Sergio Mattarella ha voluto ricordare un principio basilare del suo ruolo

Cioè che «il presidente della Repubblica non è un sovrano» e che il suo compito è «promulgare» le leggi anche se non ne condivide il contenuto

(ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI)
(ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI)

Martedì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto al Quirinale (la sede della presidenza della Repubblica) alcuni dirigenti di Casagit, la cassa di assistenza sanitaria integrativa dei giornalisti. Durante l’incontro ha tenuto un breve discorso e ha colto l’occasione per ribadire un principio basilare del suo ruolo istituzionale: «Il presidente della Repubblica non è un sovrano, fortunatamente», ha detto.

Mattarella ha parlato con toni che Marzio Breda, l’autorevole giornalista che si occupa del Quirinale per il Corriere della Sera, ha definito «educatamente scocciati»: ha ricordato ai presenti che il presidente «non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è cosa ben diversa». Il riferimento è alle varie occasioni in cui politici o attivisti si rivolgono al presidente della Repubblica per chiedergli di non firmare una legge già approvata dal parlamento, ed evitare quindi che entri in vigore. Al termine del normale procedimento legislativo le leggi devono infatti essere “promulgate” dal presidente della Repubblica: la promulgazione è l’atto formale con cui il capo dello Stato rende pienamente esecutivo un provvedimento approvato dal parlamento.

È un passaggio in molti casi formale, ma non sempre. Se crede che una legge abbia evidenti problemi che potrebbero renderla incostituzionale, il presidente può decidere di non firmarla e “rinviarla alle camere”, ossia al parlamento, perché venga ridiscussa. Se il parlamento approva nuovamente la legge nella stessa forma, il presidente è però tenuto a promulgarla.

Le leggi vengono rimandate al parlamento solo per vizi di forma, o se sono in contrasto con altre norme, o se sono ritenute evidentemente incostituzionali. La decisione quindi non dipende da un giudizio personale del presidente della Repubblica riguardo al contenuto dello specifico testo: sarebbe anzi un comportamento che va «al di là di qualunque limite posto dalla Costituzione», ha detto Mattarella. Insomma, nel promulgare la legge o nel rinviarla alle camere il presidente non esprime un giudizio di merito.

In alcune occasioni il presidente può decidere di promulgare una legge, che quindi entra in vigore, ma inviare poi una lettera al parlamento o al governo per esprimere alcune “riserve”, ossia osservazioni specifiche sul suo contenuto. È successo per esempio a inizio gennaio, quando Mattarella ha promulgato la legge annuale sulla concorrenza del 2022 ma ha segnalato alcune obiezioni di merito sul contenuto del provvedimento, che regola vari settori del mercato nazionale (in particolare si è detto contrario alla proroga delle concessioni dei commercianti ambulanti per altri 12 anni, decisa dal governo). A febbraio del 2023 Mattarella aveva fatto la stessa cosa con il decreto “Milleproroghe”, il provvedimento con cui ogni anno i governi prorogano varie misure in scadenza, di diversa natura. In quel caso aveva criticato la proroga delle concessioni pubbliche agli stabilimenti balneari, un tema di cui si discute da anni.

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