“sbotto”, “imbarazzo”), si infila qui e là qualche dubbio sul fatto che, forse, è stata superata la misura. Nel contesto, ridono comunque tutti. E tutte.

Nessuna, nessunissima consapevolezza, invece, della cosa che era stata appena messa in scena. Una molestia sessuale normalizzata, offerta senza alcun filtro al “divertimento” di chi l’ha pensata e di chi vi ha assistito, in una specie di festa dell’auto-assoluzione simbolica da bar. Ancora: una molestia sessuale dissimulata, travestita e celebrata su un palco con quegli stessi argomenti che i molestatori usano spesso nei tribunali. Che ridere.

Il 2 febbraio del 2016 un uomo è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale perché “scherzava”. Domenico Lipari, ex direttore dell’agenzie delle entrate di Palermo, era stato accusato di violenza sessuale attenuata nei confronti di due colleghe che lavoravano con lui. Una delle due donne aveva raccontato che Lipari le aveva toccato il sedere, l’altra che aveva toccato un bottone della sua camicia all’altezza del seno e un’altra volta le aveva sfiorato la «zona vaginale». Il 23 novembre del 2016 il tribunale di Palermo lo aveva assolto parlando nelle motivazioni di un comportamento «inopportuno e prevaricatore» che testimoniava «l’immaturità» dell’imputato e «l’inopportuno atteggiamento di scherzo». Secondo il tribunale non era stato commesso un reato perché Lipari aveva fatto effettivamente quel che gli veniva contestato ma senza trarne «appagamento sessuale» e senza «limitare la libertà sessuale delle due donne». I giudici avevano inoltre tenuto conto del contesto in cui si erano svolti i fatti, che era guarda un po’ «scherzoso»:

«Il comportamento del capufficio imputato era oggettivamente dettato da un immaturo e inopportuno atteggiamento di scherzo, frammisto ad una larvata forma di prevaricazione e ad una, sia pur scorretta, modalità di impostazione dei rapporti gerarchici all’interno dell’ufficio».

«(…) non si deve però fare riferimento alle parti anatomiche aggredite e al grado di intensità fisica del contatto instaurato ma si deve tenere conto dell’intero contesto. Nel comportamento del Lipari non era ravvisabile alcun fine di concupiscenza o di soddisfacimento dell’impulso sessuale».

La sentenza ha sostanzialmente stabilito che è il molestatore a decidere se un contesto è scherzoso e che una molestia è una vera-molestia solo se il molestatore ne trae piacere sessuale. E ha stabilito che è sempre il molestatore a decidere se, quando e come una donna deve sentirsi violata. Quel siparietto in tv ha normalizzato, nello spazio di un minuto, tutto questo: confondendo i limiti, i confini tra offesa e offensore, stabilendo una cornice in cui certe cose smettono di essere quello che sono e diventano altro. E facendo automaticamente diventare “altro” e “altra” chi ci ha visto una cosa ben differente: una sciocchina-che-ha-frainteso, nel migliore dei casi, una frigida-femminista-incattivita nel forse peggiore dei casi. Come non ridere, dunque, tutte e tutti insieme davanti a tutto un mondo che finalmente è autorizzato a ridere quando ti palpano le tette come fossero paperelle? Come non ridere, di fronte a un contesto che ti fa capire che devi ridere, perché ci sono le risate registrate e ci sono, al momento giusto, i suoni che fanno i giocattoli di gomma quando li strizzi? Poco mi importa che la diretta interessata (ma non mentre accadeva), altre presenti e altre ancora si siano divertite o piegate al divertimento altrui per non fare “figuracce”. Ho imparato che al mondo ci sono donne che gli uomini hanno “educato” benissimo.

Precisazione (importante): in molti commenti mi si fa notare come quest’ultima frase sia ingiusta e sgradevole. Vero, e me ne scuso con tutte e tutti. Era un modo sbrigativo (e che mi sembrava efficace) per dire che la cultura patriarcale e sessista è spesso rappresentata anche dalle donne e da un falso femminismo. “Ci sono donne che i maschilisti hanno educato benissimo” è la versione corretta. Anche di quello che penso.

Giulia Siviero

Per ogni donna che lavora ci vorrebbe una moglie. Sono femminista e lavoro al Post. Su Twitter sono @glsiviero.