Il murale di Banksy a Venezia ora è sotto sorveglianza

Lo ha deciso la banca che ne finanzierà il discusso restauro: ha assunto delle guardie a monitorarlo 24 ore su 24, per timore che venga imbrattato

(ANSA/ANDREA MEROLA)
(ANSA/ANDREA MEROLA)
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Davanti al murale del naufrago bambino di Banksy, il più famoso street artist al mondo di cui non si conosce l’identità, a Venezia, ora c’è un servizio di sorveglianza 24 ore su 24. L’agenzia di sicurezza che se ne sta occupando è stata assunta da Banca Ifis, l’istituto che ha deciso di finanziare il discusso restauro dell’opera. A sorvegliare l’opera c’è sempre almeno una persona e i turni dovrebbero durare alcuni giorni, almeno fino all’incontro tra la banca e la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Venezia, l’ente che ha il compito di tutelare e valorizzare il patrimonio culturale della città, in cui saranno decise le modalità del restauro.

L’opera è uno dei tre murales realizzati da Banksy in Italia (gli altri due sono stati fatti a Napoli) e raffigura un bambino migrante nell’atto di attirare l’attenzione dei soccorsi con un razzo di segnalazione che emette fumo fucsia per essere salvato dall’acqua che sale. Si trova sul muro di una casa nel sestiere (uno dei sei quartieri in cui è diviso il centro di Venezia) di Dorsoduro, a pelo dell’acqua su un canale. La banca ha assunto il servizio di vigilanza perché teme che il murale possa essere imbrattato: la decisione di restaurare l’opera infatti era stata annunciata alcuni mesi fa ed era stata molto sostenuta dall’allora sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, ma era stata piuttosto criticata, soprattutto negli ambienti della street art.

Nella street art è normale che le opere vengano coperte da quelle di altri artisti, oppure scompaiano per effetto delle intemperie. Il murale di Venezia, realizzato nella notte fra l’8 e il 9 maggio 2019, ha subìto un degrado particolarmente rapido a causa dell’umidità e delle onde del canale, il trafficato Rio Novo. In Italia così come in altri paesi il dibattito su come e se debbano essere protette o restaurate queste opere torna ciclicamente. È già successo che un’opera di Banksy, quella di Napoli che rappresenta santa Teresa con in grembo della Coca-Cola e delle patatine, fosse coperta da altri graffiti. La Madonna con la pistola, anch’essa a Napoli, è stata invece protetta con una teca in plexiglas.

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Vari architetti veneziani ed esperti d’arte avevano criticato l’iniziativa, un po’ perché sembra andare contro le intenzioni artistiche dello stesso Banksy, che con ogni probabilità ha scelto coscientemente un luogo così precario per il suo murale, un po’ perché ritengono che segnali una scala di priorità della politica che non condividono, e che trascura i più grandi problemi di Venezia, legati al cambiamento climatico, allo spopolamento e al turismo eccessivo.

Il murale semisommerso dall’acqua, in un post dello stesso Banksy su Instagram (banksy/Instagram)

Già pochi giorni dopo l’apparizione del graffito, nel 2019, la proprietà dell’edificio aveva provato a chiedere che fosse messo in atto un intervento di difesa dell’opera dal deterioramento. Questo nonostante il graffito, come quasi tutte le opere di street art, fosse stato dipinto senza il consenso dei proprietari dell’immobile. La grande fama di Banksy ha infatti aumentato molto il valore del palazzo, vuoto da anni.

La Soprintendenza aveva detto di non avere la competenza di occuparsene perché l’autore dell’opera è ancora in vita e l’opera è contemporanea, e non rispetta quindi il termine dei settant’anni dopo i quali l’ente può agire per la sua tutela, conservazione e messa in sicurezza. Il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi si era a quel punto mobilitato, e aveva accettato la disponibilità di Banca Ifis a pagarne il restauro.

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