Il centro antiviolenza “Lucha y Siesta” di Roma è stato assolto dall’accusa di occupazione di immobile

Uno striscione con su scritto "Lucha y Siesta, la nostra casa è questa", esposto durante una protesta a sostegno della Casa delle Donne nel febbraio del 2020
Proteste a sostegno della Casa delle donne Lucha y Siesta, nel febbraio del 2020 (Patrizia Cortellessa/Pacific Press via ZUMA Wire)

Lunedì la Casa delle donne “Lucha y Siesta”, un centro antiviolenza e polo culturale attivo da 15 anni nel quartiere Tuscolano di Roma, è stata assolta dall’accusa di aver occupato illecitamente l’edificio in cui ha sede. La causa era stata intentata l’anno scorso contro la presidente dell’associazione.

Nel 2008 un gruppo di donne in difficoltà si stabilì in un immobile di proprietà dell’ATAC, l’azienda dei trasporti pubblici di Roma: qualche anno dopo nacque ufficialmente “Lucha y Siesta” (il cui nome deriva in parte dall’indirizzo dell’immobile, in via Lucio Sestio 10), e presto divenne un punto di riferimento tra le associazioni impegnate nel contrasto alla violenza di genere a Roma. Inizialmente l’ATAC si era costituita come parte civile nel processo sull’occupazione, chiedendo un risarcimento da 1,3 milioni di euro, ma si era poi ritirata lo scorso 24 novembre.

Va avanti invece lo scontro tra l’associazione e la Regione Lazio, che lo scorso ottobre aveva annunciato l’intenzione di revocare la convenzione con cui nel 2021 fu assegnata a Lucha y Siesta la gestione degli spazi in via Lucio Sestio 10, per ristrutturare l’immobile e poi indire un bando per assegnarne la gestione. Le attiviste si oppongono allo sgombero dell’immobile, e non hanno ancora lasciato gli spazi.

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