Le barzellette non fanno più ridere

Sono state a lungo una forma di comicità popolarissima, anche grazie a questo qui; oggi non si sentono quasi più

Silvio Berlusconi racconta una barzelletta durante un comizio a Benevento, 11 ottobre 2009 (Ansa/Ciro Fusco)
Silvio Berlusconi racconta una barzelletta durante un comizio a Benevento, 11 ottobre 2009 (Ansa/Ciro Fusco)
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Per molto tempo sono state raccontate a scuola, nei bar e negli uffici: c’erano quelle più ingenue e infantili, quelle più surreali e grottesche, quelle più volgari e sboccate. E c’erano quelli bravi a raccontarle e quelli scarsi. In alcuni casi hanno fatto la fortuna di comici, editori e produttori televisivi, in altri hanno contribuito a definire la personalità di figure pubbliche. Come Silvio Berlusconi, il più controverso e influente politico italiano degli ultimi trent’anni, che le raccontava spesso nelle occasioni pubbliche.

Le barzellette sono state a lungo una presenza costante nelle conversazioni quotidiane, finché non lo sono state più. Oggi si sentono di rado, anche in quei contesti in cui un tempo era normale raccontarle. Tra i più giovani, sono state sostituite da forme di comicità più rapide e immediate come meme, brevi video e gif animate. Nel mondo editoriale hanno trovato nuovi formati e linguaggi.

Fino ai primi anni Duemila, le barzellette erano ancora molto diffuse nell’industria italiana dello spettacolo e dell’intrattenimento. Alcune tra le trasmissioni televisive più popolari del periodo, come La sai l’ultima? e Stasera mi butto, erano incentrate proprio su questa forma di comicità. Comici come Enrico Brignano, Gino Bramieri, Andrea Pucci, Valentina Persia e Antonio Giuliani hanno cominciato a farsi notare proprio grazie alle barzellette. E il celebre attore teatrale Gigi Proietti, oltre che per i suoi film e i suoi spettacoli teatrali, era famoso per il suo vastissimo repertorio di barzellette e per la sua inimitabile capacità di narrarle.

In quegli anni le barzellette ottennero anche un certo successo editoriale. Il caso più famoso fu il libro di barzellette sul calciatore e capitano della Roma Francesco Totti. La raccolta, pubblicata da Mondadori e intitolata Tutte le barzellette su Totti (raccolte da me), uscì nel giugno del 2003 e nel giro di due settimane fu ristampata sei volte, superando le 150mila copie vendute: un risultato eccezionale per il mercato editoriale italiano.

La raccolta fu curata dall’umorista e scrittore Beppe Cottafavi. L’idea per il libro gli fu suggerita da Marco Giusti, ideatore del programma satirico Blob. «Viveva a Roma, e aveva notato che tra gli adolescenti era diventato comune inventare barzellette su Totti e scambiarsele con gli sms», ricorda Cottafavi.

L’idea funzionò anche perché Cottafavi e Giusti ebbero l’intuizione di coinvolgere nel libro lo stesso Totti, che ai tempi era nel pieno della sua carriera e aveva una popolarità enorme: accettò di comparire sulla copertina del libro, e la sua partecipazione giovò moltissimo alle vendite. Per il resto, aggiunge Cottafavi, lui e Giusti non si inventarono nulla. «Le barzellette su Totti riprendevano in tutto e per tutto quelle sui carabinieri, che erano già conosciutissime», racconta.

Anche grazie a questo successo, le raccolte di barzellette cominciarono a proliferare. L’offerta era molto vasta: alcune raccolte erano incentrate sugli stereotipi associati ad alcune categorie professionali (medici, poliziotti, e soprattutto carabinieri). Ma c’erano anche quelle scritte specificamente per un pubblico di bambini e le raccolte di barzellette “sporche”, ossia triviali e sessualmente esplicite.

Secondo Cottafavi le circostanze che consentirono quel successo oggi sarebbero «irripetibili», perché quello che fino a una ventina d’anni fa era «un genere letterario a tutti gli effetti» oggi è quasi scomparso. «Si sono affermate nuove forme umoristiche che i nativi digitali considerano più immediate e spontanee: i meme sono l’esempio più evidente», dice.

Inoltre, tra gli anni Novanta e Duemila le barzellette erano così diffuse anche perché Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio e imprenditore televisivo di enorme successo e visibilità, ne faceva un uso ampissimo. Raccontarle gli permetteva di mostrarsi brillante, spontaneo e vicino alle persone comuni, qualità che contribuivano a rafforzare la sua immagine di leader “popolare” e fuori dagli schemi. «Ogni volta che ne improvvisava una davanti a una platea di giornalisti o a un incontro ufficiale, la barzelletta aveva una risonanza enorme: finiva sui giornali, nei talk show e nei programmi satirici, veniva ripresa e tramandata», ricorda Cottafavi, che definisce Berlusconi «il più grande barzellettiere italiano dello scorso secolo».

Anche se la tendenza a raccontarle a voce e a radunarle in apposite raccolte è un po’ scomparsa, oggi le “barzellette” – o perlomeno la loro struttura tipica – continuano a circolare in forme diverse. Un esempio è quello del fumettista italiano Pera Toons (Alessandro Perugini), il più venduto in Italia e amatissimo soprattutto dai bambini.

Le sue vignette minimaliste, colorate e piuttosto essenziali, lette e apprezzate da centinaia di migliaia di persone, riprendono in tutto e per tutto il meccanismo delle barzellette. Si tratta quasi sempre di giochi linguistici semplici, freddure e battute che non richiedono riferimenti culturali complessi o livelli di lettura multipli, e che per questo risultano immediatamente afferrabili per un bambino. Prima di lui anche il collega Sio (Simone Albrigi) era riuscito a ottenere un grande successo proponendo una formula simile.

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Secondo il comico Valerio Lundini invece non sarebbero passate di moda le barzellette in quanto tali, ma il meccanismo comico su cui si basano, che «è diventato un po’ troppo prevedibile». «È facile capire dove vanno a parare, e spesso sono così vecchie da essere conosciute da chiunque, ma mi capita ancora di ridere di gusto quando ascolto qualcuno bravo a raccontarle; ne ho scritte un paio anche io».

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