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  • Domenica 5 maggio 2024

La retorica sempre più aggressiva di Narendra Modi contro i musulmani indiani

Il primo ministro indiano si rifà a teorie del complotto e a notizie false per mobilitare il suo elettorato induista più radicale, continuando però a mostrarsi affidabile ai suoi partner internazionali

Narendra Modi durante un comizio a marzo
Narendra Modi durante un comizio a marzo (AP Photo/Altaf Qadri)
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Da tempo il primo ministro indiano Narendra Modi usa toni molto diversi quando si rivolge ai suoi potenziali elettori in India, e in particolare alla maggioranza induista a cui lui appartiene, e quando invece parla ad un pubblico internazionale, principalmente ai leader di altri paesi di fronte ai quali non vuole sembrare troppo radicale. Questa differenza di retorica, che è una parte importante del modo di governare di Modi, è diventata ancora più evidente durante le elezioni attualmente in corso nel paese, accompagnate di fatto da una continua campagna elettorale: il voto è infatti iniziato il 19 aprile e finirà il 1° giugno.

Internamente Modi non ha mai fatto mistero della sua intenzione di trasformare l’India in un paese induista, dove in particolare la minoranza musulmana, che costituisce il 14 per cento della popolazione dell’India e conta circa 200 milioni di persone, ha pochi diritti ed è discriminata. Solo pochi giorni fa, durante un comizio nello stato occidentale del Rajasthan, Modi ha attaccato il principale partito d’opposizione, il Partito del Congresso (centrosinistra), facendo affermazioni false riguardanti proprio i rapporti tra induisti e musulmani: ha sostenuto che se il Partito del Congresso dovesse vincere le elezioni requisirebbe i beni degli indù per darli ai musulmani.

Da tempo, inoltre, Modi si rifà anche ad alcune teorie del complotto diffuse in India, come quella della “sostituzione etnica” (i musulmani farebbero più figli perché vogliono sostituire gli indù) e quella dei traditori interni (i musulmani indiani sarebbero «infiltrati» che non appartengono alla nazione). In un’altra circostanza Modi è tornato su questo tema, rivolgendosi alle donne indù, «madri e sorelle», e avvertendole che il Partito del Congresso avrebbe requisito i loro gioielli per darli ai musulmani.

Narendra Modi

Il primo ministro indiano Narendra Modi (AP Photo)

I politici del Congresso, oltre a negare le accuse di Modi, hanno detto che il primo ministro ha tenuto dei «discorsi d’odio» volti a radicalizzare il suo elettorato indù. Effettivamente il Bharatiya Janata Party (BJP, il partito di Modi) sta facendo una campagna elettorale molto intensa e aggressiva, in cui cerca di proporsi come il partito unico della maggioranza indù, che costituisce circa l’80 per cento della popolazione.

Alle elezioni attualmente in corso Modi è in vantaggio, e a meno di enormi sorprese ha la vittoria praticamente assicurata. Ma come ha detto lui stesso a febbraio, il suo principale obiettivo elettorale è di espandere l’attuale maggioranza in parlamento: dagli attuali 303 seggi (su 543 totali, quindi già maggioranza assoluta) a 370, numero considerato simbolico perché è l’articolo della Costituzione che Modi ha fatto abrogare per togliere l’autonomia alla regione a maggioranza musulmana del Kashmir nel 2019.

Trecentosettanta darebbero a Modi la possibilità di modificare la Costituzione indiana senza bisogno di chiedere l’aiuto di altri partiti; inoltre avere una maggioranza ancora più schiacciante di quella attuale contribuirebbe al suo prestigio personale e consoliderebbe il dominio del BJP sul paese: anche per questo, la retorica del primo ministro si è fatta più aggressiva.

– Leggi anche: Perché le elezioni in India durano 44 giorni

Come detto, al tempo stesso i discorsi di Modi cambiano a seconda del pubblico a cui si rivolge, diventando più o meno aggressivi o rassicuranti. Questa commistione retorica è stata notata per esempio dall’Economist, che negli scorsi giorni ha analizzato tutte le puntate di “Mann Ki Baat”, una trasmissione radiofonica che Modi conduce di persona una volta al mese dal 2014, l’anno in cui è diventato primo ministro.

“Mann Ki Baat” significa più o meno “pensieri dal cuore”, ed è una trasmissione in cui Modi vuole dare un’immagine rassicurante e paterna, con racconti popolari, aneddoti edificanti e una narrativa unitaria. In alcune puntate, Modi celebra la diversità religiosa dell’India: nel 2018 per esempio disse che bisogna «ricordare gli insegnamenti del profeta Maometto e il suo messaggio. È nostra responsabilità seguire il cammino dell’uguaglianza e della fratellanza che lui ci ha insegnato con la sua vita».

Questa ambiguità ha spesso consentito a Modi di presentarsi come un alleato affidabile in molti contesti internazionali in cui l’India, uno dei paesi più grandi e importanti del mondo, viene costantemente corteggiata dai governi occidentali. Di recente, per esempio, il primo ministro britannico Rishi Sunak ha difeso Modi dalle accuse di discriminazione che gli erano state rivolte durante una seduta del parlamento. Anche il presidente americano Joe Biden, l’anno scorso, ha accolto Modi con tutti gli onori, ignorando le accuse di violazioni dei diritti umani.