Perché parliamo di “seahorse dad”

Ossia gli uomini trans che portano avanti una gravidanza: all'estero succede già, in Italia se ne discute per la storia di un uomo rimasto incinto per sbaglio

Un cartello con la scritta "i diritti delle persone trans sono diritti umani"
(AP Photo/Armando Franca, File)
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Negli ultimi giorni in Italia si sta discutendo del caso di Marco (nome di fantasia), un uomo trans che secondo quanto riportato da Repubblica avrebbe recentemente scoperto di essere al quinto mese di gravidanza. Per ora non si sa molto della storia di Marco e non c’è modo di verificarla, ma da come la riporta Repubblica sembra che la sua gravidanza non fosse desiderata. Secondo Repubblica l’uomo, romano, avrebbe iniziato il percorso di transizione tempo fa e negli anni si sarebbe sottoposto a terapie ormonali e a una mastectomia, l’intervento chirurgico per la rimozione del seno. Il suo cambio di genere sarebbe stato riconosciuto anche all’anagrafe, e risulterebbe quindi di genere maschile sui documenti ufficiali. Avrebbe scoperto della gravidanza durante le visite di preparazione all’isterectomia, ossia l’operazione di asportazione dell’utero.

Se la storia di Marco dovesse essere vera, il suo sarebbe un caso piuttosto raro. Non è la prima volta però che un uomo che ha fatto una transizione di genere rimane incinto: all’estero, in paesi in cui leggi e assistenza sanitaria sono più avanzate rispetto alla tutela delle persone trans, esistono diversi casi di uomini trans che hanno partorito, tanto che esiste un modo con cui vengono chiamati: seahorse dad, cioè “papà cavallucci marini”.

Nella maggior parte dei casi di uomini transgender rimasti incinti la gravidanza comincia in modo intenzionale e con specifiche procedure mediche. In molti casi, infatti, per rimanere incinti devono ricorrere alla procreazione assistita e interrompere le terapie ormonali, e non è comunque detto che il loro apparato riproduttore ricominci a funzionare.

Il termine seahorse dad – che si riferisce ai cavallucci marini perché in questo genere di pesci sono gli individui maschi a covare le uova fino al momento della schiusa – si è diffuso in seguito all’uscita, nel 2019, del documentario Seahorse, che segue la storia della gravidanza del giornalista britannico Freddy McConnell, dalla prima visita medica al parto.

McConnell è un uomo trans single che a trent’anni decise di provare a rimanere incinto con la fecondazione eterologa, usando lo sperma di un donatore. Nel documentario racconta tutti gli aspetti pratici della sua esperienza: le visite, la sospensione del testosterone, la frustrazione dopo il primo tentativo fallito. Oltre ai dettagli pratici, il film racconta anche l’esperienza intima di un uomo trans diviso tra il desiderio di paternità e la sofferenza di dover tornare a fare i conti con un corpo dall’aspetto femminile, oltre che con lo sguardo e il giudizio degli altri.

Dopo il parto, una delle battaglie di McConnell fu quella relativa ai documenti anagrafici: sul certificato di nascita britannico infatti la persona che partorisce il bambino viene indicata sempre sotto la dicitura «madre». McConnell intraprese un’azione legale contro l’anagrafe per chiedere di essere indicato come «padre» o «genitore». Nell’aprile del 2020 un giudice diede ragione all’anagrafe: McConnell provò a fare ricorso, ma perse la causa.

In Italia finora non si è mai verificato un caso simile a quello di McConnell, dato che la legge che regola la procreazione medicalmente assistita è tra le più restrittive in Europa ed è impossibile accedervi se si è un uomo trans. Prevede che le uniche coppie a potervi accedere siano quelle allo stesso tempo cisgender (cioè che si riconoscono nel genere assegnato alla nascita), eterosessuali, sposate o conviventi e per qualche motivo impossibilitate a fare figli naturalmente, oppure le coppie composte da una donna cisgender e un uomo trans. Sono invece escluse le coppie omosessuali (indipendentemente dal fatto che i partner siano cisgender o trans), le persone single e anche le coppie eterosessuali composte da un uomo cisgender e da una donna trans, perché al loro interno nessuno potrebbe portare avanti la gravidanza.

In teoria dovrebbero poter accedere alla procreazione assistita anche le coppie eterosessuali composte da un uomo trans e una donna trans, ma in questo caso la gravidanza dovrebbe essere portata avanti dall’uomo, una cosa che in Italia non è ancora mai successa. Marco potrebbe essere il primo uomo trans a rimanere incinto in Italia, o perlomeno il primo a essere stato presentato pubblicamente come tale.

La fertilità è un tema delicato per la comunità trans. Le terapie ormonali a cui molte persone transgender decidono di sottoporsi per modificare il proprio aspetto esteriore e allinearlo alla percezione che hanno di sé possono avere conseguenze sulle possibilità di avere figli. Per questo prima di iniziare le terapie ormonali per la transizione viene spesso proposto alle persone coinvolte di conservare i propri gameti (cioè le cellule sessuali, ovuli e spermatozoi), per averli a disposizione nel caso in cui si decida, in futuro, di diventare genitori con la procreazione assistita.

Il problema però è che, quando in Italia una persona trans porta a termine l’iter burocratico per cambiare il proprio nome e il proprio genere sui documenti, perde anche la proprietà dei gameti che aveva deciso di conservare prima della transizione e il processo per riaverla non è automatico. Per questo le persone trans che vogliono conservare i propri gameti spesso lo fanno all’estero, in paesi dove le norme sono più attente alle necessità delle minoranze.

Inoltre fino al 2015 in Italia per poter cambiare nome e genere sui documenti era obbligatorio sottoporsi a un intervento chirurgico per la riassegnazione del sesso, che tra le altre cose rende sterili: di conseguenza tutti gli uomini trans che hanno fatto la rettifica prima di quell’anno oggi non potrebbero rimanere incinti nemmeno se lo volessero.

La possibilità per un uomo trans di portare a termine una gravidanza «è ancora dibattuta in Italia, e poche persone si espongono per questi temi», dice Antonia Monopoli, attivista e responsabile dello Sportello Trans ALA Milano. «Si tende ancora a perseguire gli stereotipi: “Se sei un ragazzo trans, perché dovresti volere una gravidanza?” si sente dire. Tanti ragazzi o uomini trans non ne parlano nemmeno, per evitare di essere additati».

Oltre a McConnell, all’estero ci sono altri casi noti di uomini transgender che hanno portato a termine una gravidanza. Il primo fu Thomas Beatie, un uomo transgender statunitense. Sua moglie era sterile, e nel 2007 Beatie decise di interrompere l’assunzione di ormoni maschili e di provare a rimanere incinto ricorrendo alla procreazione assistita con lo sperma di un donatore. Dopo la prima gravidanza, da cui nacque una bambina, ebbe altri due figli nello stesso modo.

Esistono anche alcuni casi di coppie con una o due persone trans in cui i due partner hanno sistemi riproduttivi diversi, e quindi possono concepire un figlio semplicemente con un rapporto sessuale: può succedere a persone trans che non hanno mai iniziato la terapia ormonale o che sono tornati fertili dopo averla sospesa. È il caso di Diane Rodriguez, un’attivista trans molto nota nella comunità LGBTQIA+ ecuadoriana, il cui compagno Fernando, a sua volta trans, è rimasto incinto in modo naturale e ha partorito nel 2016.

Un altro esempio è quello di Trystan Reese, un uomo gay transgender, e il compagno Biff Chaplow, cisgender e omosessuale. Vivono a Portland, in Oregon (Stati Uniti) e nel 2017 Reese partorì il primo figlio della coppia. In India poi si è discusso della coppia formata da Ziya Paval, di 21 anni, e il suo compagno Zahad, di 23 anni, rimasto incinto dopo aver interrotto la terapia ormonale. Il loro bambino è nato lo scorso 8 febbraio.

 

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