Non riderete molto guardando Nathan Fielder
È un autore e attore comico tra i più bizzarri della tv americana, ma le sue serie come “The Rehearsal” e “The Curse” più che altro inquietano o commuovono

Riassumere la trama della seconda stagione di The Rehearsal, la serie del comico e autore canadese Nathan Fielder in onda in queste settimane negli Stati Uniti su HBO, è un’impresa quasi impossibile. La storia si ripiega su sé stessa innumerevoli volte, i piani della finzione e quelli della realtà diventano difficili da distinguere, e da un certo punto in poi si fa fatica perfino a distinguere quali attori interpretino dei personaggi, quali delle persone realmente esistenti, e quali ancora degli altri attori che interpretano degli altri personaggi.
Non è una novità per Fielder, che negli ultimi dieci anni si è affermato come uno degli autori comici più bizzarri, originali e audaci della televisione americana. Da Nathan for You a The Rehearsal e infine con The Curse, creata e interpretata insieme a Benny Safdie ed Emma Stone, le sue serie costruite spesso su premesse simili hanno ottenuto plausi praticamente unanimi dalla critica, pur rimanendo sempre confinate in una nicchia di pubblico piuttosto esigua. In Italia sono disponibili Nathan for You e The Curse su Paramount+, mentre Sky, che distribuisce le serie HBO, non ha mai pubblicato The Rehearsal.
Si potrebbe discutere anche se quella di Fielder sia o meno comicità: nel senso che le situazioni che mette in scena sono talmente artefatte e cervellotiche che la risata è contemplata solo di rado. Quasi tutte sono basate sull’imbarazzo sociale, che Fielder è bravissimo a suscitare negli altri dato che lui per primo lo vive di continuo, ha raccontato più volte. L’ossessione per le interazioni tra persone, per la possibilità di riprodurle, studiarle, indirizzarle, influenzarle è alla base di buona parte delle cose che ha fatto, così come l’ambiguità tra la realtà, la finzione e tutto quello che sta in mezzo.
Il Guardian ha definito la seconda stagione di The Rehearsal «la serie più affascinante della tv», ammettendo però che chi non ha familiarità con «il tipo di comicità sperimentale e ultra-cringe di Fielder, la premessa suonerà probabilmente molto deludente, noiosa o assurda».
Fielder interpreta un personaggio ispirato a sé stesso, strano, introverso e ossessionato dalle dinamiche sociali che non riesce a padroneggiare nella vita vera. Per questo ha sviluppato varie teorie sul comportamento delle persone e sui modi in cui può essere controllato, e si è specializzato nel ricreare perfettamente situazioni quotidiane, con l’aiuto di attori e meticolose scenografie, per aiutare alcuni soggetti a esercitarsi con i vari scenari in cui può dispiegarsi una determinata situazione. Ed essere in questo modo più pronti ad affrontare la vita vera.
Nella prima stagione Fielder finiva per ricreare in tutti i suoi aspetti l’esperienza di una coppia che adotta e cresce un figlio, mentre la seconda parte da una premessa più bizzarra. Il personaggio di Fielder infatti scopre che molti incidenti aerei sono causati dall’incapacità dei co-piloti di essere sufficientemente assertivi coi piloti. Quando c’è un’emergenza, raramente i primi riescono a dare suggerimenti ai secondi e a contribuire a una possibile soluzione, per timore e riverenza. Questa mancanza di comunicazione, secondo Fielder, dipende dal fatto che più in generale i piloti sono restii a esprimere pubblicamente i propri sentimenti, perché a quelli sospettati di essere depressi o comunque con problemi di salute mentale può essere revocata la licenza di volo.
C’è del vero in questa teoria, e c’è del fondamento anche nell’assurdo e complicatissimo modo in cui Fielder, nella serie, tenta di risolvere questo problema di sicurezza dell’aviazione civile. Decide infatti di ricostruire il terminal dell’aeroporto di Houston e di ingaggiare decine di attori per aiutare un pilota che si sottopone all’esperimento a sviluppare tecniche più ufficiali per stringere un rapporto con i colleghi, in modo da poterci comunicare meglio in caso di problemi. Ma da lì in poi le cose si complicano: Fielder prima inscena un finto contest musicale per aiutare i co-piloti, che interpretano i giudici, a migliorare la propria capacità di dire di no. Poi finisce per ricreare interamente la vita del famoso pilota Sully Sullenberger, quello che fece un atterraggio sull’Hudson nel 2009. E ancora le possibili evoluzioni di una ipotetica relazione di un pilota, coinvolgendo cinque coppie di attori.
Continuare ad aggiungere sviluppi e situazioni sempre più assurde e irrealistiche, e analizzare e dissezionare ogni aspetto delle interazioni umane svuotandole di senso, è la cifra stilistica di Fielder. Era in un certo senso anche il succo di The Curse, una serie prodotta da Showtime e che ha spostato Fielder da una nicchia di pubblico molto piccola a una un po’ più grande, perché la co-protagonista era Emma Stone, e l’altro creatore Benny Safdie, che assieme al fratello Josh è diventato abbastanza famoso coi film Good Time (2017) e Diamanti grezzi (2019).
In quella serie, Fielder e Stone interpretavano una coppia di ricchi imprenditori che volevano speculare sulla riqualificazione di un quartiere periferico del New Mexico, realizzando contemporaneamente un documentario sulla loro vita quotidiana. Una maledizione rivolta a Fielder da una bambina che chiedeva l’elemosina però rende tutto strano e soprattutto inquietante. The Curse fu una delle serie migliori dell’anno per molte testate americane, e piacque moltissimo anche al regista Christopher Nolan in quanto «diversa da qualsiasi cosa abbia mai visto».
Era più simile a The Rehearsal invece Nathan for You, la serie con cui Fielder si fece conoscere e iniziò a sviluppare un culto intorno a sé. Andò in onda per quattro stagioni su Comedy Central, e in ogni episodio Fielder si rivolgeva a un’attività imprenditoriale diversa per provare ad aiutarla con metodi assurdi. Nel realizzarla, Fielder sconfinò più volte nelle notizie locali, perché fece cose come aprire un finto Starbucks (Dumb Starbucks) a Hollywood, oppure fondare un marchio di prodotti di abbigliamento da outdoor per fare concorrenza a un altro, realmente esistente, che aveva dato credito a un negazionista dell’Olocausto.
È normale che poco di tutto questo appaia sensato: è la stessa sensazione che si ha guardando le serie di Fielder, che ha 42 anni ed è originario di Vancouver. La sua identità ebraica è un’altra delle cose che ha smontato e raccontato da punti di vista sempre più bizzarri. Negli anni ha collaborato con molti programmi comici del network Comedy Central, è apparso in diversi cartoni animati come i Simpson, Rick and Morty e Bob’s Burger, in alcuni film di Seth Rogen, e ha co-prodotto How to with John Wilson, un programma documentaristico di culto di HBO, e la serie di Sacha Baron Cohen Who Is America?.
In Nathan for You era spesso difficile distinguere chi fosse un attore che recitava un copione, chi un attore che improvvisava, e chi una comparsa totalmente ignara di quello a cui stava partecipando. Questa ambiguità era esasperata da Fielder, che non usciva mai dal personaggio, anche mentre diceva e faceva le cose più assurde: una caratteristica fondamentale della sua comicità ancora oggi, assieme alla sua faccia stranissima, impassibile e un po’ inquietante. Oggi questo equivoco non c’è più, vista la complessità delle sue serie, ma all’inizio ci teneva a dire che non considerava le sue delle “candid camera”, ma degli esperimenti sociali.
Al New York Times raccontò che dopo aver patito per anni la sua goffaggine sociale imparò a usarla come strumento comico. «Ho abbracciato questa mia parte strana. Ora ad esempio non voglio che ci sia dell’imbarazzo tra di noi, voglio che tu sia a tuo agio, ma mi richiede uno sforzo. Nella serie semplicemente lascio che i momenti di disagio avvengano», disse. Per sviluppare il suo personaggio ha detto anche di essersi ispirato al comportamento delle persone con la sindrome di Asperger, una forma di neurodivergenza che rientra nello spettro dell’autismo. Non ha mai detto se ce l’abbia anche lui, ma altre persone autistiche hanno confermato di rispecchiarsi in parte nei suoi personaggi.
La novità della seconda stagione di The Rehearsal individuata da diversi critici è la quantità di intuizioni profonde e toccanti sulla psicologia e sui sentimenti delle persone che emergono tra una situazione assurda e l’altra. E per quanto assurda possa sembrare, la descrizione che emerge dalla serie di come i problemi psicologici dei piloti abbiano conseguenze sulla sicurezza dell’aviazione civile, secondo il critico del New Yorker Richard Brody, è molto più fondata e altrettanto potente rispetto a quella che emergeva, per esempio, dal film di Clint Eastwood su Sully Sullenberger e il suo atterraggio nell’Hudson.