Le proteste per la Palestina sono diventate una questione a Venezia

Sono state ampiamente condivise fino alla richiesta di vietare la partecipazione agli attori Gal Gadot e Gerard Butler, invece molto criticata

Una protesta di Venice4Palestine alla Mostra del cinema di Venezia. (Alessandra Tarantino/Invision/AP)
Una protesta di Venice4Palestine alla Mostra del cinema di Venezia. (Alessandra Tarantino/Invision/AP)
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Sabato alla Mostra del cinema di Venezia ci sarà una protesta organizzata dal collettivo Venice4Palestine. Hanno aderito centinaia di attori, registi, addetti ai lavori del cinema che hanno firmato un appello per chiedere alla Biennale, l’ente che organizza il festival, «di prendere una posizione netta» contro «un genocidio compiuto in diretta dallo Stato di Israele in Palestina».

Un primo appello di Venice4Palestine aveva ricevuto una risposta conciliante da parte dell’organizzazione della Mostra, e il tentativo di portare la causa palestinese dentro al festival era stato ampiamente condiviso da attori e registi. Il collettivo però ha poi chiesto di vietare la partecipazione agli attori Gal Gadot e Gerard Butler, accusati di essere vicini al governo israeliano, cosa che ha attirato critiche anche da alcuni famosi esponenti del cinema italiano. L’organizzazione della Mostra ha respinto la richiesta.

L’israeliana Gal Gadot e lo scozzese Gerard Butler hanno recitato nel film In the Hand of Dante di Julian Schnabel, che sarà proiettato a Venezia fuori concorso mercoledì prossimo, ma in realtà la loro presenza alla Mostra non era prevista (ma potrebbero decidere all’ultimo di partecipare). Venice4Palestine voleva comunque che la Mostra la vietasse esplicitamente «perché i due attori si sono negli anni pubblicamente esposti a favore del governo Netanyahu e in particolare dell’esercito israeliano».

Nel 2016 e nel 2018 Butler partecipò a degli eventi organizzati negli Stati Uniti per raccogliere fondi per l’esercito israeliano (IDF), insieme a diverse altre celebrità hollywoodiane come Robert De Niro, Arnold Schwarzenegger e Ashton Kutcher. Gadot invece è la più famosa star israeliana nel mondo, ed è stata spesso criticata negli ultimi due anni per non aver preso posizione contro l’invasione israeliana a Gaza, specialmente in occasione dell’uscita del film Biancaneve, nel quale recitava insieme a un’attrice, Rachel Zegler, che invece si è schierata a favore della causa palestinese.

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Gadot ha prestato per due anni servizio nell’IDF, un obbligo in Israele, e dopo gli attacchi del 7 ottobre ha spesso denunciato Hamas e parlato a favore della liberazione degli ostaggi. Più di recente ha anche auspicato la fine della guerra. In Israele è una celebrità che gode di grande popolarità e considerazione, ma in alcune occasioni è stata contestata dall’opinione pubblica più di destra. Pochi giorni dopo l’attacco di Hamas pubblicò su Instagram una storia in cui diceva che «uccidere palestinesi innocenti è orribile», rimuovendola e scusandosi dopo varie critiche. Negli anni passati aveva anche espresso posizioni contrarie alle politiche del primo ministro Benjamin Netanyahu riguardo alla minoranza araba israeliana, venendo criticata tra gli altri dal figlio Yair Netanyahu per la sua presunta «neutralità» riguardo alla questione palestinese.

Secondo Venice4Palestine, Gadot e Butler vanno esclusi dalla Mostra in quanto «le posizioni che giustificano un genocidio non possono avere spazio nel confronto democratico», e «il boicottaggio è una delle forme storiche di protesta non violenta e di resistenza contro l’abuso perpetrato da un potere schiacciante e crudele».

Questa richiesta ha incontrato diverse obiezioni, tra gli altri del regista Paolo Sorrentino, in concorso a Venezia con La Grazia, che ha detto: «Se mi si invita a riconoscere che è in corso un genocidio la risposta è assolutamente sì (…). Se invece poi si scivola dentro a un’emotività che ti chiede di boicottare e di censurare allora in questo caso faccio un passo indietro e sono meno propenso. Anzi non sono per niente propenso a censurare nessuno, soprattutto in un luogo che per sua vocazione naturale deve invece accogliere chiunque, anche quelli che sostengono le posizioni più scomode e ai nostri occhi irritanti».

Sorrentino non compariva tra i firmatari dell’appello di Venice4Palestine, mentre c’era l’attore e regista Carlo Verdone, che venerdì intervistato dal Corriere della Sera ha detto di aver accettato di firmare il primo appello, quello che chiedeva alla Mostra di prendere posizione, ma che la richiesta di escludere Butler e Gadot è arrivata in seguito. «Quei due non sono gente che tira le bombe, sono attori come me. Gadot è israeliana, ha prestato il servizio militare, lo fanno tutti lì» ha detto Verdone, aggiungendo che «gli attori non possono diventare il tribunale dell’Inquisizione. Un festival è un tavolo di confronto, di tolleranza e di libertà. Questo invece significa censurare».

Alberto Barbera, il direttore della Mostra del cinema, aveva detto di non voler esercitare «alcuna forma di censura, nei confronti di nessuno, per questo rispediamo al mittente la richiesta di escludere degli artisti se intendono presenziare alla Mostra del cinema». Riguardo alla richiesta di prendere posizione, aveva invece detto: «non abbiamo mai esitato a esprimere e dichiarare chiaramente la nostra enorme sofferenza di fronte a quello che sta succedendo a Gaza e in Palestina».

È stata simile la posizione di Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale, la fondazione all’interno della quale viene organizzata la Mostra. Ha detto che «certamente qui mai potrà allignare la censura, mai potrà allignare l’atteggiamento coercitivo nei confronti della libertà di espressione». Durante la cerimonia che ha preceduto la prima proiezione della Mostra, Buttafuoco ha invitato a parlare don Nandino Capovilla, sacerdote di Marghera a cui due settimane fa era stato vietato l’ingresso in Israele per la sua attività in favore della pace. «Non è una guerra, ma un genocidio» ha detto Capovilla.

Quest’anno tra i film selezionati in concorso alla Mostra c’è The Voice of Hind Rajab, della regista tunisina Kaouther Ben Hania, che racconta la storia di una bambina palestinese di 6 anni uccisa da Israele nella Striscia di Gaza l’anno scorso.

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