Una riforma delle pensioni sta causando enormi proteste a Panama
Sono in corso da mesi ma nelle ultime settimane sono diventate più violente

Da circa due mesi a Panama sono in corso delle grandi proteste antigovernative a cui hanno partecipato soprattutto insegnanti e lavoratori del settore delle banane, il cui indotto a Panama impiega decine di migliaia di persone. Sono iniziate dopo l’approvazione di una riforma sulle pensioni molto contestata, ma si sono radicate nell’insoddisfazione generale verso le disuguaglianze e un governo considerato inefficace nel migliorare le condizioni economiche della popolazione.
Nelle ultime settimane si sono fatte più violente, soprattutto nella regione di Bocas del Toro, la principale per la produzione di banane e quella in cui le proteste sono state più partecipate. La settimana scorsa il presidente panamense José Raúl Mulino ha inviato nella regione circa 1.500 agenti di polizia per reprimerle: sono state arrestate almeno 50 persone e 30 sono rimaste ferite. Martedì un ragazzo è stato ucciso negli scontri, in circostanze ancora da chiarire. Secondo alcuni osservatori, la dura risposta del governo ha causato anche un aumento delle violenze da parte dei manifestanti.
Giovedì un gruppo di persone ha assaltato l’aeroporto di Changuinola, vandalizzando gli spazi e rubando alcuni veicoli delle aziende di autonoleggio. Un altro gruppo è entrato nella sede della Chiquita, la multinazionale statunitense che produce e esporta banane in tutto il mondo: impiega moltissime persone nella regione, ma nei mesi scorsi, proprio a causa delle proteste, aveva sospeso le attività e licenziato circa 5mila dipendenti. Un terzo gruppo ha appiccato un incendio nello stadio di baseball della città.
Venerdì Mulino aveva quindi dichiarato lo stato di emergenza, sospendendo il diritto di assemblea e la libertà di movimento per i successivi cinque giorni. Era già accaduto lo scorso 27 maggio, sempre nell’ambito di queste proteste, ma era stato poi sospeso.
Non è chiaro se le proteste più recenti siano opera degli stessi lavoratori, o di altri gruppi (come sostenuto dalla ministra del Lavoro Jackeline Muñoz nel post qui sotto): lo scorso 12 giugno il principale sindacato dei lavoratori delle banane aveva dichiarato la fine dello sciopero, in quanto il governo aveva promesso di rivedere alcuni dei punti più controversi della riforma, e teoricamente almeno quella parte di lavoratori (che però nella regione di Bocas del Toro sono la maggioranza) aveva accettato di interrompere le proteste.
Nella regione però continuano a esserci scontri e problemi: oltre ai danni all’aeroporto, alla Chiquita e allo stadio di baseball, secondo le autorità ci sono almeno 10 strade ancora bloccate dalle barricate fatte con grossi tronchi di albero, che paralizzano il traffico della regione.
La riforma oggetto delle proteste contiene diverse misure, ma in sostanza era stata approvata per migliorare le finanze del fondo pensionistico, che versa in una situazione disastrosa. L’aspetto più contestato era stato l’innalzamento dell’età minima per andare in pensione, che doveva essere immediato ma poi è stato posticipato di sei anni proprio a causa del malcontento che aveva generato. Nonostante il compromesso, le manifestazioni erano proseguite per altri contenuti della riforma, che secondo i sindacati e i manifestanti avrebbero portato a una privatizzazione del sistema pensionistico.
A queste motivazioni se n’erano aggiunte poi delle altre: la possibile riapertura di una miniera che era stata chiusa nel 2023 su decisione della Corte Suprema, e il memorandum d’Intesa che il governo di Panama ha siglato con gli Stati Uniti per garantire una presenza militare statunitense nel paese. Queste ragioni si radicano in un contesto di grande insoddisfazione per le condizioni economiche: Panama è tra i paesi più diseguali dell’America centrale, dove il tasso di disoccupazione è molto alto, i salari sono bassi e i servizi di base scarsi.
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