Perché l’HomePod mini è un ottimo smart speaker

Alcuni mesi fa ho comprato in Spagna un prodotto Apple che allora non era commercializzato in Italia: l’HomePod mini. Si tratta di uno smart speaker con varie funzioni interessanti dal costo medio-alto (99 euro, come adesso in Italia) che ho apprezzato prima come strumento per la riproduzione della musica, poi come smart speaker al quale “dare gli ordini” per la casa e altre attività (come vedremo tra un attimo) e infine come soundbar per la Apple Tv attaccata al mio televisore.

L’HomePod mini ha una resa sonora sorprendente per un oggetto così piccolo. Non mi interessa entrare nei dettagli tecnologici di come funziona e perché rende così bene, ma semplicemente dire che anche a un orecchio musicalmente “medio” come il mio la differenza rispetto ad altri tipi di sorgenti audio, dalle soundbar per televisori agli speaker bluetooth da collegare a sorgenti digitali con o senza fili, è notevole. Poi si può anche discutere se la musica registrata abbia senso e non sia “come andare a letto con la foto di Brigitte Bardot”, ma nel caso è più un avatar in 3D che non una Polaroid.

L'HomePod mini di Apple (foto Antonio Dini)

I Dioscuri
Adesso che HomePod mini è arrivato in Italia ne ho un altro che ho appaiato al primo e utilizzo per qualche giorno come “stereo pair”: i due speaker (che ho chiamato “Dioscuri” e singolarmente Castore e Polluce: i miei figli lo trovano divertente ed è una scusa per parlare di mitologia greca) funzionano sia da soundbar del televisore grazie alla Apple Tv che da smart speaker. Inoltre, Apple ha finalmente localizzato Siri in italiano per una serie di funzioni aggiuntive che adesso possono essere attivate direttamente a voce dallo speaker. Il secondo HomePod mini mi è stato dato in prestito per la recensione e tornerà dal legittimo proprietario a breve, ma mi serviva per provare anche la resa dei due speaker appaiati e il soak test è andato più che bene.

Dopo qualche giorno di prova voglio sottolineare soprattutto tre cose.

L’audio
La prima è che gli HomePod mini mi piacciono molto sia per resa sonora che come oggetti. Sono fatti bene, stanno in qualsiasi stanza senza sembrare degli ufo (anche nel mio soggiorno Made in Ikea), hanno un suono potente ma rendono molto bene anche a volumi bassi, con una presenza sorprendente per le loro piccole dimensioni e bassi molto profondi (è possibile limitarli) e soprattutto una gamma dinamica ricca e piena di colore. Almeno, nelle mie impressioni di ascolto. Ho provato e ascoltato un certo numero di altri apparecchi smart e tendo a sentire sempre gli stessi album anche su supporto fisico (in CD) da impianti differenti incluso lo stereo di casa mia che è stato assemblato alla fine degli anni Ottanta proprio per suonare bene con i CD (e lo fa, entro un limite accettabile di qualità). Diciamo che ho fatto un soak test strutturato. Gli HomePod mini da questa prospettiva suonano alla grande, per dirla brevemente.

Facile
La seconda è che sono estremamente facili da usare: c’è solo un cavo da attaccare alla presa elettrica con il trasformatore in dotazione (Usb-C) e poi occorre un iPhone o un iPad per configurarli, più o meno come si fa con l’Apple Watch. Il tempo di configurazione è di pochi secondi, soprattutto se avete già attivato la funzione di “casa” di Apple. Quando configurate il secondo il sistema si accorge che ce n’è già uno e vi chiede se volete appaiarli, che poi era lo scopo dell’esperimento. Anche questa fase, che vi garantisco su speaker wireless di altre marche è una procedura a dir poco turbolenta, si fa in dieci secondi senza problema. Dopodiché il paio si pilota a voce, dalla Apple Tv se li avete agganciati a quest’ultima per l’audio, oppure dall’iPhone o iPad e volendo anche dal Mac (dal Pc non lo so perché non ne ho). Potete usare l’italiano per tutto ma non è stata ancora fatta l’ultima parte di localizzazione, che consente di esporre alla propria firma vocale i dati sensibili: non potete farvi leggere la posta perché Siri non riesce a capire quale membro della famiglia siete (in italiano, perlomeno). Tuttavia, quando Apple finirà la localizzazione, si potrà. Tutto il resto viene già fatto.

L'HomePod mini di Apple (foto Antonio Dini)

 

 

 

 

 

 


Privacy
La terza cosa è la privacy. Detto in altre parole: mi fido di quello che la Apple di Tim Cook va ripetendo da anni ormai. L’azienda ritiene che il rispetto della privacy degli utenti sia un diritto che deve essere tutelato. È un argomento difficile e divisivo, per questo non critico chi la pensa diversamente e sono convinto che ci possono essere preferenze diverse. L’approccio pro-privacy di Apple ha limiti di funzionalità rispetto ad altri ma, come detto, lo preferisco (sono uscito tempo fa da Facebook, per intendersi). Gli HomePod mini vanno in questa direzione: ascoltano solo per ottenere l’input vocale di Hey Siri e non “riconoscono” o cercano di monetizzare altre parole captate in conversazioni scollegate come accade con altri smart speaker se non gli si dice esplicitamente di no, e anche in quel caso chissà: vedi qui o qui o qui o qui o soprattutto qui ma ce ne sono a centinaia. Invece, ritengo convincente quello che Apple sostiene e volendo è possibile anche disabilitare il riconoscimento vocale di Siri e attivarlo solo in modo “fisico” toccando la sommità dell’apparecchio.

L’integrazione
HomePod mini si integra molto bene con l’ecosistema Apple: serve un iPhone o un iPad, funziona meglio con Musica ma ci sono molti altri servizi disponibili per i comandi di Siri da un anno a questa parte. Con l’eccezione però di Spotify, che ha scelto di non integrare le sue funzioni con le API di Apple e quindi si può usare l’HomePod mini solo come speaker bluetooth dal telefono o dal computer.

Non ho delle buone cuffie sovrauricolari (non ho mai neanche provato le AirPods Max di Apple, per esempio), e utilizzare le AirPods Pro dopo un po’ stanca l’orecchio: funzionano bene per le telefonate, per un po’ di musica, anche per guardare un telefilm su Apple Tv ma non molto di più. Per le video call preferisco usare gli speaker dell’iPad, per esempio, che sono ottimi e non danno problemi di ritorno con i microfoni. Molte di queste funzioni quando sono in casa da un po’ di tempo in qua le ho coperte con l’HomePod mini. La resa come soundbar sia singola che stereo per l’Apple Tv è notevole, il suono migliora di dieci volte rispetto alle casse integrate del televisore ma non toglie il sonno ai vicini (come fanno i bassi della soundbar del mio vicino del piano di sotto). Per la musica basta avvicinare l’iPhone e la canzone che si ascolta viene “sparata” con una vibrazione sull’HomePod mini. Se invece è quest’ultimo in riproduzione, avvicinando il telefono questo si “prende” la canzone e permette di ascoltarla ad esempio uscendo di casa.

L’HomePod mini può essere usato anche come strumento vivavoce per telefonate e videochiamate, con una qualità notevole anche in questo caso e l’attivazione pressoché instantanea perché compare sempre come speaker wifi nell’ecosistema Apple. Inoltre, è un assistente smart che è complementare all’uso che faccio del computer, del telefono e del tablet. Per esempio permette di attivare la funzione Dov’è per localizzare i propri oggetti smart, oppure mandare messaggi da una stanza all’altra o da fuori casa (ma io abito in un appartamento troppo piccolo per tenere due smart speaker separati: uno nell’angolo cottura e uno sotto il televisore e accanto al letto), o comandare tutta la parte di smarthome con le varie scene configurabili possibili grazie a HomeKit.

L'HomePod mini di Apple (foto Antonio Dini)

In conclusione
Il prezzo (99 euro) e la fortissima integrazione con l’ecosistema Apple lo rendono un prodotto particolare. Non so se sarà in grado di conquistare quella parte di pubblico che non utilizza altri apparecchi di Apple o ne fa un uso solo marginale. Per chi invece è abbonato a Musica (adesso esiste anche un abbonamento più economico per sole playlist a comando vocale che con l’HomePod mini hanno molto senso) o comunque usa apparecchi Apple è un’aggiunta speciale. Se poi avete una Apple Tv ma usate solo le casse del televisore, è un acquisto da tenere assolutamente in considerazione.

Antonio Dini

Giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. Scrive di tecnologia e ama volare, se deve anche in economica. Ha un blog dal 2002: Il Posto di Antonio