C’è stata un’altra grossa protesta in Georgia contro la legge sugli “agenti stranieri”

Le proteste contro la legge sugli "agenti stranieri" di metà aprile, a Tbilisi
Le proteste contro la legge sugli "agenti stranieri" di metà aprile, a Tbilisi (AP Photo/Shakh Aivazov)

Domenica decine di migliaia di persone hanno manifestato nel centro di Tbilisi, la capitale della Georgia, per protestare contro la proposta di legge sui cosiddetti “agenti stranieri”. La manifestazione è stata organizzata dai partiti di opposizione e da associazioni che si occupano di tutela dei diritti umani. Secondo l’agenzia di stampa AFP avrebbero partecipato circa 20mila persone, che hanno sfilato lungo la strada principale di Tbilisi in direzione del parlamento.

Circa due settimane fa c’erano state proteste simili, sempre a Tbilisi, durante le quali erano state arrestate 14 persone.

La proposta di legge, presentata dal governo, prevede che i media e le ong che ricevono almeno il 20 per cento dei propri fondi dall’estero debbano registrarsi come entità che «perseguono gli interessi di un potere straniero»: secondo l’opposizione e i manifestanti la proposta di legge ricalca quella che dal 2012 viene usata in Russia per reprimere il dissenso, ostacolare il lavoro dei media indipendenti e in alcuni casi provocarne la chiusura. L’approvazione della legge potrebbe inoltre compromettere il processo di adesione all’Unione Europea della Georgia, che ha ottenuto lo status di paese candidato lo scorso dicembre.

Domani è in programma la seconda lettura della proposta di legge. In Georgia, per poter essere approvata, una legge deve passare attraverso tre “letture” nel parlamento unicamerale del paese: semplificando, con la prima lettura la proposta di legge viene introdotta e presentata ai deputati e alle deputate; la seconda lettura, quella in programma per martedì, è un passaggio perlopiù cerimoniale che avviene quando la proposta di legge sta ancora venendo esaminata dalla commissione competente; con la terza lettura la proposta di legge viene dibattuta in parlamento e poi votata.

Già nel 2023 il governo aveva proposto una legge molto simile, ma l’aveva poi abbandonata a seguito di intense proteste.

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