A Bagnoli devono fare la bonifica più grande d’Europa

Ma decidere come farla non è semplice: molti chiedono che la grande piastra di cemento piena di scarti industriali dell’ex ILVA venga rimossa, mentre il comune di Napoli vorrebbe lasciarla lì

Una parte dell'ex area industriale di Bagnoli, a Napoli
Una parte dell'ex area industriale di Bagnoli, a Napoli (ANSA/CESARE ABBATE)
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Martedì nel cosiddetto decreto “Coesione” approvato dal Consiglio dei ministri sono stati stanziati 1,2 miliardi di euro per accelerare la riqualificazione dell’ex area industriale di Bagnoli, a Napoli, che per buona parte del Novecento ha ospitato grandi stabilimenti per la produzione di acciaio e ghisa. Come si può intuire dall’ingente somma data dal governo, il progetto di recupero è molto complesso: va bonificata l’area dove fino ai primi anni Novanta c’erano gli stabilimenti e soprattutto la costa e il mare della baia di Pozzuoli. La bonifica della costa – la più grande in corso in Europa, come ha detto il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi – è al centro di una discussione che dura da mesi sull’opportunità di rimuovere del tutto la piastra di cemento piena di scarti industriali, chiamata “colmata”, oppure lasciarla dov’è semplicemente sigillandola.

Della bonifica di Bagnoli si parla da almeno trent’anni. Nel 1994, un anno dopo la chiusura dello stabilimento dell’ILVA, furono stanziati i primi 400 miliardi di lire, circa 390 milioni di euro di oggi. I lavori iniziarono, ma il cantiere si interruppe dopo pochi mesi a causa di problemi legati alla stabilità del suolo. La demolizione dei vecchi edifici andò avanti per una decina d’anni e di fatto non è ancora conclusa.

Il problema principale è la bonifica della cosiddetta “colmata a mare”, una vasta superficie di 195mila metri quadrati riempita di cemento e scarti dell’altoforno, realizzata alla metà degli anni Sessanta per far fronte alla necessità di ampliare lo stabilimento siderurgico. La colmata venne realizzata riempiendo il tratto di mare compreso tra i due pontili a servizio dello stabilimento, tombando la costa. Al di là di qualche ricognizione commissionata per capire quanto sia inquinato quel tratto di mare, nessuno è mai intervenuto sulla colmata, nonostante sia stata rilevata la presenza di amianto, arsenico e mercurio.

Una parte della colmata dell'ex area industriale di Bagnoli

Una parte della colmata a mare dell’ex area industriale di Bagnoli (ANSA/CESARE ABBATE)

Nel 2002 il comune di Napoli aprì una società – Bagnoli Futura – con lo scopo specifico di riqualificare l’ex area industriale. Il progetto prevedeva tra le altre cose la realizzazione di un parco, di una spiaggia, di un “parco dello sport”, di infrastrutture per la ricerca e di strutture adatte alla ricezione dei turisti. Già dalle prime fasi del progetto si accumularono ritardi. Nel 2011 ci fu un primo sequestro di terreni legato alle mancate bonifiche e nel 2013 la procura di Napoli indagò 21 persone tra dirigenti di enti locali e di Bagnoli Futura con l’accusa di disastro ambientale.

Nel 2019 Invitalia, società partecipata dallo Stato a cui fu affidata la gestione del recupero, organizzò un concorso internazionale di progettazione poi vinto dalla proposta chiamata “Balneolis”, presentata da dodici società tra studi di progettazione architettonica, urbana e paesaggistica. È prevista la realizzazione di un parco naturale, con la rimozione della colmata a mare per unire la costa alla collina; una zona chiamata “bosco produttivo” con il recupero delle coltivazioni arboree e delle specie autoctone; e un parco urbano vicino al quartiere residenziale e alle nuove costruzioni.

Negli ultimi anni i costi erano aumentati e i rincari avevano costretto Invitalia a fare delle scelte. Per esempio, era stato suggerito al comune di pensare prima alle bonifiche rispetto a tutto il resto, perché senza la rimozione delle sostanze inquinanti non è possibile iniziare a costruire le altre opere. Anche per questo motivo all’inizio dell’anno il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che è commissario della riqualificazione, aveva proposto una soluzione meno costosa e più veloce: non rimuovere la colmata a mare, ma sigillarla per evitare che la piastra di cemento rilasci inquinanti nel mare.

Secondo le stime fatte negli ultimi anni, la rimozione completa della colmata costerebbe 650 milioni di euro. La sigillatura, invece, consentirebbe di risparmiare circa 280 milioni di euro e sarebbe più veloce. Manfredi ha detto che non è soltanto una questione economica: «C’è anche il tema dell’impatto ambientale, della movimentazione di oltre un milione di metri cubi di materiale che va smaltito e il cui trasferimento è previsto via terra su camion che necessariamente attraversano la città».

I tecnici di Invitalia, incaricati dal sindaco di fare uno studio preliminare sulla possibilità di mantenere la colmata, hanno detto che la sigillatura è tecnicamente fattibile. Il piano è stato sostenuto anche dal ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto. L’unica condizione richiesta per cambiare il progetto originale è che venga mantenuta la balneabilità dei tre chilometri di costa.

L'ex area industriale di Bagnoli

L’ex area industriale di Bagnoli (ANSA / CIRO FUSCO)

La proposta, tuttavia, è stata contestata da un gruppo di studiosi, professori universitari e ricercatori, che si sono appellati alla legge del 1996 approvata per il ripristino dell’area di Bagnoli: la legge, ancora valida, dispone il ripristino della costa con la rimozione della colmata per tutelare il paesaggio della baia di Pozzuoli. «La rimozione della colmata è indispensabile per il ripristino della morfologia naturale della costa e per la ricostituzione della spiaggia, l’unica della città, sottratta ai cittadini per ampliare la fabbrica», si legge in una lettera inviata dagli studiosi a Repubblica Napoli.

Più in generale c’è il timore che la sigillatura della colmata incentivi operazioni speculative già tentate negli anni Novanta, quando si era ipotizzato di costruire alberghi, casinò e un porto turistico, mentre nel progetto è previsto il ripristino della spiaggia pubblica. «I napoletani hanno detto in tutte le lingue possibili che la costa tra Nisida e Pozzuoli deve essere a disposizione di tutti per fare il bagno e non per andare al ristorante, al casinò, o per parcheggiare la barca», ha scritto il giornalista Riccardo Rosa sul sito di informazione Napoli Monitor. «È questa la vittoria principale di decenni di lotte territoriali e non può essere vanificata con un colpo di coda».

Nei prossimi mesi il progetto della sigillatura dovrebbe essere definito nei dettagli perché per ora è stata data un’approvazione solo di massima e non è certo che sia fattibile. Il sindaco Manfredi ha detto che l’obiettivo è concludere le bonifiche entro il 2030.

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