Non si sa molto della riforma della caccia, ma c’è già un gran dibattito

Secondo il ministro dell'Agricoltura Lollobrigida non sarà così favorevole ai cacciatori come si dice

Le mani di due cacciatori: uno ha in mano un fucile, l'altro degli uccelli morti
Due cacciatori di uccelli fotografati a Pisa nel 2007 (FRANCO SILVI/ANSA)
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Le organizzazioni ambientaliste italiane stanno criticando un disegno di legge della maggioranza che modifica le regole sulla caccia, e che secondo alcuni giornali le renderebbe più permissive. Tra le altre cose è stato scritto che la riforma avrebbe l’obiettivo di estendere gli orari e i territori in cui la caccia è permessa, e aumentare le specie di uccelli di cui possono essere catturati degli individui da usare per attirare animali della stessa specie, una pratica a cui si oppone chi difende i diritti degli animali. È stato contestato anche un aspetto simbolico ma significativo attribuito alla proposta, che assocerebbe alla caccia un ruolo di «tutela della biodiversità».

In realtà è difficile giudicare le intenzioni della maggioranza, perché un testo ufficiale del disegno di legge, su cui sta lavorando il ministero dell’Agricoltura, non esiste ancora: le sintesi della proposta uscite sui giornali si basano su uno schema di lavoro provvisorio. Per questo non è detto che la riforma, che comunque dovrà poi essere sottoposta al parlamento e potrà quindi essere modificata, rifletterà davvero i resoconti che sono circolati. Il ministro Francesco Lollobrigida peraltro ha contraddetto in più occasioni alcune delle informazioni diffuse dai giornali, e la scorsa settimana ha sostenuto che «non trovano riscontro nel testo finale».

In Italia la caccia è regolamentata dalla legge 157 del 1992. Venne approvata due anni dopo un referendum in cui 18 milioni di italiani, il 92 per cento dei partecipanti, votarono per l’abolizione della caccia, ma in cui non fu raggiunto il quorum (ci si fermò al 43 per cento), e in un periodo in cui i cacciatori erano più di un milione (mentre oggi si stima che siano circa 500mila): per questo fu un compromesso tra la tutela delle specie animali selvatiche e la caccia, criticato sia dalle organizzazioni ambientaliste sia dai cacciatori.

Da allora la legge è stata modificata in più occasioni e periodicamente ci sono stati dibattiti sul tema, che risulta complicato anche perché le regole sulla gestione della fauna sono sempre state condivise tra lo Stato e le Regioni. Per esempio i calendari che ogni anno stabiliscono l’inizio e la durata delle stagioni di caccia sono decisi dalle Regioni anno per anno (spesso con successivi ricorsi ai tribunali amministrativi delle organizzazioni ambientaliste). C’è poi da distinguere tra la caccia vera e propria e le attività di controllo delle popolazioni di animali selvatici – comprese quelle di specie invasive dannose, come le nutrie – in cui spesso vengono coinvolti dei cacciatori, ma che non sono considerate “caccia” per legge.

A maggio, parlando durante una fiera di armi e altri prodotti per cacciatori, Lollobrigida aveva detto che una riforma della legge 157 sarebbe stata approvata entro agosto, «prima della nuova stagione». In quell’occasione l’aveva presentata come una misura che avrebbe favorito la caccia, ma genericamente, senza dare troppi dettagli sulla proposta. Da allora il processo di approvazione non è ancora iniziato.

– Leggi anche: In Italia ogni anno vengono uccisi illegalmente 5 milioni di uccelli

Ci sono state però appunto le anticipazioni, che sono state oggetto delle critiche delle organizzazioni ambientaliste, tra cui il WWF. Alcune sono state smentite esplicitamente da Lollobrigida alla Camera l’11 giugno.

Il ministro ha detto che la proposta non prevede un aumento del numero di specie di uccelli che possono essere usate come “richiami vivi”, cioè per attirare altri animali della stessa specie, e che attualmente in Italia sono solo sette: una misura del genere era effettivamente presente nello schema di disegno di legge arrivato ai giornali, e visto anche dal Post. Il ministro ha poi negato che cambierà qualcosa sugli impianti di cattura, cioè le strutture usate per catturare gli uccelli poi usati come richiami vivi.

Lollobrigida ha anche detto che la proposta di riforma non prevede che si possa cacciare nelle «aree demaniali marittime», cioè sulle spiagge. Lo avevano detto i giornali interpretando una parte dello schema preliminare, in cui «i territori e le foreste del demanio statale» erano inclusi nelle zone dove la caccia è ammessa. Un’altra informazione che Lollobrigida ha smentito è che saranno modificati gli orari in cui è possibile cacciare, dato che lo schema preliminare parlava di un loro ampliamento fino a mezz’ora dopo il tramonto. Quest’ultima presunta proposta di riforma era criticata perché la caccia al buio potrebbe aumentare i rischi di colpire per errore animali di specie protette, o persone.

Su ciò che invece c’è nella proposta in lavorazione, il ministro ha detto poco: solamente che il governo vuole rendere coerente la legge 157 con le attuali suddivisioni di competenze tra Regioni e Stato, dato che la legge parla ancora molto di province, e che per quanto riguarda i calendari delle stagioni di caccia potranno essere stabiliti in modo «più elastico», «anche a fronte dei cambiamenti climatici».

Inoltre Lollobrigida non si è espresso su altri aspetti di cui si è discusso sui giornali, come l’abilitazione alla caccia in Italia di chi è abilitato in altri paesi dello Spazio economico europeo, cosa che aumenterebbe il turismo a scopo di caccia.

L’unica altra cosa che si sa è che la proposta di riforma vuole rispondere a una serie di esigenze emerse nella scorsa legislatura, e sintetizzate nella relazione di una commissione del Senato del 2021. La relazione parlava in particolare di alcune specie di animali selvatici che causano danni alle attività agricole e all’allevamento (cinghiali e altri ungulati, i lupi e cormorani) e in alcuni casi anche ad altre specie, e delle lunghe attese di allevatori e agricoltori danneggiati per essere risarciti dei danni subiti. La relazione invitava a una revisione della legge 157 del 1992 per aumentare la compatibilità delle attività umane con la presenza della fauna selvatica, che in molti casi è aumentata proprio grazie agli effetti positivi di questa e altre leggi.