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  • Venerdì 31 ottobre 2025

Luciano Spalletti con parole sue

Frasi, metafore, e risposte date e dette negli anni dal nuovo allenatore della Juventus

Luciano Spalletti nel 2024 a Udine (Timothy Rogers/Getty Images)
Luciano Spalletti nel 2024 a Udine (Timothy Rogers/Getty Images)
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Oltre che per i loro risultati – e a volte perfino a prescindere dai risultati – certi allenatori sono famosi anche per le cose che dicono. È il caso di Julio Velasco o di allenatori di calcio come José Mourinho e Massimiliano Allegri, o ancora prima di Vujadin Boskov e Zdenek Zeman, Carlo Mazzone e Giovanni Trapattoni. A volte sono aforismi («rigore è quando arbitro fischia»), altre volte sono ponderate azioni mediatiche (è in genere il caso di Mourinho), altre ancora sono frasi più spontanee: non per forza profonde ed esemplari e talvolta pure parodiate, eppure efficaci nel farsi ricordare. Tra gli allenatori che si sono fatti notare anche per le cose che dicono c’è Luciano Spalletti, che da giovedì è il nuovo allenatore della Juventus.

Spalletti ha 66 anni ed è nato a Certaldo, vicino a Firenze. È stato un discreto centrocampista di serie C (lui si è definito «scarso» e «un po’ anarchico») e dagli anni Novanta un eccellente allenatore: ha iniziato all’Empoli, dove aveva giocato a fine carriera, e negli ultimi vent’anni ha allenato Roma, Zenit San Pietroburgo, Inter, Napoli, e infine l’Italia. Raramente ha allenato la squadra più forte di tutte, ma spesso le ha fatte giocare bene, ottenendo risultati superiori rispetto alle previsioni. Con il Napoli ha vinto il campionato di Serie A 33 anni dopo l’ultima volta, in Nazionale invece ha avuto un’esperienza piuttosto fallimentare.

Le squadre di Spalletti giocano di solito un calcio vivace, piacevole e moderno; mentre il suo approccio comunicativo è invece spesso piuttosto nostalgico, in certi casi retorico e alcune volte quasi reazionario. Il “personaggio” di Spalletti è quello di un allenatore che si pone anche come mentore, quasi come filosofo. A volte in modo eccentrico: «Spalletti è il dirimpettaio della follia», ha detto di lui il direttore sportivo Walter Sabatini. Sono tutti aspetti, a volte contraddittori, che emergono anzitutto da certe sue frasi, alcune delle quali sono diventate meme, qualcosa da ripetere e citare, imitandone la cadenza toscana e il modo tanto flemmatico quanto enfatico con cui le dice.

La più nota e ripresa è senza dubbio questa, detta una prima volta nel 2016 e poi in altre occasioni ripetuta o in parte ripresa:

«Uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli. Non c’è altra strada»

Spalletti lo disse nel settembre del 2016, quando era tornato allenatore della Roma dopo esserlo già stato tra il 2005 e il 2009. In qualche modo c’entra un dialogo del Giulio Cesare di William Shakespeare.

Tra le frasi di Spalletti c’è tutto un filone legato alla Toscana, alla campagna, a un gusto per le cose rurali. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport quando era allenatore dell’Inter, disse:

«Io non sono nato in Toscana, sono voluto nascere in Toscana. Infatti ho le gambe storte di chi fa solo sali e scendi e non può mai andare pari, su un terreno regolare. Guardi le mani. Anzi, no. Le tocchi proprio. Sono quelle di uno che ama stare nella campagna, potare le piante, dare da mangiare agli animali»

Nell’ottobre del 1997, dopo che aveva portato l’Empoli dalla serie C alla Serie A, intervistato per Repubblica da Gianni Mura disse che «la cosa più bella del mondo è il silenzio delle colline toscane» e aggiunse:

«Il mio babbo diceva che nella vita bisogna sapersi accontentare e io ho sempre pensato che più d’una bistecca al giorno non mangio e quindi me ne frego della mucca intera»

Sempre a Mura, Spalletti disse che allenava «come un fratello maggiore che sa di dover passare a sergente di ferro» e, anche: «Ho una squadra di quantità, di volontà, di corsa, con cui m’intendo perché mi somiglia. Mi regalassero un fantasista, di quelli che una volta ti fanno vincere e tre perdere, non lo vorrei».

Per tornare alle metafore agresti, nell’ottobre del 2016, per rispondere a una domanda sul difensore Juan Jesus e sulle pressioni che subiscono i calciatori che giocano nella Roma, Spalletti sbatté più volte la testa sul tavolo e si mise a parlare, in modo abbastanza enigmatico, delle galline del Cioni, suo vicino di casa a Certaldo, e della loro necessità di avere «mezzo chilo di granoturco al giorno».

Come per diversi altri allenatori, anche per Spalletti c’è tutta un’antologia di risposte seccate verso i giornalisti: in genere nelle domande fatte più “a caldo”, subito dopo la partita.

Mentre era allenatore della Nazionale disse, a proposito dei suoi studi da allenatore e di un modulo che riteneva di conoscere bene: «Ho fatto la tesi a Coverciano sul 5-3-2 dopo gliela faccio vedere». Quando era allo Zenit San Pietroburgo, in Russia, se la prese invece con l’arbitro, per interposta persona dell’intervistatore russo.

Arrivò durante una conferenza stampa anche la risposta “sul tacco e la punta” (e gli “equilibri”), che insieme con “uomini forti..” è tra le cose più citate quando si parla di Spalletti. Era l’inizio della stagione 2009-2010, che per lui finì molto presto visto che lasciò la Roma dopo sole due giornate di Serie A. Dopo aver perso 3-2 contro il Genoa e 3-1 in casa contro la Juventus, Spalletti fu molto critico verso i giocatori.

«Se non si ha sostanza si prende gol, è quello che ho sempre detto. È cinque anni che dico di equilibrio, di equilibrio, di equilibrio. Il tacco, la punta, il numero, il titolo, il gol. Gli equilibri, ci vogliono gli equilibri»

Altre volte ancora le risposte di Spalletti sono più semplicemente spiegazioni tattiche, sintesi del suo modo di intendere il calcio:

Se spesso sono metafore e aforismi, altre volte Spalletti risponde alle domande in modo più tortuoso (su Ultimo Uomo Emanuele Atturo ha parlato di “sintassi complessa”). Nel 2018 chiesero a Spalletti se riteneva di avere «la personalità del costruttore o del rifinitore» (una metafora calcistica tra chi crea gioco e chi invece fa gol) e lui rispose:

«Passo da una fase creativa alla consistenza e alla solidità dell’esecuzione. Il termine personalità viene dalle maschere che a teatro mettevano gli antichi romani. Ha personalità chi è capace di calarsi in più ruoli. La doppia faccia non è falsità, ma una qualità che ti fa assumere quella giusta nella situazione giusta. Se sono un fantasista devo essere spensierato, però poi se devo rincorrere ho bisogno di uno sguardo feroce»

È relativa al periodo in Nazionale (quando Spalletti introdusse sei “comandamenti” su come doveva giocare e comportarsi la squadra) la critica all’uso della PlayStation durante i ritiri:

«Se la modernità è giocare alla PlayStation fino alle 4 di mattina quando c’è la partita il giorno dopo, allora questa modernità non va bene. Viviamo in un mondo che poco incentiva il duro lavoro, il sudarsi le cose. I ragazzi di oggi preferiscono mettere una foto su Instagram con il capello fatto piuttosto che abbassare la testa e pedalare. Questi non sono i valori che la mia Italia deve trasmettere. Si viene in Nazionale con gli occhi che ridono e con il cuore che batte e ci si sta come un branco di lupi che vanno in fila indiana per spingere il compagno davanti e non lasciare nessuno indietro. Gli italiani chiedono una Nazionale cazzuta e responsabile, solida e spavalda. Si viene in Nazionale per vincere l’Europeo, non per vincere a Call of Duty».

Molte altre volte, invece, Spalletti ha avuto gran belle parole per i suoi calciatori. A proposito di Francesco Totti, con il quale ha avuto una storia complicata, disse che avvicinarlo all’area di rigore «era come mettere la volpe vicino al pollaio: trova sempre lo spazio per creare terrore». Di Mauro Icardi (col quale pure finì piuttosto male) disse che era «serpentesco» per i suoi movimenti in area di rigore. Di sé stesso da giocatore disse a Mura: «L’anarchia era che ogni tanto mi veniva di fare un numero, un’azione individuale per dimostrare qualcosa a me stesso più che agli altri. Quello che adesso non sopporto dai miei giocatori, ogni tanto lo facevo».

Di Manuel Locatelli, centrocampista che allenerà alla Juventus e che non convocò per gli Europei, parlò così: «Ha buon piede, qualità difensive eccezionali, ma forse è un po’ troppo conservativo per dove sta andando il ruolo». A proposito di Juventus – squadra nota per il motto “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” – sempre da allenatore della Nazionale, Spalletti parlò di quanto per lui fosse anzitutto importante giocare bene.