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  • Mercoledì 1 ottobre 2025

Perché è iniziato un censimento di tutti gli autovelox in Italia

Per poter fare le multe, i comuni dovranno indicare la posizione e i dati di tutti i loro autovelox sul sito del ministero dei Trasporti

Un autovelox su una strada (ANSA/MICHELE GALVAN)
Un autovelox su una strada (ANSA/MICHELE GALVAN)
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Il 30 settembre il ministero dei Trasporti ha pubblicato sul proprio sito la piattaforma su cui entro i prossimi due mesi i comuni e la polizia stradale dovranno registrare tutti gli autovelox della propria zona di competenza, in una sorta di censimento. L’obiettivo è garantire maggiore trasparenza sulla quantità e posizione degli impianti: negli ultimi anni vari comuni erano stati accusati di nascondere gli autovelox per massimizzare la possibilità di fare multe, e quindi di incassare soldi.

Il censimento (deciso con un decreto ministeriale a luglio) prevede che entro il 30 novembre sulla piattaforma vengano inseriti tutti i dati relativi a ogni singolo dispositivo: posizione, marca, modello, tipo di impianto, matricola. Dovranno esserci anche gli estremi dell’approvazione del dispositivo da parte del ministero dei Trasporti o della cosiddetta “omologazione”, che è una questione centrale in questo censimento: alcune sentenze della Cassazione infatti hanno stabilito che le multe fatte dagli autovelox sono valide solo se gli impianti sono omologati alla legge, e si è scoperto di recente che molti non lo sono. Per renderli omologati, bisogna fare sugli autovelox alcune prove che dimostrino che hanno certe caratteristiche.

Ogni variazione andrà comunicata in maniera tempestiva, sempre sulla piattaforma, e i dati saranno liberamente consultabili. Solo gli autovelox correttamente registrati sulla piattaforma potranno restare accesi e funzionare: significa che gli automobilisti potranno controllare se l’autovelox con cui hanno preso una multa era registrato sulla piattaforma, quindi se era in regola, ed eventualmente fare ricorso.

Finora i comuni hanno gestito con molta autonomia il posizionamento e funzionamento degli autovelox.

Non si sa con precisione nemmeno quanti siano: sono state fatte alcune stime, per esempio dall’azienda francese Coyote Group, che produce sistemi di assistenza alla guida, secondo cui nel 2021 in Italia erano attivi 14.297 autovelox, il 76 per cento dei quali al Nord (soprattutto in Veneto, seguito da Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna).

È un dato che comprende impianti di vari tipi: fissi, mobili, sistemi tutor (come quelli per misurare la velocità media tra due varchi in autostrada) e telecamere posizionate sui semafori (come il T-Red, che multa chi passa col rosso) e agli incroci. Gli autovelox più conosciuti e temuti sono quelli fissi: quelli mobili sono utilizzati per i controlli fatti dalla polizia locale, come ad esempio lo scout speed, un dispositivo installato a bordo delle auto della polizia locale che può calcolare la velocità delle auto in tutti e due i sensi di marcia.

Le critiche principali hanno riguardato alcuni comuni che hanno installato gli autovelox in posizioni poco visibili e in cui è più facile prendere multe, per esempio all’uscita di gallerie o su lunghi rettilinei dove il limite di velocità è basso.

Come detto, la piattaforma prevede anche l’inserimento dei dati sull’omologazione degli autovelox. La procedura per omologare un impianto consiste in alcuni test per accertare la presenza di determinate caratteristiche: in teoria è di competenza del ministero, ma non è mai stata approvata una legge che lo esplicitasse. Nell’ultimo anno e mezzo i funzionari del ministero dei Trasporti avevano cercato di risolvere la questione, ma nessun provvedimento è stato approvato né tantomeno discusso. Secondo i deputati della Lega che hanno proposto il censimento, ​il problema non è stato risolto proprio perché mancava una lista completa dei dispositivi.

Secondo una ricognizione fatta dall’ANCI, l’Associazione nazionale comuni italiani, il 59,4 per cento dei dispositivi fissi è stato approvato prima del 2017, anno in cui il ministero dei Trasporti aveva stabilito che per essere validi gli autovelox non andavano solo autorizzati ma anche omologati: secondo le sentenze, quindi, quel 59,4 per cento dei dispositivi sarebbe irregolare.