Cosa dice la legge quando muore un minorenne
Come nel caso del 17enne morto sotto la sabbia a Montalto di Castro, in cui il padre è indagato per omicidio colposo

Negli ultimi giorni il padre del ragazzo di 17 anni morto la scorsa settimana mentre scavava una buca nella sabbia in una spiaggia di Montalto di Castro (in provincia di Viterbo) ha ricevuto molti commenti violenti online, del tipo «mentre il figlio moriva, lui dormiva beato sul lettino». Il tono e il numero dei commenti si sono esacerbati quando la procura di Civitavecchia ha fatto sapere che l’uomo è indagato per omicidio colposo. La stessa procura ci ha tenuto a sottolineare che l’apertura dell’indagine è un «atto dovuto» nel caso di un evento del genere e in cui è coinvolto un minorenne, oltre che necessario per procedere con le indagini e con l’autopsia.
Secondo le ricostruzioni di questi giorni, poco prima di morire il ragazzo stava scavando una buca e poi un tunnel, ma la sabbia avrebbe ceduto sotterrandolo. Il ragazzo si trovava in vacanza con la famiglia e mentre scavava la buca suo padre era a due o tre metri di distanza; i fratelli invece erano andati a giocare da un’altra parte. Il padre ha raccontato che al momento del cedimento non ha sentito nessun rumore, nessun urlo, quindi è stato impossibile accorgersene. La buca si è sostanzialmente richiusa su sé stessa, rendendo complicato individuarla. Ci sono voluti circa quaranta minuti prima che venisse trovato il corpo.
Gian Luigi Gatta, professore ordinario di diritto penale all’università Statale di Milano e presidente dell’Associazione italiana dei professori di diritto penale, spiega che a fronte di un evento così grave, in condizioni che non possono apparire come naturali, «è doveroso» che lo stato, tramite l’autorità giudiziaria, verifichi quanto è successo e se ci siano possibili responsabilità altrui.
«Quando la polizia interviene presenta una denuncia al pubblico ministero e scatta a quel punto l’obbligo di aprire un procedimento e di iscrivere la notizia di reato». Gatta aggiunge che il significato che viene dato a tutto questo da parte di chi non è un esperto di diritto è «spesso sbagliato»: l’iscrizione della notizia di reato, infatti, «non coincide assolutamente con un atto di accusa, non è l’anticipazione di un giudizio negativo sulla condotta, in questo caso, del padre, ma coincide con un semplice prendere nota in un registro che è avvenuto questo evento per verificare se qualcuno ne sia responsabile. Non ci si può certo accontentare di quello che raccontano le cronache o i testimoni».
Gatta conferma che l’iscrizione della notizia di reato è necessaria per procedere con l’autopsia e con una serie di accertamenti che vengono fatti anche nell’interesse dei parenti della persona che è morta, proprio per capire come sono andate le cose.
Quando si apre un procedimento, infine, bisogna aprirlo per un reato. E in questo caso il reato è l’omicidio colposo perché non c’è ragione di ritenere che sia stato doloso, che ci sia stata cioè una volontà. L’articolo del codice penale che definisce l’omicidio colposo è il numero 589: un omicidio in cui la morte è «cagionata» da una colpa. Come specifica l’articolo 43, si ha colpa quando la persona non ha l’intenzione di commettere il reato, ma l’evento «si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline».
L’omicidio colposo può dunque configurarsi come un reato omissivo e in che cosa consista lo spiega l’articolo 40 comma 2 del codice penale: dice che «non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo». Secondo Gatta un’ipotesi in questo caso è che si possa trattare di «omicidio colposo per omissione impropria che viene addebitato al padre in quanto il ragazzo era minorenne».
I reati omissivi si suddividono in due categorie: quelli propri e quelli impropri. Si ha reato omissivo proprio quando è la pura condotta a costituire un reato. Un classico esempio di reato omissivo è l’omissione di soccorso in cui incorre l’automobilista che, avendo investito un pedone, non lo soccorre: si tratta di un reato nel quale il comportamento che non viene compiuto è espressamente disciplinato da una norma di legge.
Il reato omissivo improprio, che secondo Gatta potrebbe essere quello di questo caso, consiste invece nel mancato impedimento di un evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire. Nel reato omissivo improprio non è dunque la condotta omissiva in sé a costituire un reato, ma l’evento ulteriore che questa inazione produce.
Perché si configuri un reato omissivo improprio nei confronti di qualcuno è però necessario un primo presupposto: che quel qualcuno abbia una “posizione di garanzia” nei confronti del bene giuridico protetto, ovvero che abbia l’obbligo di impedire quell’evento in virtù della particolare relazione che lo lega al bene giuridico. Solo in questo caso si ha una corrispondenza tra il non impedire e il causare l’evento.
Un esempio di reato omissivo improprio può essere quello di un datore di lavoro che, per negligenza, non adotta le misure di sicurezza necessarie sul luogo di lavoro causando la morte di un dipendente. Un altro esempio è quello di un genitore che non fornisce il cibo al neonato, causandone la morte: il genitore risponderà di omicidio, dal momento che aveva l’obbligo giuridico di evitare l’evento, proprio dato il dovere di assistenza connesso al suo ruolo genitoriale. L’altro presupposto immancabile per l’imputabilità del soggetto che non esegue l’azione da cui deriva l’evento dannoso è poi che tra la condotta omissiva, in questo caso, e l’evento stesso ci sia un nesso di causalità: nel caso dell’ultimo esempio fatto il non dar da mangiare al neonato è direttamente collegato alla sua morte per fame.
Applicando tutto questo al caso del ragazzo morto in spiaggia, Gatta spiega che «il genitore ha una posizione di garanzia sul figlio. Il codice civile fa discendere cioè sui genitori l’obbligo giuridico di evitare eventi dannosi per i figli. La responsabilità del genitore è dunque anche quella di assicurarsi che il figlio che è sotto il suo controllo non si faccia male e non muoia». Ma non basta per dire che siccome è morto un minorenne in prossimità del padre allora il padre è responsabile: «Se mai si andasse a processo il punto fondamentale sarebbe dimostrare la colpa del padre», conclude Gatta e dimostrare il nesso di causalità tra la sua omissione e la morte del figlio: «Ma qui subentrerebbe anche un altro tema: quello dell’imprevedibilità dell’evento, nel senso che si sta parlando di un evento talmente eccezionale che difficilmente potrà essere rimproverato al padre, tanto più che si tratta di un ragazzo quasi prossimo alla maggiore età e non di un bambino piccolo».



