A Verona suonare le campane è una cosa seria
Ogni weekend in città e nei dintorni si sentono i concerti dei gruppi che portano avanti una tradizione vecchia di secoli
di Gianluca Cedolin

Durante i brevi concerti che fanno nei weekend, i campanari di Verona si dispongono in cerchio, ciascuno reggendo in mano una delle corde che salgono fino alla cima del campanile, collegate ciascuna a una grossa campana. Suonano guardandosi negli occhi e ascoltando il maestro, anche detto chiamatore, quello che detta i tempi del concerto. Non possono vedere le campane, che sono posizionate diversi piani sopra le loro teste, ma ascoltandone il suono capiscono se stanno tenendo il ritmo giusto. Creare tutti assieme una melodia che può essere sentita da un intero quartiere, nei giorni festivi, sembra una cosa piuttosto soddisfacente, a guardarli.
Ogni sabato e domenica nei campanili di Verona e dintorni, fino alle zone di Vicenza e di Brescia, si tengono diversi di questi piccoli concerti con le campane, che vengono suonate con un metodo diverso da quelli a cui si è abituati nel resto d’Italia e d’Europa. È il cosiddetto “sistema alla veronese”, nato nella seconda parte del Settecento, grazie al quale si può scegliere con precisione il momento in cui far suonare ciascuna delle campane montate su un campanile. Ed eseguire così melodie e canzoni, pur più lente e semplificate rispetto alle versioni con altri strumenti. Solo nel veronese ci sono circa duemila persone, alcune delle quali molto giovani, che ancora oggi nel tempo libero suonano le campane.
Lo scorso 3 marzo dieci campanari della Scuola campanaria di Verona, la principale associazione in quest’ambito, si sono incontrati nel campanile della chiesa di Sant’Antonio Abate, nel quartiere di Chievo. Hanno suonato una melodia composta da Cristian Piccone, 19 anni, che ha quindi diretto il gruppo, “chiamando” le campane, dando cioè indicazioni su quando ciascuno dei campanari doveva tirare la corda per far suonare la sua campana, che corrisponde a una nota.
Piccone suona da quando era bambino e col tempo ha convinto anche suo padre a iniziare: anche lui era a Chievo per suonare la melodia composta dal figlio. Con gli altri della Scuola si trovano quasi ogni weekend in un diverso campanile veronese per questi concerti con le campane, come una sorta di banda itinerante.

Cristian Piccone (in centro) mentre dirige la suonata da lui composta nel campanile di Sant’Antonio (Gianluca Cedolin/Il Post)
Oggi i campanari sono figure un po’ anacronistiche, perché quasi ovunque da tempo le campane suonano grazie a sistemi automatici: non ci sono cioè persone che tirano le corde per farle suonare. Anche a Verona funziona così per i rintocchi “di servizio”, cioè quelli che scandiscono abitualmente l’orario. In alcune occasioni particolari però vengono impiegati i campanari e le campanare che utilizzano il metodo alla veronese, che fu codificato nel 1776 sulla torre campanaria di San Giorgio in Braida, nel centro di Verona, sull’argine dell’Adige.
Semplificando un po’, in questo metodo le campane vengono messe in equilibrio con la bocca rivolta verso l’alto, grazie a una ruota collegata a ciascuna; una volta raggiunta questa posizione, manovrando la corda il campanaro fa ruotare di 360° la campana, emettendo un solo rintocco. Poi la riporta alla posizione di partenza, con la bocca all’insù.
Col metodo alla veronese i campanari possono scegliere con relativa precisione il momento in cui far emettere un suono alla campana, e questo consentono di avere una certa varietà nella composizione delle melodie. È differente degli altri sistemi più diffusi, per esempio quello ambrosiano, che emette per forza due rintocchi per volta, o quello a slancio dove non si può manovrare la campana a proprio piacimento. Diverso ancora è il caso dei carillon, sistemi di campane utilizzati soprattutto nel Nord Europa, che sono però attivati dal suono di una tastiera (una specie di organo). «Col sistema alla veronese noi controlliamo le campane al cento per cento», spiega Mattia Cordioli, architetto, maestro campanaro e tra i responsabili della Scuola campanaria di Verona (qui il metodo viene spiegato più nel dettaglio).
In genere le campane sono accordate sulla scala diatonica maggiore, cioè una scala composta da sette suoni all’interno della quale ogni campana corrisponde a una nota. Per semplicità le campane si possono immaginare come i tasti bianchi di un pianoforte (perché gli intervalli tra le note sono gli stessi). La campana più grossa fa il suono più grave, quella più piccola fa il suono più acuto. Di solito ciascun campanaro manovra una campana, ma nel caso di campane particolarmente grosse, come quella della cattedrale di Santa Maria Assunta (il duomo di Verona), servono cinque-sei persone per metterla in posizione verticale e poi tre persone per suonarla.

Le campane della chiesa di Chievo, ciascuna con la ruota che consente la rotazione a 360 gradi (Gianluca Cedolin/Il Post)
Ogni concerto ha un campanaro che lo dirige, che cioè dice agli altri quando devono fare il rintocco. Per farlo, “chiama” le campane, a ciascuna delle quali è assegnato un numero (da 1 in su): la chiamata avviene in anticipo di tre battute, cioè se viene chiamata la campana 5, il campanaro che la sta manovrando aspetta due rintocchi e al terzo la suona. «Prima di iniziare la melodia facciamo delle scale per prendere il ritmo tutti assieme: quando l’abbiamo trovato, si comincia la suonata», dice Cordioli, secondo cui quindi la cosa più complicata è sincronizzarsi con gli altri per andare a tempo, tenendo conto anche del tipo di campana che si sta suonando (quelle più pesanti ci mettono di più a ruotare).
Quando si suona peraltro non si vedono le campane, perché sono in cima al campanile, mentre le corde di solito vengono maneggiate molto più in basso; anche per questo è importante trovare la sincronia con gli altri. Un elemento di difficoltà è dato dal fatto che i campanari hanno poche occasioni di fare davvero pratica, perché solitamente quando si esercitano a manovrare la corda viene tolto il batacchio dalla campana, che altrimenti suonerebbe e potrebbe disturbare chi abita vicino ai campanili. Ciò che viene provato quindi viene verificato direttamente il giorno del concerto, solitamente il weekend, in occasione di feste religiose o altri eventi.
A gennaio i campanari della Scuola partecipano abitualmente al festival Mozart a Verona e suonano musiche di Mozart adattate per le campane. Non bisogna immaginarsi melodie particolarmente elaborate, perché le campane non consentono grandi virtuosismi. Quando vengono suonate con il metodo alla veronese, però, i motivi famosi diventano facilmente riconoscibili.
Astro del Ciel eseguita dalle campane di Pescantina, un comune vicino a Verona
Tra chi comincia a suonare le campane, dice ancora Cordioli, alcuni si appassionano anche all’aspetto produttivo delle campane, dietro al quale c’è tutto un mondo. La cosa che comunque gli piace di più di questo hobby è la dimensione di gruppo, le amicizie che si creano: non è una cosa legata per forza alla fede o alla religione, nel senso che ci sono anche campanare e campanari che non sono praticanti, spiega. Per cercare di coinvolgere le nuove generazioni, intanto, la Scuola campanaria di Verona organizza periodicamente visite ai campanili e lezioni con alcune scuole.



