La Corte suprema statunitense ha chiesto all’amministrazione Trump di agevolare il ritorno di un uomo ingiustamente espulso a El Salvador

Jennifer Vasquez Sura, moglie di Kilmar Abrego Garcia, durante una conferenza per chiedere la sua liberazione, il 4 aprile (AP Photo/Jose Luis Magana, file)
Jennifer Vasquez Sura, moglie di Kilmar Abrego Garcia, durante una conferenza per chiedere la sua liberazione, il 4 aprile (AP Photo/Jose Luis Magana, file)

La Corte suprema degli Stati Uniti ha chiesto all’amministrazione del presidente Donald Trump di agevolare il rientro negli Stati Uniti di Kilmar Abrego Garcia, un uomo espulso per errore e detenuto in una prigione di El Salvador. L’ordine della Corte non impone direttamente al governo statunitense di riportare indietro l’uomo, un cittadino di El Salvador che aveva un regolare permesso di soggiorno ed era stato espulso il 15 marzo in quanto sospettato di appartenere a una banda criminale salvadoregna.

Il dipartimento della Sicurezza interna aveva ammesso che l’uomo, di 29 anni, era stato espulso per un errore amministrativo, perché la polizia riteneva che il suo permesso di soggiorno fosse scaduto. Un tribunale federale aveva ordinato all’amministrazione Trump di riportare l’uomo negli Stati Uniti: il governo però si era opposto, dicendo sia che il giudice federale aveva oltrepassato le proprie competenze sia che, dal momento in cui Abrego Garcia era stato consegnato alle autorità di El Salvador, quelle statunitensi non avevano modo per intervenire. Il caso era quindi arrivato alla Corte suprema.

La Corte suprema non ha fissato una scadenza per il rientro di Abrego Garcia, ma il giudice federale che si era occupato del caso, e che è tornato a occuparsene dopo la decisione della Corte, ha fissato una prima udienza per venerdì mattina (il pomeriggio in Italia). Nelle ultime settimane l’amministrazione Trump ha inviato a El Salvador centinaia di persone, nella maggior parte dei casi per via di sospetti poco fondati e senza che fossero formulate accuse formali a loro carico, grazie a un accordo con il presidente del paese centramericano, Nayib Bukele. I migranti sono stati portati nel carcere di massima sicurezza noto come CECOT (Centro di detenzione per il terrorismo), usato per i criminali ritenuti più pericolosi. Nel carcere i detenuti vivono ammassati, subiscono percosse, abusi e violazioni costanti dei diritti umani.