La pugile Imane Khelif ha fatto ricorso contro la decisione della World Boxing di imporre il test genetico per stabilire se può gareggiare

La pugile algerina Imane Khelif ha fatto ricorso contro la decisione della federazione di pugilato mondiale World Boxing che le impedisce di partecipare alle competizioni internazionali se non si sottopone a un test genetico per la verifica del sesso biologico. Khelif aveva presentato la domanda per partecipare al campionato mondiale di pugilato che inizia giovedì a Liverpool, e il Tribunale arbitrale dello sport (Tas) ha detto che l’atleta chiede di essere ammessa senza fare il test, motivo per cui aveva presentato il suo ricorso lo scorso 5 agosto: il tribunale ha però respinto la richiesta di sospendere la decisione della World Boxing fino alla prima udienza su questa vicenda, che deve essere ancora fissata. Non è quindi chiaro se Khelif riuscirà a partecipare.
Khelif ha vinto la medaglia d’oro nella categoria 66 chili di pugilato femminile alle Olimpiadi di Parigi del 2024, e per settimane era stata al centro di polemiche: la pugile italiana Angela Carini si era ritirata agli ottavi di finale dopo meno di un minuto dall’inizio del loro incontro, e molte persone, fra cui politici e opinionisti di destra, avevano sostenuto che Khelif fosse una donna trans e che quindi non dovesse gareggiare nella categoria femminile, senza prove e spesso con poca consapevolezza del significato dei termini usati.
A fine maggio la World Boxing aveva annunciato che avrebbe introdotto un test obbligatorio per rilevare materiale genetico specifico legato al sesso biologico degli atleti e delle atlete per stabilire la loro idoneità alle competizioni. Nel comunicato faceva esplicito riferimento a Khelif, e pochi giorni dopo le aveva chiesto scusa.
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