In Egitto non si potrà più stare in affitto a meno di un euro al mese
Lo permettevano vecchie leggi superate da pochi giorni: oltre un milione di famiglie rischia di perdere la casa

Per via di una nuova legge ratificata questa settimana, in Egitto oltre un milione di famiglie rischia di perdere la casa che affitta da decenni a un prezzo bassissimo, spesso inferiore all’equivalente di un euro al mese. La legge modifica radicalmente il sistema degli affitti, basato sullo stratificarsi di norme ormai obsolete che hanno creato prezzi largamente fuori mercato: da un lato penalizzano i proprietari degli immobili, che non guadagnano quanto potrebbero, e dall’altro favoriscono gli inquilini garantendo stabilità anche a famiglie poco abbienti.
Fin dagli anni Venti del Novecento varie leggi hanno imposto agli affitti prezzi bloccati o calmierati e permesso di tramandare i contratti da una generazione all’altra (per esempio da padre in figlio, ma anche ad altri parenti come i coniugi). Nel 1996 una riforma istituì di fatto un doppio sistema: stabilì che le case affittate da quel momento in poi avrebbero seguito i prezzi di mercato, mentre per i contratti già esistenti sarebbero rimaste in vigore le norme precedenti, e quindi i prezzi fissati decenni prima.
Il risultato è che oggi circa 1,6 milioni di famiglie vivono in case dove pagano affitti molto bassi, che non sono cresciuti di pari passo con l’aumentare del costo della vita. Da anni l’inflazione in Egitto è molto alta: nel 2023 ha sfiorato il 40 per cento su base annua, e ora si aggira intorno al 15 per cento (per fare un confronto, in Italia l’inflazione annua a giugno del 2025 era dell’1,7 per cento).

Una donna guarda il panorama al Cairo, nel 2016 (AP Photo/Nariman El-Mofty)
Da tempo molti proprietari immobiliari si lamentano di questa situazione, per vari motivi: non traggono sostanzialmente alcun guadagno da affitti così bassi, e la differenza con i prezzi delle case affittate dopo il 1996 è diventata abissale. El País scrive che nella capitale Il Cairo circa 600mila famiglie pagano affitti bloccati che vanno da meno di 50 sterline egiziane al mese (circa 90 centesimi di euro) a circa 16 euro, mentre i prezzi dei nuovi affitti possono essere fino a 100 volte più alti.
A queste condizioni alcuni proprietari preferiscono lasciare vuote le case, e a volte le vandalizzano o le rovinano volontariamente, sperando che crollino così da poter vendere il terreno. Si è anche diffuso un sistema di subaffitti illeciti a prezzi ben più alti di quelli regolari.
Per sanare questa situazione è intervenuta la Corte Costituzionale egiziana, che a novembre del 2024 ordinò al governo di modificare le norme sugli affitti. Lo scorso luglio il parlamento ha approvato una nuova legge, che è poi stata ratificata a inizio agosto dal presidente autoritario Abdel Fattah al Sisi. Prevede che i prezzi degli affitti bloccati salgano gradualmente entro i prossimi sette anni, fino a raggiungere i livelli di mercato: aumenteranno inizialmente di 10 o 20 volte, in base al prestigio del quartiere in cui si trovano le case, e poi del 15 per cento all’anno. Dopo i sette anni di transizione, gli appartamenti saranno rimessi sul mercato a prezzi non più fissi.
Per molti inquilini questo renderà i costi insostenibili. Il governo ha detto che le persone in difficoltà potranno accedere ad alloggi alternativi a prezzi più bassi, che però scarseggiano già ora: trovare una soluzione per tutti non sarà facile. L’Egitto ha una popolazione di oltre 100 milioni di abitanti, di cui il 60 per cento vive sotto o vicino alla soglia di povertà. I conti pubblici sono da tempo in crisi, cosa che ha portato a una forte svalutazione della sterlina egiziana e a un generale aumento dei prezzi che ricade sugli abitanti.
«Pensavamo che questa sarebbe stata la nostra casa permanente, ma con la nuova legge non sappiamo cosa possiamo fare», ha detto al New York Times Suzan Abdel Ghani, una giornalista freelance originaria della città di Luxor, dove dal 1984 suo padre paga un affitto di 40 sterline egiziane (70 centesimi di euro) al mese. Abdel Ghani dice che il prezzo di un nuovo alloggio potrebbe costare l’intera pensione del padre.

Un condominio al Cairo, nel 2024 (AP Photo/Amr Nabil)
Negli ultimi mesi c’è stata qualche protesta, non particolarmente incisiva. A maggio per esempio il partito di opposizione Karama ha organizzato una conferenza al Cairo chiamata “Locatari d’Egitto”, che ha riunito inquilini, politici e parlamentari che hanno criticato il governo per la legge, chiedendone le dimissioni. A giugno Ayman Essam, un consulente legale dell’Associazione dei “vecchi inquilini” (ossia quelli con i contratti bloccati, fatti prima del 1996), è stato arrestato ad Alessandria mentre andava a una riunione del gruppo, ed è rimasto in carcere per circa dieci giorni. L’Egitto è un paese non democratico, dove da oltre dieci anni al Sisi governa in maniera autoritaria e dove tutte le attività associative che non sono sotto il controllo dello stato sono sorvegliate e viste con sospetto.
Secondo il Tahrir Institute for Middle East Policy (un think tank con sede a Washington), con l’aumento dei prezzi molte persone potrebbero essere costrette a trasferirsi in case informali, ossia costruite senza i necessari permessi. Un altro rischio è che l’aumento degli affitti benefici i grandi gruppi immobiliari, che potrebbero approfittarne per comprare immobili storici, ora affittati con contratti fissi, per ristrutturarli e poi venderli o affittarli a prezzi molto superiori.



