La peggior serie tv di sempre?

“All's Fair” è creata da Ryan Murphy e ha attrici molto apprezzate, ma si sta facendo notare soprattutto per le recensioni spietatissime

Una scena di All's Fair
Una scena di All's Fair
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Pochi giorni fa sono uscite su Disney+ le prime tre puntate di All’s Fair, la nuova serie tv del regista e sceneggiatore Ryan Murphy. La serie era attesa perché Murphy è molto molto prolifico e noto per serie di successo come Glee e American Horror Story. Anche se la protagonista è Kim Kardashian, che non è un’attrice ed è in generale un personaggio simbolo della tv trash americana, nel cast ci sono attrici molto apprezzate come Glenn Close e Naomi Watts.

Ciò nonostante le recensioni uscite finora sulla stampa anglofona l’hanno demolita con una spietatezza senza precedenti. C’è chi ha scritto che potrebbe essere la peggior serie mai fatta e chi l’ha definita un «crimine contro la televisione».

In All’s Fair Kardashian, Watts e Niecy Nash interpretano tre avvocate divorziste che decidono di aprire un loro studio legale lasciando quello per cui lavorano, dove i soci sono quasi tutti maschi. La serie si apre con il momento in cui Kardashian e Watts decidono di andarsene e lo comunicano alla loro mentore, interpretata da Glenn Close, che dà loro la sua approvazione. L’episodio poi fa un salto temporale di dieci anni, mostrando come è cambiata la vita delle tre da quando il loro studio legale è diventato uno dei più importanti della California.

Kardashian aveva già lavorato con Murphy in American Horror Story, in un ruolo scritto per lei. Quando Murphy le propose l’idea di All’s Fair, si trovava a cena con lei e sua madre, Kris Jenner, milionaria: entrambe accettarono di diventare produttrici esecutive e la loro presenza si nota. La serie infatti è stata molto promossa sui social, dove la famiglia Kardashian ha un enorme seguito, e in collaborazione con il reality Al passo con i Kardashian, sempre distribuito da Disney+: tutto dando grande risalto al lusso in cui vivono le sue protagoniste e a un’estetica in generale molto kitsch.

La critica televisiva del Guardian, Lucy Mangan, ha dato zero stelle alla serie: cosa che, come lo stesso Guardian ha fatto notare, era successa solo altre 18 volte nella storia del giornale. Mangan è stata molto dura nella sua recensione: ha scritto che  non può immaginare quali informazioni compromettenti possedesse Kardashian su Close perché la seconda si convincesse a partecipare a questa «terribile impresa». Ha poi scritto che Kardashian è «inespressiva come ci si potrebbe aspettare, ma almeno è innocua e inutile».

Uno degli aspetti più criticati di All’s Fair è la rappresentazione delle figure femminili: molti hanno sottolineato come la serie faccia leva su un’idea di empowerment ormai datata, legata al mito della “girlboss” – la donna in carriera che si è fatta da sola -, un modello narrativo molto in voga dieci anni fa ma oggi percepito come stereotipato e poco in linea con la sensibilità contemporanea.

L’Independent ha messo in luce proprio questo aspetto, evidenziando come le protagoniste alternino battute come «ci stiamo lasciando il patriarcato alle spalle» o «il lavoro è il mio modo di rilassarmi» mentre sfilano in corridoi lucenti o salgono su jet privati. Le protagoniste di All’s Fair parlano come se fossero uscite da un manuale motivazionale d’altri tempi, citando slogan banali e ostentando la loro ricchezza. Anche il New York Times lo ha sottolineato piuttosto chiaramente e ha parlato di All’s Fair come di «un dramma legale avvolto in una versione kitsch e leggermente antiquata del femminismo».

Ben Dowell, che sul giornale inglese Times ha dato a sua volta zero stelline, l’ha definita di «cattivo gusto e rivoltante» e ha criticato il modo in cui tutte recitano, soprattutto Kardashian. Molte critiche sono state fatte anche alla sceneggiatura, soprattutto per i dialoghi molto ingenui. USA Today oltre ad aver titolato la sua recensione «All’s Fair è la peggiore serie dell’anno» ha scritto che «i copioni sono peggiori di quelli che ChatGPT sfornava due anni fa e la recitazione è peggiore di quella di una recita natalizia locale».

Sempre sul Guardian il critico Stuart Heritage ha scritto che prima di vedere All’s Fair aveva pensato che la critica fosse stata un po’ condizionata dai pregiudizi verso Kardashian o dalla volontà di stroncare le grandi aspettative create da Murphy, ma che dopo averla vista si è trovato d’accordo su tutto. «Tutto in All’s Fair, sia a livello micro che macro, è terribile», ha scritto.

Il pubblico è stato meno severo. Sull’aggregatore Rotten Tomatoes per esempio il pubblico ha fatto più del 60 per cento di recensioni positive, mentre dalla critica è arrivata solo una recensione positiva su 18: quella del sito Decider. Chi la difende sostiene che lo stile massimalista sia la cifra di tutti i lavori di Ryan Murphy e che chi non lo apprezza semplicemente non dovrebbe guardare le sue serie.

Il budget della serie non è stato divulgato ma tutto, dalla campagna promozionale al cast, fa pensare che sia stato di svariate decine di milioni di dollari. Oltre alle attrici già citate, nella serie compaiono molti altri nomi famosi, come Sarah Paulson, Teyana Taylor, Grace Gummer e James Remar.

Dopo giorni di critiche l‘Hollywood Reporter ha intervistato Anthony Hemingway, che è uno dei registi della serie e un altro dei produttori esecutivi, chiedendogli un commento sulle recensioni negative. La risposta di Hemingway è stata abbastanza evasiva, e ha detto che spera che con il procedere delle puntate i critici possano ricredersi.