I teatri sono pieni di content creator
Nonostante per molti di loro sia poco remunerativo e molto impegnativo, ha un suo senso

Da qualche anno le programmazioni di vari teatri italiani si sono riempite di spettacoli di content creator: c’è chi porta in scena monologhi, chi fa spettacoli di cabaret, chi parla sul palco degli stessi argomenti di cui parla nei propri video online. Per i teatri è evidentemente un modo per attrarre spettatori giovani e che difficilmente avrebbero intercettato altrimenti.
Ma per i creator con grande seguito il vantaggio è meno immediato: non è infatti il modo più remunerativo per sfruttare la propria visibilità, e in generale preparare e portare in scena uno spettacolo può essere piuttosto impegnativo, sicuramente più che girare un breve video sponsorizzato.
Per esempio Camilla Boniardi, creator da 1,3 milioni di follower conosciuta su Instagram come Camihawke, ha raccontato in un’intervista che i ricavi che fa col suo spettacolo teatrale (iniziato nel 2023) non sono particolarmente cospicui e che la sua entrata maggiore deriva comunque dai contenuti sponsorizzati che fa su Instagram. La scelta del teatro non è legata quindi a motivi economici, ma all’esigenza di trovare un contenitore che possa ospitare contenuti lunghi e che le permetta di fare “community management”, ovvero rafforzare il rapporto con i suoi seguaci. «Il tour per me è come una grande pizzata di classe», ha detto.
Una delle prime creator italiane a portare la propria attività dal web al teatro è stata Valeria Angione (840mila follower su Instagram), che cominciò a pubblicare video su Facebook nel 2015 e, dopo anni di attività online, nel 2022 ha debuttato a teatro con il suo primo spettacolo. Dice che per lei il web è stato un modo per costruirsi un pubblico, ma che «fin da quando ho pubblicato il primo video su Facebook ho sperato che il punto di arrivo sarebbe stato il teatro».
Avere una grande visibilità sui social le ha permesso di trasformare quel desiderio in un lavoro, sostenuto da una base economica più stabile grazie alle collaborazioni pubblicitarie. Angione infatti conferma che lavorare a uno spettacolo teatrale è molto più impegnativo e meno remunerativo rispetto alla produzione di contenuti online. Significa fermarsi per mesi, spiega, dedicarsi alla scrittura, alla regia, alle prove, e poi fare il tour in giro per l’Italia. Inoltre, per i follower «è molto semplice sostenerti con un like o una condivisione», dice: «un’altra cosa è spendere 40 euro per un biglietto, organizzarsi e magari spostarsi da una città all’altra».
Molti dei creator italiani che hanno deciso di portare il proprio lavoro a teatro appartengono alla categoria dei creator “comedy”, cioè quelli i cui principali contenuti sono brevi video comici e di intrattenimento.
«Fare i video su TikTok e Instagram è divertente, ma dopo un po’ sembra fine a sé stesso», dice Paolo Sarmenghi, creator da 360mila follower conosciuto su Instagram come Turbopaolo, che ha cominciato a fare spettacoli dal vivo nel 2023. Dice che voleva dare una forma più strutturata e concreta al proprio lavoro, ma anche trovare nuove fonti di guadagno in un periodo in cui collaborare con le aziende era diventato più difficile.
Ora che ha concluso il suo terzo tour teatrale dice che il rapporto con il pubblico è diventato una parte importante del suo progetto. «Alla fine degli spettacoli organizzo spesso dei meet and greet (incontri dal vivo organizzati da celebrità di internet con i propri follower, ndr) con chi è venuto a vedermi», dice. Il teatro, spiega, rappresenta per lui anche un’occasione di libertà creativa: sul palco può affrontare argomenti e usare un linguaggio che online rischierebbero di essere penalizzati dagli algoritmi o rimossi dalle piattaforme. «A teatro posso dire cose che sui social mi verrebbero buttate giù».
Come spiega Andrea Girolami, autore della newsletter Scrolling Infinito ed esperto di creator economy, offrire un’esperienza dal vivo è un modo per distinguersi e accrescere il proprio valore commerciale, soprattutto in un contesto di crescente sovrabbondanza di contenuti digitali. Girolami spiega che per un creator la cosa più importante in questo momento è avere una “community”, che è una cosa diversa dall’avere un pubblico: il pubblico si limita a consumare contenuti, la community partecipa, interagisce, si riconosce in un senso di appartenenza condiviso. Per Girolami i creator che vogliono trasformare la propria attività in una professione sostenibile devono puntare prima di tutto su questo.
Fino a una decina di anni fa la “gavetta” per chi voleva fare teatro veniva fatta con spettacoli dal vivo nei locali piccoli (che ora sono sempre meno) e di provincia. L’ingresso dei creator in questo settore ha cambiato le cose perché i loro spettacoli vendono molto di più in città, mentre è capitato che spettacoli in teatri di provincia venissero cancellati perché non erano stati venduti abbastanza biglietti. Un’altra differenza rispetto alle tournée che si facevano un po’ di anni fa è la quantità di date: un tempo si poteva arrivare a 90, mentre oggi i tour dei creator vanno solitamente dalle 15 alle 25 date.
Ci sono creator, come Angione, che desideravano da tempo fare teatro e hanno avuto questa idea autonomamente. Ad altri invece è stato proposto. «Ho proposto a Edoardo Prati di incontrarmi e gli ho chiesto se avesse mai pensato di portare un suo spettacolo a teatro. Lui mi ha detto di no, ma che gli sarebbe piaciuto», dice Monica Savaresi, fondatrice di Produzioni Savà, un’agenzia che organizza e mette in scena spettacoli e produzioni teatrali.
Prati si occupa di classici e di letteratura in generale, e ha un pubblico «in gran parte over 40», racconta Savaresi. «Per questo è uno che probabilmente riuscirà a costruirsi un suo percorso nelle programmazioni teatrali tradizionali». In questo caso, secondo Savaresi, non è da escludere che possa essere scoperto dagli abbonati ai teatri che non lo hanno mai visto online e piacere anche a loro.
Lo stesso non vale però per la maggior parte degli altri creator. Savaresi ha seguito per esempio la produzione degli spettacoli degli stand-up comedian e creator Pierluca Mariti (Piuttosto_che, 330mila follower) e Giorgia Fumo (260mila). «Il loro pubblico è fortemente legato ai follower online – spiega Savaresi – e questo rende più difficile inserire i loro spettacoli all’interno delle tradizionali rassegne teatrali».
A volte, i produttori devono convincere i teatri a ospitare i creator. Racconta Savaresi che capita che alcuni gestori dei teatri, specialmente quelli che non sono aggiornati su ciò che avviene su internet, le chiedano: «Ma questo chi è?». «Questa difficoltà è dovuta al fatto che le comunità online sono ormai molto frammentate. Un creator può avere numeri molto alti su TikTok o Instagram ma rimanere uno sconosciuto per chi non rientra nella sua bolla o non segue quel tipo di comunicazione».
Prati rientra nella categoria dei “divulgatori”: persone esperte o appassionate di un tema che lo raccontano sui propri canali social. Anche loro stanno sfruttando sempre di più la possibilità di portare il proprio pubblico a teatro. Tra i casi più noti ci sono i divulgatori scientifici Barbascura X (860mila follower) e Vincenzo Schettini, autore della pagina La fisica che ci piace (3,2 milioni di follower). Anche la divulgatrice e psicologa Stefania Andreoli (quasi 550mila follower) ha da poco annunciato che comincerà una tournée nei teatri portando uno spettacolo che racconta la storia di una donna con un disturbo borderline di personalità.
Non è detto però che un creator che funziona molto bene su Instagram o TikTok riesca a farlo altrettanto efficacemente dal vivo. Helio Di Nardo, amministratore delegato di Show Reel Factory, dice che suggerisce ai creator che rappresenta di pensarci bene perché «il teatro espone l’artista in modo unico e richiede una capacità emotiva e performativa differente rispetto a quella che si matura sui social».
È però un’alternativa valida rispetto alla televisione che invece secondo Di Nardo impone «regole molto specifiche» e un «grande filtro all’entrata». Per Di Nardo la televisione tende a «risucchiare i creator digitali nella sua logica, spesso con risultati negativi, a causa degli autori televisivi che li conoscono poco». Il teatro, al contrario, è uno spazio più libero.



