Il censimento degli autovelox non ha risolto il problema degli autovelox
Ma in compenso si è scoperto che in Italia ce ne sono molti meno di quanto si pensasse, e di quanto diceva Salvini

Il ministero dei Trasporti ha pubblicato i dati relativi al censimento di tutti gli autovelox attivi nei comuni italiani. L’obiettivo della ricognizione era garantire più trasparenza sulla quantità e sulla posizione degli impianti, oltre che risolvere un problema burocratico e giuridico relativo alla cosiddetta “omologazione” dei dispositivi. Questi dati, tuttavia, non fanno nulla di tutto ciò: non danno riferimenti precisi sulla posizione e sulle caratteristiche degli autovelox, e soprattutto non risolvono il problema dell’omologazione, come invece era stato assicurato dal ministero nei mesi scorsi.
I dati sono stati messi a disposizione su questa pagina. Il database è stato compilato negli ultimi due mesi dai comuni, che hanno dichiarato marca, modello, tipo di impianto, matricola e altre informazioni. Alcune indicazioni sommarie sulla posizione degli autovelox fissi sono state inserite nelle note, ma in modo confuso e insieme ad altri dati, quindi è molto complicato risalire a dove si trovino effettivamente.
Un po’ di cose però si possono dire, sulla base di questi nuovi dati: innanzitutto che in totale in Italia sono attivi 3.625 autovelox tra fissi, mobili, sistemi tutor (come quelli per misurare la velocità media tra due varchi in autostrada) e telecamere posizionate agli incroci e sui semafori (come il T-Red, che multa chi passa col rosso). È un dato eclatante, perché sono molti meno di quanti ne erano stati stimati negli ultimi anni: nel 2021 l’azienda francese Coyote Group, che produce sistemi di assistenza alla guida, aveva detto che in Italia erano attivi 14.297 autovelox, altre stime parlavano di 11mila. Lo stesso ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che da anni critica i comuni che fanno molte multe grazie agli autovelox, aveva parlato più volte di 11mila dispositivi.
Il censimento poi non ha risolto la grossa questione intorno alla differenza tra “omologazione” e “approvazione” di un autovelox. Le due parole si riferiscono a due procedure un po’ diverse usate per autorizzare un autovelox prima che venga messo in funzione: per molto tempo “omologazione” e “approvazione” sono state considerate equivalenti, ma nel 2022 la Cassazione annullò una multa ritenendo che quando il codice della strada parla di «approvazione od omologazione», quella congiunzione “od” implichi una distinzione tra le due procedure, entrambe necessarie per poter ritenere un autovelox regolare.
Da allora molte sentenze della Cassazione hanno stabilito che le multe fatte dagli autovelox sono valide solo se gli impianti sono “omologati” alla legge, e si è scoperto che nessuno lo è formalmente. Per renderli omologati, bisognerebbe fare alcune prove che dimostrino che hanno certe caratteristiche.
In teoria l’omologazione è una procedura di competenza del ministero delle Imprese e del Made in Italy, che prevede che l’autovelox venga testato in laboratorio per accertare la presenza di alcune caratteristiche fondamentali previste dal regolamento d’attuazione del codice della strada. La procedura di autorizzazione – stando all’interpretazione della giurisprudenza più diffusa – riguarda invece la verifica di elementi che non sono esplicitamente indicati nel regolamento.
Mentre l’approvazione è sicuramente di competenza del ministero dei Trasporti, non è mai stato chiarito chi debba fare la procedura di omologazione. Non è chiaro se con questo censimento il ministero dei Trasporti puntasse a dimostrare che omologazione e approvazione sono equivalenti, ma di fatto alla fine della raccolta dei dati il problema è ancora lì, perché la questione è più burocratica che tecnica. Chi nei comuni si è occupato di fornire i dati al ministero ha spiegato che il censimento chiedeva solo di descrivere i dispositivi usati.
– Leggi anche: Questa storia degli autovelox “illegali” va avanti da anni
Carlo Rapicavoli, direttore dell’associazione nazionale comuni italiani (ANCI) in Veneto, ha detto al Corriere del Veneto che per risolvere la questione servirebbe una legge: «Pochi giorni fa il Ministero ha emanato una circolare che, parlando di un ricorso specifico, chiariva ancora, dal suo punto di vista, la sovrapposizione tra autorizzazione ed omologazione, ma se non si cambia la legge scrivendo che le due parole sono sovrapponibili, i ricorsi continueranno».
Lo scorso marzo il ministero dei Trasporti aveva proposto e poi ritirato un decreto che tra le altre cose avrebbe considerato formalmente omologati tutti gli autovelox approvati dall’agosto 2017 in poi, senza ulteriori esami. Era una norma che avrebbe permesso di smettere di usare i dispositivi più vecchi e salvare dai ricorsi quelli nuovi. Dopo alcuni confronti con i comuni, il ministero ha deciso però di ritirarlo in attesa del censimento appena concluso.



