Giancarlo Galan dice di essersi inventato un po’ di cose, sul “caso Ruby”
L'ex presidente del Veneto ha ammesso di aver «fatto falsa testimonianza» durante gli interrogatori in tribunale, per proteggere Silvio Berlusconi
Nel corso di un’intervista data al giornalista Luca Bertazzoni di Report l’ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan, ha ammesso che ai tempi dell’inchiesta su Silvio Berlusconi per il cosiddetto “caso Ruby”, cioè tra il 2010 e il 2013, mentì alla pm Ilda Boccassini per proteggere lo stesso Silvio Berlusconi. L’intervista a Galan è andata in onda domenica e in realtà il tema principale del servizio a lui dedicato era un altro: si parlava di un’inchiesta sul Mose in cui Galan era accusato di aver ricevuto tangenti e per cui ha patteggiato una pena di 2 anni e 10 mesi.
Parlando di altre cose, a un certo punto Galan devia e fa riferimento al caso Ruby, senza una domanda diretta da parte del giornalista. «Era anche il periodo in cui Berlusconi aveva il problema di Ruby…», dice. «E lei lo aiutò, Berlusconi?» chiede il giornalista. «Certo, ho fatto falsa testimonianza» dice Galan, che in quegli anni era stato più volte ministro nei governi di Berlusconi. Galan prosegue dicendo di aver mentito direttamente a Boccassini che lo interrogava sul caso e che «non era vero niente». Sul motivo per cui mentì, ha aggiunto: «Perché era Berlusconi, perché era l’uomo a cui io dovevo tutto nella vita».
Non è la prima volta che Galan, che ora si è ritirato dalla vita pubblica e vive sui colli Berici, nel vicentino, ammette di aver mentito negli interrogatori su questo caso. Ad aprile, in un’intervista data al Corriere della Sera, disse: «Ero andato a testimoniare in Tribunale a Milano per lui sulla vicenda Ruby [ottobre 2012, ndr]. Era successo che nel 2010, da ministro delle Politiche agricole, fossi presente a un incontro fra Berlusconi e il presidente egiziano Hosni Mubarak. Ero al loro tavolo. In sostanza ho dichiarato di aver sentito che parlavano di una certa Ruby, una cantante egiziana. Non era vero, non avevo sentito nulla».
All’epoca Galan non fu l’unico a sostenere questa tesi: diversi parlamentari e membri del governo dissero di essere convinti che Karima El Mahroug, nota anche come “Ruby Rubacuori”, fosse effettivamente la nipote dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak. In breve, i fatti in questione si svolsero così: la notte tra il 27 e il 28 maggio 2010 El Mahroug, una ragazza di origini marocchine, venne fermata con l’accusa di furto e portata in questura a Milano, anche perché era priva di documenti di riconoscimento.
Berlusconi, che all’epoca era presidente del Consiglio, venne informato dei fatti e telefonò alla questura per fare pressioni affinché la ragazza, all’epoca diciassettenne, venisse affidata a una persona di sua fiducia (l’allora consigliera regionale Nicole Minetti), invece che a un centro per minori come avrebbe voluto la procedura. Per giustificare la richiesta, disse appunto che El Mahroug era imparentata con Hosni Mubarak, e che il suo intervento era necessario per evitare un grave incidente diplomatico.
A dicembre di quell’anno, però, la procura indagò Berlusconi per concussione, ovvero con l’accusa di aver abusato della sua posizione di presidente del Consiglio per far affidare la ragazza a Minetti. Dalle indagini emerse che El Mahroug aveva partecipato a una serie di feste nella residenza di Arcore di Berlusconi. Alle stesse feste partecipavano anche molte altre ragazze che l’accusa sosteneva facessero sesso, in cambio di soldi e favori, con l’allora capo del governo. Il 15 febbraio 2011 Berlusconi venne rinviato a giudizio con rito immediato per concussione e prostituzione minorile.
Dopo una lunga disputa legale il 24 giugno 2013 Berlusconi venne condannato in primo grado a sette anni di reclusione per prostituzione minorile e concussione. Un anno più tardi, nel processo d’appello, venne assolto perché il reato di concussione non sussisteva e quello di prostituzione minorile non costituiva reato. Il 10 marzo 2015 la Corte di cassazione confermò l’assoluzione.