L’uomo che per anni è stato accusato di essere Unabomber vuole essere dimenticato

Elvo Zornitta si è sfogato dopo i risultati dell'ultima perizia che non ha trovato una corrispondenza tra il suo DNA e quello scoperto su alcuni reperti

lnvestigatori della Polizia scientifica sul luogo di un'esplosione avvenuta a Treviso per cui era sospettato Unabomber, 26 gennaio 2005 (STEFANO RACCAMARI/ANSA)
lnvestigatori della Polizia scientifica sul luogo di un'esplosione avvenuta a Treviso per cui era sospettato Unabomber, 26 gennaio 2005 (STEFANO RACCAMARI/ANSA)

Lunedì al tribunale di Trieste c’è stata un’udienza davanti alla giudice per le indagini preliminari (gip) Flavia Mangiante per discutere i risultati della perizia che la procura di Trieste aveva commissionato su alcuni reperti degli attentati attribuiti al cosiddetto “Unabomber italiano”, cioè la persona che tra il 1994 e il 2006 posizionò oltre 30 ordigni esplosivi in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Come emerso due settimane fa, la perizia non ha rilevato nessuna corrispondenza con il DNA delle undici persone indagate. Ora il pubblico ministero chiederà probabilmente l’archiviazione dell’indagine, che era stata aperta a gennaio del 2023.

Commentando l’udienza Elvo Zornitta, ingegnere di Azzano Decimo che per anni fu il principale sospettato degli attentati e che risulta ancora tra gli indagati in questa nuova indagine, ha detto all’agenzia ANSA: «Dimenticatemi. La mia vita è stata rovinata per sempre, con il marchio di Unabomber stampato in faccia. È stato un incubo lungo oltre 20 anni».

Il nome di Zornitta è stato a lungo associato alle indagini sull’Unabomber italiano: fu il principale indagato nella prima inchiesta e per anni sui media si parlò di lui. La prima indagine su Zornitta venne archiviata nel 2009, quando un agente di polizia, Ezio Zernar, venne accusato di aver manipolato le prove a suo carico per incastrarlo. Zernar fu poi condannato a due anni per falso ideologico e frode processuale. Di recente ha di nuovo negato di avere manomesso le prove.

All’ANSA Zornitta ha parlato delle sofferenze causate a lui e alla sua famiglia in questi mesi, dicendo che «anche in questa seconda inchiesta la parola umanità resta sconosciuta». Ha contestato la lunga attesa dei risultati della perizia, spiegando che:

«diciotto mesi possono sembrare un soffio per chi conduce una normale esistenza, ma per chi è stato nuovamente indagato come possibile Unabomber, dopo che un tribunale aveva definitivamente accertato la manomissione delle prove a mio carico, sono un’eternità, un tempo infinito, un periodo in cui ti trovi nuovamente sospeso sull’abisso, pur sapendo di non aver mai fatto nulla».

Zornitta, che ha 68 anni, ha chiesto di poter trascorrere in pace la sua vecchiaia, «guardando negli occhi, senza paura di essere giudicato, le persone che incontro».

Le indagini erano state riaperte dopo che nel novembre del 2022 era stato presentato un esposto da parte del giornalista Marco Maisano, autore del podcast Fantasma – Il caso Unabomber, e da due delle vittime delle bombe, Francesca Girardi e Greta Momesso. Maisano aveva spiegato che nella realizzazione del podcast era riuscito a entrare nel luogo dove sono conservati i reperti delle indagini a Trieste e di aver trovato vari elementi, tra cui capelli e peli, che all’epoca non erano stati sottoposti a esami genetici.

Tra le undici persone indagate nell’inchiesta ce ne sono 10 che erano già state indagate negli anni scorsi e le cui posizioni erano poi state archiviate, e una che invece finora non era mai stata indagata e che si sarebbe trovata sul luogo di uno degli attentati.

Dopo la riapertura delle indagini, la procura di Trieste aveva chiesto alla giudice delle indagini preliminari di poter effettuare un incidente probatorio su alcuni reperti tra gli oggetti sequestrati nell’ambito delle indagini degli anni precedenti.

L’incidente probatorio, che era stato poi effettuato nel marzo del 2023, è il procedimento con cui si anticipa e si acquisisce la formazione di una prova nel corso delle indagini preliminari: serve cioè a “cristallizzare”, come si dice in gergo, eventuali prove che potrebbero essere utilizzate nel corso di un processo. I risultati della perizia erano attesi a giugno del 2023, ma i consulenti avevano chiesto e ottenuto numerosi rinvii.

Dall’udienza di lunedì è emerso che alcuni reperti sono stati contaminati da due persone, che secondo l’ANSA sono probabilmente ufficiali della polizia giudiziaria. L’avvocato di Zornitta, Maurizio Paniz, ha chiesto che vengano resi noti i loro nomi. Durante l’udienza è stato detto anche che oltre agli 11 indagati altre 52 persone erano state coinvolte nell’indagine, senza accuse a loro carico.

– Leggi anche: La storia dell’Unabomber italiano, che non è mai stato scoperto