Il primo racconto in cui apparve Winnie the Pooh, 100 anni fa
Era la vigilia di Natale e uno scrittore inglese raccontò una storia ispirata al peluche di suo figlio: fu l’inizio di un marchio milionario

La vigilia di Natale del 1925, 100 anni fa, il quotidiano londinese Evening News pubblicò un racconto per bambini che aveva commissionato allo scrittore inglese Alan Alexander Milne. In una piccola introduzione Milne descriveva suo figlio, il cinquenne Christopher Robin, mentre scendeva per le scale trascinando per mano un grande orsacchiotto di pezza e chiedeva al padre di raccontare una storia. La storia iniziava così: «C’era una volta, tanto tempo fa, più o meno venerdì scorso, Winnie-the-Pooh».
Dall’accoglienza positiva di quel racconto della vigilia di Natale del 1925 è nato uno dei personaggi letterari per bambini più famosi e longevi della storia: lo sbadato e tenero orsacchiotto Winnie the Pooh, che oggi compie 100 anni.
Il racconto presenta il personaggio di Winnie the Pooh e ne descrive uno dei tratti più distintivi, cioè l’essere ghiotto di miele: l’orsetto prende in prestito un palloncino dell’amico umano Christopher Robin, che diventerà uno dei personaggi principali delle avventure di Winnie the Pooh, e lo usa per farsi trasportare verso un alveare, in alto su un albero. La storia finisce con Christopher Robin che spara al palloncino, che si sgonfia lentamente facendo scendere a terra Winnie the Pooh.
Nel racconto viene data una spiegazione dell’origine della seconda parte del nome dell’orsacchiotto, “Pooh”: a quanto pare le braccia di Winnie the Pooh erano così rigide dopo aver tenuto il filo del palloncino per raggiungere il miele che, scrive Milne, «rimasero dritte in alto per più di una settimana, e ogni volta che una mosca arrivava e si posava sul suo naso, lui doveva soffiarla via. E credo – ma non ne sono sicuro – che sia per questo che lo chiamavano sempre Pooh».
L’origine della prima parte del nome, “Winnie”, è sempre collegata al figlio di Milne. Inizialmente Christopher Robin aveva chiamato il suo orso di pezza Edward ma poi aveva deciso di ribattezzarlo col diminutivo “Winnie” dopo una visita allo zoo di Londra, dove aveva visto un cucciolo di orso bruno di nome Winnipeg, dalla città del Canada da cui era stato trasferito.

Christopher Robin Milne e il suo orsacchiotto, 1925 circa (Getty Images)
All’epoca della pubblicazione del racconto nel 1925 Milne era già uno scrittore affermato e un collaboratore assiduo della rivista satirica inglese Punch. Meno di un anno dopo il racconto su Evening News, a ottobre del 1926, uscì la raccolta Winnie-the-Pooh (edito in italiano da Salani con il titolo Winnie Puh), in cui viene ripreso il racconto della vigilia di Natale del 1925 e vengono introdotti nuovi personaggi: il piccolo maialino Pimpi, l’asino Ih-Oh, mamma Cangu con suo figlio Ro, il gufo Uffa e il coniglio Tappo.
Anche per loro Milne aveva preso ispirazione sempre dai peluche del figlio, che oggi sono conservati ed esposti nella New York Public Library, negli Stati Uniti.
Anche per l’ambientazione, nel Bosco dei Cento Acri, Milne si era ispirato a un luogo reale e a lui familiare: il Bosco dei Cinquecento Acri, nella foresta di Ashdown nell’East Sussex, una cinquantina di chilometri a sud di Londra e dove i Milne avevano una casa di campagna.
Le illustrazioni del racconto di Natale del 1925 erano state realizzate da James Henry Dowd, ma l’artista che poi si occupò più a lungo dell’immagine di Winnie the Pooh e degli altri personaggi fu Ernest Howard Shepard. Nel 2023 si è parlato di lui per un suo sketch inedito che è stato ritrovato e messo all’asta.

Una rara prima edizione americana di un libro di Winnie the Pooh autografata dall’autore Alan Alexander Milne e dall’illustratore Ernest Howard Shepard insieme ai personaggi di Pooh di un gioco degli anni Trenta (Peter Macdiarmid/Getty Images)
Al libro Winnie-the-Pooh seguirono la raccolta di poesie Winnie the Pooh. Ora abbiamo sei anni (1927), e la raccolta di racconti La strada di Puh (1928), in cui viene presentato il personaggio dell’iperattivo Tigro.
A quel punto nel Regno Unito le storie di Winnie the Pooh erano già diventate una saga per bambini molto famosa – Winnie-the-Pooh era uscito a ottobre del 1926 e aveva venduto 15o mila copie prima della fine dell’anno – e Stephen Slesinger, un produttore televisivo ed editore di fumetti, propose a Milne un contratto per l’acquisto dei diritti per la commercializzazione televisiva e per il merchandising dei personaggi. La cessione dei diritti da parte di Milne fu una delle prime regolamentate da contratti di questo tipo nel settore dell’intrattenimento.
Il business intorno al personaggio di Winnie the Pooh crebbe moltissimo ma l’orso divenne un personaggio conosciuto a livello internazionale quando arrivò Disney. Dal 1960 era già una delle più grandi aziende statunitensi dell’intrattenimento, specialmente quello per bambini, e acquistò progressivamente sempre più diritti di Winnie the Pooh, finendo anche in una lunga causa con gli eredi di Slesinger, conclusasi solo nel 2009.
– Leggi anche: I diritti d’autore milionari di Winnie the Pooh

Le avventure di Winnie the Pooh, 1977 (Getty Images)
Nel tempo Winnie the Pooh, oltre a essere uno dei personaggi più noti della letteratura per bambini, è diventato anche uno dei franchise mediatici più profittevoli della storia. Disney iniziò a realizzare molti film d’animazione, cortometraggi e serie animate su Winnie the Pooh, come Le avventure di Winnie the Pooh (1977), Le nuove avventure di Winnie the Pooh (1988-1991), Pimpi, piccolo grande eroe (2003) e Winnie the Pooh e gli Efelanti (2005).
Nella versione originale, in inglese, Winnie the Pooh è doppiato da Jim Cummings. In quella in italiano da Marco Bresciani, che tra gli altri personaggi Disney ha doppiato anche il pappagallo Iago di Aladdin.
Così come per molti altri personaggi Disney, col tempo Winnie the Pooh e gli altri personaggi dell’universo del Bosco dei Cento Acri si sono progressivamente distaccati dalla loro resa illustrativa originaria – quella che viene in mente alla maggior parte delle persone quando pensano a Winnie the Pooh –, passando dall’illustrazione analogica tradizionale a immagini realizzate con tecniche digitali come il CGI (il computer-generated imagery, le immagini generate al computer): Disney ha prodotto serie animate come I miei amici Tigro e Pooh (2007) e contenuti educativi e interattivi come il recente Gioca con Winnie the Pooh (2023).
L’aspetto dell’orso e degli altri personaggi è cambiato fino ad arrivare a rappresentazioni molto diverse dai disegni originali dell’illustratore Shepard, con effetti speciali in produzioni cinematografiche: nel 2017 e 2018 sono usciti Vi presento Christopher Robin e Ritorno al Bosco dei 100 Acri, due film in cui A.A. Milne e Christopher Robin sono interpretati da Domhnall Gleeson e Ewan McGregor, e Winnie the Pooh e gli altri personaggi sono molto simili a dei veri pupazzi di pezza.
Come per ogni prodotto letterario Winnie the Pooh è protetto dal diritto d’autore, che nel Regno Unito tutela l’opera per 70 anni dopo la morte dell’autore. Poiché Milne è morto nel 1956, le storie originali di Winnie the Pooh saranno di pubblico dominio nel Regno Unito il 1° gennaio 2027. I diritti delle illustrazioni di E.H. Shepard invece scadranno nel 2047, poiché l’autore è morto nel 1976.
Le regole del copyright però sono diverse negli Stati Uniti, dove i diritti sono scaduti 95 anni dopo il primo libro (1926) e Winnie the Pooh è nel pubblico dominio dal 2022: da quel momento alcuni personaggi di Milne sono stati usati per tre film della saga horror Winnie-the-Pooh: Sangue e miele.
Nel tempo Winnie the Pooh è entrato nella cultura popolare anche in contesti lontani dalla letteratura e dal mondo dell’animazione: essendo “nato” in Inghilterra e coetaneo di Elisabetta II, nel 2016 Disney ha pubblicato un libro per celebrare entrambi i compleanni (in questo caso l’anniversario di Winnie the Pooh è stato fatto cadere prendendo come riferimento la pubblicazione del suo primo libro nel 1926).
Winnie the Pooh è poi collegato a un altro rilevante fatto politico. Infatti dal 2017 in Cina è impossibile pubblicare immagini e riferimenti all’orsacchiotto: il governo cinese non ha mai dato spiegazioni ufficiali, ma si sospetta che la censura sia legata all’uso dell’immagine di Winnie the Pooh come strumento satirico per deridere il presidente Xi Jinping, che si basa su una presunta somiglianza tra i due.
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