Gianfranco Fini è stato condannato a due anni e otto mesi di carcere per il “caso Tulliani”

Il processo ha riguardato l'annosa questione della casa di Montecarlo venduta da Alleanza Nazionale alla famiglia della compagna di Fini, secondo i giudici colpevole di riciclaggio

Foto di Gianfranco Fini ai banchi del tribunale di Roma
Gianfranco Fini al tribunale di Roma durante un'udienza del processo, il 18 Aprile 2024 (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Caricamento player

L’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, 72 anni, è stato condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi di carcere nel processo su un’ampia vicenda giudiziaria conosciuta come “caso Tulliani”. I giudici hanno condannato anche la compagna di Fini, Elisabetta Tulliani, a 5 anni di carcere, il cognato Giancarlo Tulliani a 6 anni e il suocero Sergio Tulliani a 5 anni. Nell’udienza dello scorso 18 marzo il pubblico ministero aveva chiesto pene più pesanti: 8 anni per l’ex presidente della Camera, 9 anni per la compagna, 10 anni per Giancarlo Tulliani e 5 anni per Sergio Tulliani, tutti accusati di riciclaggio.

Al centro del processo c’era una casa che si trova a Montecarlo, nel principato di Monaco, lasciata in eredità da Anna Maria Colleoni – discendente di una famiglia nobiliare – ad Alleanza Nazionale, il partito di cui Fini fu presidente dalla sua fondazione nel 1995 fino al 2008.

Le lunghe indagini hanno consentito di ricostruire i passaggi di proprietà della casa acquistata nel 2008 dal fratello della compagna di Fini, Giancarlo Tulliani, attraverso società offshore riconducibili all’imprenditore Francesco Corallo che negli anni precedenti si era molto arricchito grazie a una concessione statale ottenuta nel 2004 per installare in Italia decine di migliaia di slot machine. Nel 2019 Corallo fu rinviato a giudizio dalla procura di Roma con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, al peculato e all’evasione fiscale.

L’accusa della procura di Roma riguardava in particolare il prezzo di vendita della casa, molto più basso rispetto al valore immobiliare, e la provenienza dei soldi, secondo i magistrati messi da Corallo per essere riciclati in quanto frutto di affari illeciti. La casa fu infatti acquistata per poco più di 300mila euro attraverso una società offshore intestata a Giancarlo Tulliani in realtà di proprietà di Corallo, che prima diede la casa in affitto a Tulliani e poi la rivendette a 1,36 milioni di euro a una società con sede in Svizzera di proprietà dello stesso Tulliani, il quale avrebbe a sua volta ricevuto i soldi per la transazione da un collaboratore di Corallo, Rudolf Baetsen.

In una prima indagine avviata nell’agosto del 2010 la procura di Roma ipotizzò il reato di appropriazione indebita e truffa aggravata, accuse poi archiviate perché fu stabilita la regolarità della vendita da parte di Alleanza Nazionale. Durante le indagini Fini sostenne che solo dopo la compravendita, nel 2010, aveva scoperto che il proprietario di casa era il cognato.

La successiva inchiesta è stata aperta per riciclaggio. I magistrati accusarono Fini di essere a conoscenza dell’origine illecita del denaro e di avere deciso di vendere consapevolmente la casa di Montecarlo alla società offshore di Tulliani. Durante le udienze del processo Fini ha sempre sostenuto di essere stato ingannato dal cognato e dalla compagna. «Solo anni dopo ho saputo che il proprietario della casa era Tulliani e ho interrotto i rapporti con lui», ha detto.

A proposito della compagna Elisabetta, Fini disse di essere stato «ferito» dal suo comportamento: «Dagli atti del processo è emerso che lei era comproprietaria della casa e poi appresi anche che il fratello le bonificò una parte di quanto ricavato dalla vendita. Tutti fatti che prima non conoscevo».

All’uscita dal tribunale Fini ha detto di non essere deluso perché l’unica accusa per cui i giudici l’hanno ritenuto colpevole è l’autorizzazione alla vendita dell’appartamento. «Me ne vado più sereno di quello che si può pensare dopo 7 anni di processi», ha detto Fini. «Ricordo a me stesso che, per analoga vicenda, una denuncia a mio carico fu archiviata dalla procura di Roma. Dopo tanto parlare, dopo tante polemiche, tante accuse, tanta denigrazione da un punto di vista politico. Responsabile di cosa? Di aver autorizzato la vendita. Non mi è ben chiaro in cosa consista il reato».

– Leggi anche: Perché si riparla del “caso Tulliani”