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  • Mercoledì 5 novembre 2025

700 pagine di canzoni

È uscito in libreria "Playlist", il libro di racconti, informazioni, commenti e consigli di Luca Sofri, che vi farà passare un Natale di bella musica e dibattiti in famiglia

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È uscito in libreria il nuovo libro di Altrecose, il progetto del Post assieme all’editore Iperborea per portare nei libri il lavoro di informazione e divulgazione del Post. Playlist è un ulteriore esperimento, perché è la prima pubblicazione di un autore italiano, dopo sette libri ottenuti dall’editoria internazionale e tradotti in italiano da Altrecose. E con l’abituale prudente curiosità che il Post ha con gli esperimenti, abbiamo cominciato sul sicuro: l’autore di Playlist è Luca Sofri, direttore editoriale del Post e in questo caso titolare della newsletter quotidiana Le canzoni (all’interno della quale si era sviluppato qualche giorno fa un gioco di individuazione dei 45 giri che illustrano la copertina del libro: la loro playlist completa ora è qui). Il libro è una guida/antologia di canzoni – ce ne sono 3485 – raccontate e commentate brevemente, con l’intento di suggerire ascolti ma anche di dare informazioni e creare una lettura piacevole: un libro che si può leggere con Spotify a portata di mano (e un negozio di dischi di fiducia non lontano), ma anche solo per scoprire storie e interpretazioni nuove intorno alla musica. E che, come si dice in questi periodi, è un’ottima idea per un regalo – più di 700 pagine, la quantità non manca – e per quelle conversazioni da giorni di feste («troppo Springsteen!», «manca Carmen Consoli!»).

Una prima edizione di Playlist uscì nel 2006 per l’editore Rizzoli, con una ristampa arricchita nel 2008. Quella pubblicata oggi da Altrecose è un aggiornamento con un completamento robusto, centinaia di canzoni in più e una lunga introduzione rivista e adeguata a quello che è successo nel frattempo. Queste sono le pagine che spiegano approcci e criteri del libro.

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Le playlist sono diventate ancora di più il sistema prevalente di ascolto della musica, ma lo sono diventate in un modo soprattutto preconfezionato, come nelle vecchie compilation, assai distante da quello inteso dal titolo di questo libro. Libro che ha opposte intenzioni, sovversive e spericolate: ovvero di essere uno strumento per chi voglia ascoltarle e goderle, le canzoni, e poi scegliersele, oltre che di essere una piacevole lettura. In una cosa è in effetti adeguato alle abitudini contemporanee, invece: lo si legge come scrollando una timeline, storia dopo storia, o anche saltando di link in link, o aprendo delle pagine a caso. Magari un giorno potremo control-cliccare su qualsiasi titolo su Spotify e ottenere ogni informazione su quella determinata canzone: e magari saranno anche troppe informazioni, e ne vorremo meno.

È un libro che serve anche a questo, come il lavoro di ogni deejay: a proporre delle scelte. Oltre che a raccontare la musica di cui è fatta la vita non attraverso cronologie, epopee, genealogie, storie del rock ed enciclopedie di artisti, ma raccontando la cosa vera: le canzoni. Che le canzoni siano oggi più che mai l’elemento centrale del nostro rapporto con la musica, con tutte le vicissitudini pratiche, è una dimostrazione ulteriore di quanto le nostre vite non ne possano fare a meno. Qualcuno, come Nick Hornby, o Linus, ha pensato in passato di raccontare una manciata di titoli attraverso la propria relazione con quelle canzoni, privilegiando il racconto. Altri testi anglosassoni si sono dedicati all’elencazione semplice di liste di titoli, suddivise secondo criteri vari. Qui abbiamo pensato di scegliere una via di mezzo, raccogliendo un numero cospicuo di belle canzoni – che è un piacere avere accanto a sé, nella vita – ma cercando di dare un senso alla scelta, raccontando qualche cosa di ognuna. In modo che – prima ancora di averle ascoltate, o dopo – non siano solo un titolo privo di relazione con la musica a cui corrisponde, una lettura galleggiante nel nulla. Come si sa, la storia della musica è ricca di leggende, contraddizioni, falsi miti e interpretazioni che si rincorrono: ho cercato di dare per certe solo le cose certe e di prendere con le molle le altre. E speriamo non ci siano ancora troppi errori, dopo quelli corretti col prezioso concorso di molti lettori e lettrici.

Quello che resta, anche se nella maggior parte dei casi non è scritto, è che ognuna delle canzoni citate, in modo grande o piccolo, è ritenuta dall’autore una bella canzone.
La scelta è quindi una scelta molto personale, com’è ovvio. C’è quella famosa battuta di Frank Zappa: «Scrivere di musica è come ballare di architettura». Per quanto si diano da fare storici e critici, la musica fa leva in gran parte su sensazioni ed emozioni istintive, legate ad associazioni personali e biografiche, a umori di un momento, a ricordi e sensibilità. Al tempo stesso, queste associazioni e sensibilità sono comuni a molti umani, e ciò che piace a uno può piacere a molti altri. Quando ci si impegna a selezionare il talento altrui – che è il lavoro che fanno i galleristi, i deejay, i librai, eccetera – è essenziale una personalizzazione forte della scelta e una qualche fiducia e condivisione tra chi sceglie e chi riceve la scelta. In questo libro ci sono quasi quattromila canzoni. Il criterio che vorrebbe riunirle tutte quante è che siano delle belle canzoni per chi ha fatto la scelta, e che possano rendere felici altre persone: senza nessuna puzza sotto il naso, e sapendo appunto che a volte una bella canzone arriva da dove meno te l’aspetti.

Ho quindi diviso le canzoni in playlist – nastroni contemporanei, mescolabili a piacere – corrispondenti agli artisti che le eseguono. Due canzoni di Guccini continuano comunque ad avere molto in comune. Ma la scelta degli artisti da includere è stata difficile: qui esistono per le belle canzoni che hanno fatto, piuttosto che per qualsiasi valore storico della loro opera complessiva. Ho deciso alcune regole del gioco, e che per avere dignità di playlist una lista di canzoni dovesse contarne al minimo – al minimo – sei. Esecutori di capolavori isolati sono stati stralciati, salvo citare i capolavori isolati in playlist apposite. E per fedeltà all’idea dell’indipendenza delle grandi canzoni, ho preteso che le canzoni scelte provenissero da almeno tre raccolte diverse. Sei grandi canzoni da uno stesso disco e poi nient’altro di notevole non sono una playlist: sono un grande disco. Non c’è, per le stesse ragioni, una definizione di generi o epoche. Ci sono una manciata di cantanti di lingua non italiana o anglosassone, e un’altra di cantanti jazz, anche in questo caso strumento per segnalare alcuni dei più begli “standard” di sempre. Un’altra cosa che noterete è una prevalenza di nomi del passato su quelli di successo più recente: sarebbe vile negare che abbia a che fare anche con l’anagrafe dell’autore, ma giocoforza gli artisti dal curriculum più giovane hanno accumulato meno titoli e meno garanzie di eternità.

In molti casi le scelte sembreranno così poco convenzionali da apparire snob. Nella playlist dei Beatles non c’è “Yesterday”, e in quella di Dylan non c’è “Mr. Tambourine man”. Ma sono scelte del tutto sincere dettate o dal fatto che l’autore ritiene che i Beatles abbiano scritto almeno venti canzoni più belle di “Yesterday”, o che il suggerimento di ascoltare “Yesterday” sarebbe stato superfluo e una perdita di tempo.
Per i tanti conoscitori di Playlist com’era nel 2008: ho aggiunto molte cose, mantenendo gli stessi criteri. E privilegiando ancora i musicisti dal repertorio più consolidato: nel 2008 non c’erano ancora né Adele né Beyoncé, per dire.
E Billie Eilish aveva sei anni. Si sono meritate attenzioni, nel frattempo. Ho anche rimosso poche cose, che alla prova del tempo mi sono sembrate trascurabili. Ho mantenuto quasi del tutto i testi originali e anche qualche ingenuità di scrittura – ho vent’anni di più anch’io, come Billie Eilish – e mi sono limitato a correggere dei riferimenti inattuali e delle considerazioni che non condivido più.

“Osservatori di soffitti” è una definizione che sembra prodotta da un personaggio di Corrado Guzzanti, ma che invece fu una buona intuizione di Vasco Brondi in una conversazione che avemmo per un podcast del 2025. C’è un periodo fortunato, quando si è molto giovani, in cui si ascolta la musica e si ascoltano le canzoni. Nell’esperienza mia e anche di Vasco – lui tra gli ultimi – lo si faceva mettendo dei dischi o dei cd e sdraiandosi su un letto, su un divano, su un tappeto, ad ascoltare, senza fare nient’altro.
Adesso è sicuramente più raro, perché anche i più giovani e disoccupati tra di noi tendono comunque a scorrere il proprio smartphone ogni volta che hanno le mani libere, ma io credo che a quelle età possa succedere ancora, anche usando Spotify. Di concentrarsi sui suoni, sulle canzoni, sulle parole, farseli entrare dentro, guardare i soffitti.
Poi ci sono tante cose che mancano ancora, in questo libro, di quelle che sono successe in questi vent’anni e di quelle che ancora devo scoprire o apprezzare. È un libro che ognuno ne ha uno suo, nella sua testa, nella sua vita e nelle sue playlist. Alla fine, tutti noi volevamo solo fare il deejay.

© Luca Sofri, 2006, 2025
© 2025, Altrecose

Playlist si può comprare nelle librerie, nelle librerie online, e sul sito del Post (con spedizione gratuita).

Tag: musica